Canto VIII

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E come in fiamma favilla si vede,

e come in voce voce si discerne,

quand'una è ferma e l'altra va e riede,

vid'io in essa luce altre lucerne

muoversi in giro più e men correnti,

al modo, credo, di lor viste interne.

(Paradiso VIII 16-21)

Taide ci decantò tanto le bellezze di Leuca, che infine ci convinse a girarla abbastanza da farcene un'idea. A Leuca, Taide ci portò a vedere il faro, la basilica, alcune ville, alcune grotte, la Torre dell'Uomo Morto e la cascata alla fine dell'acquedotto.

E come in fiamma favilla si vede, e come in voce voce si discerne, quand'una è ferma e altra va e riede, vid'io in tutti questi posti altre persone muoversi in giro più o men correnti, al modo, credo, di lor visite all'interno. Di fredda nube non discesero venti, visibili o no, tanto festini, che non paressero impediti e lenti a chi avesse veduta quella gente venire a noi, lasciando il giro prima cominciato nel resto della provincia; e dentro al gruppo che più innanzi apparve, sonava una voce sì, che unque poi di riudir non fui senza desiro, perché pareva star spiegando qualcosa di molto interessante.

Indi si fece l'un più presso a noi e solo cominciò: - Tutti siamo pronti al vostro piacere, perché vi piace venire in questi luoghi. Noi ci volgiamo con i turisti giapponesi d'un giro e d'un girare e d'una sete di conoscenza, che sembra di sentire Voi ch'intendendo di Dante.

-Che cosa, di Dante? – domandò Taide.

-Voi ch'intendendo il terzo ciel movete, udite il ragionar ch'è nel mio core, ch'io nol so dire altrui, sì mi par novo – recitai distrattamente.

-E che c'entra?

-Parla dell'amor di sapienza.

-Bravo! – disse l'uomo. – Vi piace questa canzone?

Certo che mi piace, pensai. L'ho scritta io. Mi limitai a sorridere.

-Ma perché – disse Taide – Dante ha scritto altre cose oltre alla Divina Commedia?

Clarissa assunse un'espressione, come se avesse appena inghiottito un limone.

L'uomo continuò: - Noi siamo così pieni di questo tipo di amore, che, per piacervi, non sarà meno dolce un po' di quiete.

Poscia che li occhi miei si furo offerti a la mia donna reverenti, ed essa fatti li avea di sé contenti e certi, rivolsersi all'uomo che si era offerto con tanta generosità, e: - Deh, chi siete? – fu la mia voce, di grande affetto impressa.

E quanto e quale vid'io lui farsi per allegrezza nova che s'accrebbe, quando parlai, a l'allegrezze sue! Così fatto, mi disse: - Il mondo mi ha da poco tempo; mi sono appena laureato in storia dell'arte. Il mio lavoro mi tiene celato in chiese e musei. Amo assai i grandi del passato, e ne ho ben donde; che se io fossi vissuto al loro tempo, sarei stato felicissimo. Mi chiamo Carlo e sono una guida turistica. Volete che vi accompagni a visitare la chiesa?

-Non c'è bisogno – disse Taide. – Io sono nata qui. E intendo proprio qui. Mia madre non ha fatto in tempo a raggiungere la porta.

Facemmo tutti un passo indietro.

Osservai i gruppi di turisti che giravano. La loro guida teneva alto come vessillo una bandiera, un ombrello, un fiore di plastica o qualunque cosa potesse essere vista da lontano, poi si fermava e parlava in una macchinetta che pareva trasmettere nelle orecchie dei suoi seguaci attraverso un paio di cuffie. Erano tutti armati di quei terribili bastoni per selfie. La maggior parte di loro preferiva fotografare le cose, o se stessi davanti alle cose, piuttosto che guardarle.

-La chiesa di Santa Maria è stata fortificata nel 1720 per resistere agli attacchi dei saraceni – ci informò Carlo.

-Mi stupisce che la stessa terra che ha dato i natali ad Avicenna e Averroè abbia creato anche gli invasori saraceni –. Questo io a Carlo.

Ed egli a me: - Se io posso mostrarti una verità, avrai davanti a te, e non più alle tue spalle, la risposta al tuo stupore. All'ordine della società si richiede una distribuzione di diverse attitudini nei singoli individui, ma questa distribuzione non tiene conto dell'ambiente di nascita. Vuoi che te lo spieghi meglio?

E io: - Non già; ché impossibile vedo che la natura sia in difetto in quello ch'è uopo.

Ond'elli ancora: - Or di': sarebbe il peggio per l'uomo in terra, se non fosse inserito in una civiltà?

-Sì – rispuos'io – e qui ragion non chiedo.

-E può esistere una civiltà, se i suoi membri non sono ordinati ai doveri? No. La natura dei discendenti sarebbe sempre simile a quella dei generanti, ma la natura, se trova fortuna discorde a sé, come ogni altra semente fuori dal suo terreno, fa mala prova. E se il mondo facesse attenzione all'inclinazione naturale, seguendola, avrebbe la gente buona. Ma invece costringe a farsi preti quelli che sono nati per combattere e fa sovrani quelli che sono nati per essere preti: e finiamo tutti quanti fuori strada. 

Comedìa NovaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora