Capitolo 12. Lontananza

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Sono sua suocera

Quella frase continuava a ronzarmi in testa impedendomi di pensare razionalmente. Quando il giorno prima avevo sentito quelle parole mi ero limitata a lanciare un'occhiata gelida ad Harry e ad andare via, dopo aver salutato cordialmente la donna. La mattina avevo deciso di non andare a lezione e di prendermi una pausa da tutto, come suo solito Jenna cercava di strapparmi informazioni che non le avevo dato.

Rimasi tutta la giornata nel letto a pensare a quella frase. Harry era sposato, o quanto meno aveva una fidanzata. Ero stata cosi stupida, mi ero fidata di lui ciecamente. Gli avevo raccontato di mia madre perché pensavo di potermi fidare e invece, come sempre, non lo si può fare. Con nessuno. Non era un argomento semplice, quasi nessun mio amico ne era a conoscenza se non quelli da bambina perché le madri erano venute al funerale e quindi, automaticamente, anche loro. Jenna lo aveva saputo per caso: mi aveva beccata al cimitero mentre portava i fiori sulla tomba di sua nonna, mi aveva vista piangere su quella di una donna giovane e, dal cognome, aveva capito che si trattasse di mia madre.

Mi sentivo così stupida ad essermi fidata così velocemente di lui. Io che impiegavo anni per lasciarmi andare con una persona, ero riuscita ad aprirmi con lui come con nessun altro perché i suoi occhi mi davano fiducia ed io ne avevo così bisogno.

Avevo bisogno di credere in qualcosa, di potermi fidare di qualcun altro che non fosse Jenna. Di poter parlare con qualcuno di qualsiasi cosa, senza far pesare tutto su Jenna.

Ero disgustata.

Disgustata di come fosse riuscito a raggirarmi, a farmi avvicinare a lui nonostante fosse sposato e a come si fosse comportato naturalmente nell'ultimo mese senza nemmeno menzionare una volta che avesse una vita parallela.

Sentii dolore anche per lei, presa in giro in procinto di sposarsi o già sposata con una persona deplorevole che aveva tradito sua moglie con me.

Non riuscivo a crederci, Harry aveva una moglie.

***

Jenna's POV

Yiddish era strana. Più del solito.

In genere non mancava mai a lezione se non in casi di alta necessità, ma quella mattina fisicamente stava benissimo. Avevo cercato di estrapolarle informazioni, ma niente, era un baule chiuso a chiave. Quando tornai in camera, alle tre circa, si chiuse in bagno appena entrai. Sentii dei sospiri che furono subito ovattati dal rumore dell'acqua che scorreva, preparai l'occorrente per studiare Metodi Stocastici sulla scrivania, magari le avrei risollevato il morale. Quando uscì dal bagno, un'ora dopo, si stese sul letto con i capelli completamente bagnati.

«Yiddish, prenderai la febbre» le dissi.

«Non m'importa» borbottò e si tirò le coperte fin sopra alla testa.

«Ti va di studiare?»

«No.»

«E cosa vuoi fare?»

«Nulla.»

«Dai, Yish. Fa qualcosa» piagnucolai.

«Non voglio, Jenna» disse risoluta.

«Allora ti racconto alcune cose che sono successe oggi, se ti va» mormorai e non vidi uno sbuffo provenire dalle sue labbra, quindi lo presi come un sì. «Oggi mentre andavo a lezione sono inciampata e sono caduta per terra avanti a tutti» sussurrai in imbarazzo e la vidi sorridere, «volevo sotterrarmi, è stato imbarazzantissimo!» esclamai. «Poi, dopo la prima ora ho chiamato mia madre e mi ha detto che mia cugina Stacy aspetta un bambino» dissi.

«Non ha sedici anni?» chiese.

«Sì, ora è stata allontanata dalla comunità e mi dispiace da morire che ora sia sola, senza il supporto della famiglia in un momento così difficile e delicato, soprattutto alla sua età» sospirai, «dopo la chiamo, vedo come sta e se ha bisogno di qualcosa. Sono pur sempre sua cugina e-» Yiddish mi interruppe.

Persuade | H.S. #Wattys2021Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora