CAPITOLO 2

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Ci incamminiamo lungo il corridoio, diretti in verso le scale che portano al secondo piano dove si trova l'aula C. 109 di chimica.

- Dopo le lezioni hai gli allenamenti? – Cerco di essere tranquilla e non prendermela per quello che mi ha detto prima.

- Si, dopo andiamo in palestra per allenarci coi pesi e testiamo la nostra resistenza. –

- Hm, ho capito. Stasera vai alla festa? - Domando curiosa.

- Ovvio, chi si perde la festa d'inizio anno. Vieni pure tu. – Non era una domanda ma piuttosto un'affermazione. Lo guardo e alzo le sopracciglia in modo interrogativo.

- Non mi sembra di averlo detto. – Ribatto, in modo molto tranquillo cercando di trattenermi dal sorridere perché lo voglio prendere in giro.

- E dai, non sarà divertente se non ci sei anche tu. Fallo per me. – Mi fa uno dei suoi sorrisi che io amo e non riesco a non accettare.

- Ci devo pensare. – Ribatto ancora più seria, mordendomi il labbro per non ridere della sua faccia.

Raggiungiamo la classe e la seconda campanella dell'inizio della seconda lezione tintinna. Prendo come sempre il posto vicino alla finestra e cerco di non sbadigliare e rimanere sveglia mentre il professore chiacchiera coi compagni.

Sbadiglio coprendomi la bocca con la mano e sussurro – Che stanchezza. -

- Hai fatto ore piccole? - Alza e abbassa le sopracciglia.

- Si, io e il letto abbiamo fatto follie. – Scoppiamo in una ristata, cercando di non farci vedere e sentire dal professore. Mi rimetto nella posizione più comoda.

- Sei incredibile. –

- Non sai quanto, soprattutto a letto. – Ammicco, facendogli l'occhiolino.

- Non è vero. – Afferma incredulo.

- Che cosa? Di che diavolo stai parlando? – sbotto non capendo nemmeno io.

- Non mi dire che tu e il cowboy del Texas... - Lascia la frase sospesa.

Finalmente capisco cosa intende e a voce troppo alta rispondo – No, ma che cazzo dici. Ma ti sei bevuto il cervello?

- Signorina Kramer, moderi il linguaggio o sarò costretto a mandarla dal preside il primo giorno di scuola. – Vengo rimproverata davanti alla classe come una bambina e le mie guance si fanno rosse come peperoni.

Mi alzo al rimprovero e dico imbarazzata - Mi scusi professore Gibson, non succederà più.

Guardo male Luke. – Tutta colpa tua. Cosa diavolo vai a pensare.

- Scusa, non volevo. – bisbiglia.

Gli voglio bene, ci conosciamo solo da poco più sei mesi ed è già il mio migliore amico, senza di lui non sarei riuscita a sopportare le angherie di quei babbuini ammaestrati.

All'improvviso la malinconia mi assale, i brutti ricordi affiorano e le lacrime minacciano di uscire. Alzo la mano e dico: - Professore Gibson posso uscire? – Spero e prego che la voce non si incrini sulle ultime parole. Trattengo le lacrime e abbasso la testa, tento di calmare il mio battito facendo respiri lenti e stringendo le mani a pugno.

- Certo. – Appena sento le parole, esco a passo spedito dalla classe lasciando sfuggire solo una lacrima che non sono riuscita a trattenere.

Il Diavolo Sa AmareWhere stories live. Discover now