Capitolo 21. Cos'hai, Yiddish?

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Erano passati cinque giorni da quella discussione con Harry e non avevo fatto altro che stare nel letto a guardare il muro e a tracciare con il dito i segni degli ornamenti a pittura. 

A lezione ci andavo solo perché Jenna mi costringeva e avrei dovuto tenere degli esami quindi, senza voglia o con, dovevo andare all'università. Avevo guardato Harry, durante le lezioni, a lungo e spesso cercava delle scuse pur di parlarmi o avvicinarsi a me, ma io rifiutavo e scappavo via. 

Ero arrivata alla conclusione che meritavo di meglio, non meritavo una relazione con un uomo in procinto di sposarsi, io meritavo un ragazzo migliore. Può sembrare un discorso egocentrico, ma ero stanca di stare per mesi dietro ad una persona che non sapeva cosa fare della sua vita, trascinando me con sé.

«Yiddish, per favore dimmi cos'hai» mormorò Jenna, sedendosi sul bordo del mio letto. In questi giorni non aveva fatto altro che chiedermi cosa avessi, a tal punto da mettersi a piagnucolare il giorno prima. Stavo esplodendo, non ne potevo più di tenermi tutto per me, inoltre questa situazione ci stava facendo allontanare e non volevo che accadesse. Era la mia unica amica da anni, l'unica che mi era stata vicina in ogni momento della mia vita, è stata quasi una madre: mi ha sgridata e mi ha voluto bene nello stesso istante. Lei c'era sempre per me, ed io non le stavo dando la giusta fiducia. Mi voltai verso di lei e la guardai con le lacrime agli occhi, mi alzai lentamente dal letto e mi sedetti sul bordo, lei si accomodò accanto a me e sospirai.

«Ti ricordi di Harry?» chiesi, non guardandola negli occhi.

«Certo» mi guardava preoccupata, «ha fatto qualcosa? Ti ha fatto del male?» la bloccai.

«No», dissi prontamente, «non fisicamente, almeno» sospirai.

«Ha detto qualcosa che ti ha ferita?» domandò.

«Se ti dico questa cosa, prometti di non giudicarmi?» la guardai negli occhi.

«Certo!» esclamò. «Sei una sorella, Yiddish. Non ti giudicherei mai» scosse la testa ed io sospirai.

«Harry... Harry è il professor Styles» sospirai, chiudendo gli occhi.

«Cosa?» rimase immobile con gli occhi sbarrati.

«Già» annuii, «non giudicarmi male, per favore.»

La vidi spalancare ancora di più gli occhi e guardare un punto indefinito del pavimento per qualche minuto. «Stai con un professore?» sussurrò, dopo attimi di silenzio.

«Non sto con lui» scattai, «ci uscivo» usai il passato, «non giudicarmi» ripetei. Sembravo una cretina, non mi importava dell'opinione altrui, ma Jenna era Jenna, e la sua opinione contava al di sopra di tutte.

«Perché dovrei giudicarti?» spalancò gli occhi, «sei la mia migliore amica, Yid. Ti sosterrò in qualunque scelta, al massimo potrò consigliarti» mormorò.

«Non lo so, Jen. Avevo paura pensassi male di me» rivelai.

«Non lo avrei mai fatto» scosse la testa.

«Quindi, cosa ne pensi di questa situazione?» chiesi con cautela. Rimase qualche altro minuto a guardare il pavimento poi mi saltò letteralmente in braccio con un sorriso a trentadue denti.

«Oh Dio, è una cosa così eccitante!» urlò abbracciandomi. «Il brivido del proibito» mosse le spalle in modo teatrale. «Ecco perché ti guardava sempre a lezione e a mensa» sussurrò, facendo i conti.

«Mi guardava sempre?» chiesi, speranzosa.

«Non ti staccava gli occhi di dosso» sorrise maliziosa, «e quando arrivavamo in mensa seguiva con lo sguardo ogni tuo movimento» esclamò.

«E tu quando le hai notate tutte queste cose?» risi.

«Beh, Yiddish, io quando parlo a manetta so perfettamente che non mi ascolti e che guardavi in un punto fisso così, quando eri troppo impegnata a non calcolarmi, mi giravo e vedevo che vi guardavate» sorrise e mi diede una leggera gomitata nel fianco. «È eccitante» sussurrò.

«Lo hai già detto» risi.

«Quindi è lui che deve sposarsi?» chiese.

«Già» annuii, «è stato via un mese per risolvere con la ragazza e sua madre ma non è servito a niente» sospirai.

«Nel senso che è stato via per nulla?» aggrottò le sopracciglia.

«Esatto» mormorai.

«E cosa cavolo ha fatto tutto questo tempo via? Ha pelato le patate?» esclamò.

«A quanto pare si» sorrisi amaramente.

«Avete parlato?» chiese.

«Sì qualche giorno fa», annuii, «e mi ha fatto capire che non ha risolto un bel niente.»

«Mi dispiace un sacco, tesoro» mi guardò negli occhi, «però, cavolo, ora non riuscirò a guardarlo come prima» rise, nervosa.

«In che senso?» la guardai confusa.

«Lo guarderò strana, ne sono sicura» annuì.

«Se ce l'ho fatta io a non saltargli addosso puoi farcela a non guardarlo maliziosamente» risi.

«Vi saltate addosso?» sbarrò gli occhi, sorridendo.

«A volte» arrossii, «ora smettila, Jenna!»

«Voglio sapere tutto!» urlò, battendo le mani.

«Non ti dirò un bel nulla» mi alzai imbarazzata e afferrai il cellulare.

«Dai, Yish. Lo avete fatto?» mi seguì quando mi alzai.

«Ma ti pare» quasi urlai, ridendo e sbloccai il telefono.

«Preliminari?» domandò ancora.

«Finiscila, subito» sentenziai.

«Dimmelo!» rise.

«Tu sei la ragazza più pudica di questo mondo, da dove ti escono queste domande?» mi voltai con gli occhi sbarrati.

«Lo avete fatto sì o no?» sbuffò. Sbloccai il telefono di nuovo e composi un numero. «Chi chiami?» mi chiese.

«Il pachiderma» sbuffai.

«Non chiamarlo!» scattò verso di me e cercò di afferrare il telefono dalle mie mani.

«Hei, Clay» esclamai quando rispose.

«Yiddish?» domandò, stranito dalla mia chiamata.

«So che sembra strano che io ti chiami...» mi interruppe.

«In realtà mi sono meravigliato del fatto che tu mi abbia chiamato con il mio nome...»

«Oh beh mi sento buona oggi» sorrisi e spinsi Jenna lontano da me, «ti sto chiamando perché Jenna mi sta dando fastidio, per cui necessito del tuo intervento da bravo fidanzato» lo presi in giro.

«Amore non ascoltarla» urlò per farsi sentire, la guardai disgustata per il nomignolo.

«Che succede?» chiese immediatamente.

«Potresti venire qui? Portare anche il tuo pene e darle un orgasmo per calmarla?» chiesi.

«Sei pessima» si schiarì la voce, «io e il mio pene arriviamo.»

«Me la pagherai» Jenna mi puntò un dito contro e si chiuse in bagno.

«Scappi in bagno?» risi.

«Mi preparo, idiota! Sono indecente!» urlò.

«Vuoi che ti passi il tailleur con i tacchi?» la presi in giro, sentii un tonfo e poi sbattere qualcosa contro la porta.

«Ti ammazzerò, Yiddish Cooper!»

Persuade | H.S. #Wattys2021Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora