Canto X

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CANTO X

Ma del salire

Non m'accors'io, se non com'uom s'accorge,

anzi'l primo pensier, del suo venire.

(Paradiso X 34 – 36)

Lo primo e ineffabile Valore, guardando nel suo Figlio con l'Amore che l'uno e l'altro eternamente spirano, fe' con tant'ordine quanto gira nella mente e nello spazio, che chi ciò rimira non puote essere sanza gustar di lui.

Leva dunque, lettor, meco la vista a l'alte rote, dritto a quella parte dove s'incontrano l'Equatore e lo Zodiaco; e lì comincia a vagheggiare nell'arte di quel maestro che dentro a sé l'ama, tanto che l'occhio non parte mai da lei. Vedi come da lì si dirama il cerchio obliquo dello zodiaco sul quale si muovono i pianeti, per soddisfare il mondo che li chiama. Ché se la loro strada non fosse torta, molta virtù nel cielo sarebbe invano, e quasi ogni potenza quaggiù morta; e se dal dritto il partire fosse più o meno lontano, assai sarebbe meno l'ordine dell'universo.

Or ti rimani, lettor, sovra il tuo banco, dietro pensando a ciò che si preliba, se vuoi esser lieto assai prima che stanco. Io ti ho apparecchiato innanzi la tavola; ormai mangia da solo; che la materia ond'io son fatto scriba a sé torce tutta la mia cura.

Il luogo prescelto per le Nozze del Secolo, come sarcasticamente le chiamava Clarissa, era la basilica francescana di Santa Maria de Finibus Terrae. Taide ci portò là così subitamente, che non mi accorsi di esserci arrivato più di quanto ci si accorga dell'affacciarsi alla mente di un pensiero.

La basilica, come s'intuisce dal nome, si trova sul promontorio più a sud dell'Italia, dove sorgeva un tempio pagano a Minerva, prima che San Pietro arrivasse a convertire la sua gente. Si apre su un piazzale al centro del quale svetta una croce sormontata da una statua della Vergine. La chiesa, superato il portone di bronzo, è costituita da un'unica navata e quattro cappelle. Notai che c'erano ovunque, appese alle pareti, raffigurazioni pittoriche eseguite con una maestria sbalorditiva, con tecniche che il mio amico Giotto – non sto esagerando – ucciderebbe per apprendere. Per quanto io chiami ingegno, uso e arte, non riuscirei a descriverle così da farle immaginare; ma si può credere e si brami di vederle. E se le fantasie nostre son basse a tanta altezza, non è meraviglia; che i nostri maestri ancora non sono in grado di rendere la prospettiva.

Tal era quivi la famiglia di San Francesco, che sempre la guida, mostrando la Trinità. E Taide cominciò rivolta a Daniele: - Ringrazia, ringrazia l'abate quando lo vedi, che ci fa sposare qua per sua grazia. Oh, padre Tommaso!

Io, che stavo contemplando un San Francesco dipinto dietro l'altare con tale attenzione che Beatrice eclissava nell'oblio (non le dispiacque; ma sì se ne rise, che lo splendore dei suoi occhi ridenti divise comunque la mia attenzione tra l'affresco e lei), e al saluto di Taide mi voltai.

Io vidi più monaci far di noi centro e di sé far corona, più dolci in voce che in vista lucenti: così vediamo talvolta la luna, quando l'aria è densa e trattiene i suoi raggi, cingersi di un debole alone argenteo. Nel futuro, ond'io ritorno, si trova anche qualcosa di caro e bello, tanto che non si può descrivere; e l'esistenza di persone dedite alla vita contemplativa quando la frenesia regna sovrana, è di quelle cose; chi non farà il mio viaggio, quindi, aspetti pure le novelle dal muto.

Poi quegli ardenti soli mi parvero donne non da ballo sciolte, ma che s'arrestino tacite, ascoltando finché non hanno percepito le note della canzone successiva, e sentii cominciare padre Tommaso: - Taide! Che piacere vederti! Mi sembrava ieri che venivi per il catechismo e io ti mettevo in punizione ogni santa volta...E adesso ti sposi! Lei dev'essere Daniele. Questa è tua figlia? Aglauro? Bellissimo nome. E questa signorina?

-E' mia figlia Clarissa – disse Daniele – e loro sono Dante e Beatrice, amici.

-Clarissa?

-Per via di Santa Chiara.

-Un nome azzeccato – commentò Taide. – Clarissa non sa davvero stare al mondo. Mi aspetto che ci chieda di prendere il velo da quando l'ho conosciuta.

Clarissa parve trattenersi dall'allungarle una sberla solo per l'augusta presenza dei francescani.

-Sei incorreggibile, Taide! Non ci sarebbe niente di male – obiettò padre Tommaso. – Nella nostra santa congrega, si ingrassa bene, se non si vaneggia. Conosci i miei fratelli? Loro sono Alberto, Graziano, Pietro...questo qui è Isidoro...lui è Riccardo, e Sigieri – dov'è Sigieri – ah, eccoti qui, che stai combinando con quel cellulare?

Sigieri gli fece cenno di aspettare, agitò una mano per salutarci, e continuò a parlare al telefono – Sì, mandi un tecnico, guardi, il wi-fi non funziona e nemmeno la TV, e siccome domani c'è Inter – Juventus...Ah, sì! Vedo che mi capisce!

-Avete Internet? – chiese Aglauro stupita.

-E la TV satellitare – confermò Tommaso.

-Quindi fate entrare il mondo esterno – osservò Clarissa.

Tommaso la guardò per un istante. – Certo – rispose – non siamo mica nel Medioevo. 

Comedìa NovaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora