10. La quiete dopo la tempesta.

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«Tesoro, stai bene?» Isabella diede una pacca sulla testa della Nuova, ma questa aveva ancora gli occhi chiusi e un paio di foglie incastrate tra i capelli viola. Distesa nel viale dei sogni -che si era invece rivelato il viale degli incubi-, Kaycee avrebbe voluto solo tornare a casa e dimenticarsi dell'umiliazione appena subìta. Purtroppo, come ben sapeva, non era possibile. «Tancredi... non risponde...»

«Calmati.» Questa volta era Hajoon a parlare, con le mani incrociate e un'espressione annoiata in volto. Si aggiustò le piccole ciocche che gli ricadevano sulla fronte, poi continuò, con un tono carico di sfida verso la bella addormentata: «Sta solo fingendo di aver perso i sensi per tentare di trattenere quel briciolo di dignità che le è rimasta e non dover far finta di essere gentile con Tancredi. Andiamo, anche un bambino se ne accorgerebbe.»

A quel punto Kaycee non ne poté più: strinse i pugni e ne sbatté per terra uno, gonfiò le guance e si mise a sedere. Adesso l'aveva proprio stufata. Possibile che si divertisse tanto a punzecchiarla in quel modo? Non gli era bastato quello che era successo per colpa sua, tra l'altro?

Hajoon sorrise e si rivolse a Isabella, che intanto si era avvicinata ancora di più alla ragazza e la stava aiutando a trovare una posizione comoda: «Visto? Devi solo provocarla un po'.»

«Smettila o ti distruggo.» Rispose Kaycee, la voce roca e lo sguardo ancora basso.

Credo che l'occhiataccia che gli lanciò Isabella fosse così profonda e brutta che Hajoon se la sarebbe ricordata per tutta la vita... soprattutto dal modo in cui fece due passi indietro e lasciò che la Tùxas avesse tutto lo spazio per poter vedere meglio la ragazza. «Lascialo perdere, Kaye, è solo un idiota che ama infastidire gli altri quando si annoia. Tu, piuttosto, come stai?»

Questa volta gli occhi di Kaycee puntarono i suoi. Vedendo lo sguardo realmente preoccupato, le guance rosse associate all'espressione nervosa -come se la vergogna l'avesse subìta lei-, l'assenza di pietà sostituita dalla sola voglia di volerla aiutare, la fecero capire che Isabella poteva essere davvero una brava Xìtone... ma non doveva abbassare la guardia e illudersi. Mai. Per ora, rispetto agli altri, sembrava la più sincera e quella con cui potesse parlare... anche se aveva paura di fidarsi. Quindi, anziché rimanere imbambolata a studiarla sembrando una Nuova scesa su quel pianeta proprio in quel momento, Kaycee decise di rispondere solo a lei, mantenendo la voce bassa: «Sto bene, però voglio andare via da qui.»

«Oh, certo. Riesci a camminare o vuoi aggrapparti a me?»

«Ce la faccio.» Kaycee però si alzò senza darsi lo slancio con le mani per terra e quasi rischiò di cadere per quanto era stata rapida. Barcollò per qualche secondo, poi Tancredi, che era stato vicino a lei per tutto il tempo e non aveva pronunciato una sillaba, l'aiutò a riprendere l'equilibrio. Kaycee si sentì morire: dopo tutto quello che le era successo, ora il suo mentore era diventato una fonte di imbarazzo e sperò che Isabella non se ne andasse mai, altrimenti per lei sarebbe stato molto difficile gestire la situazione. Ma fu sfortunata anche quella volta: «Isabella, Hajoon.» Li chiamò infatti Tancredi con voce severa. «Grazie per avermi aiutato a ritrovare la Nuova. Adesso tornate a casa, mi occupo io di lei.»

Se ne sarebbe occupato lui? Kaycee iniziò a tremare e a farsi mille paranoie: e se ora che erano soli si fosse vendicato in modi peggiori? Magari l'avrebbe portata dai suoi fratelli oppure l'avrebbe esiliata insieme ad altri Nuovi che come lei gli avevano disobbedito... non poteva scappare più, questa volta, doveva rimanere zitta e subire. Altrimenti sarebbe stato peggio. Ma come poteva fare? Iniziò ad agitarsi e Hajoon, che era di fronte a lei, se ne accorse. Non aveva ancora tolto quel sorrisetto dalle sue labbra. «Tranquilla, mezzosangue, non ti mangerà... perché ti agiti tanto?»

Xìtoni- l'albero della disgraziaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora