CAPITOLO 3

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Esco dal cancello della Santa Monica High school e mi immetto sulla Pico Boulevard, al primo incrocio giro a sinistra e mi immetto sulla 4th street e la percorro facendo slalom tra le macchine per cinque minuti, rallento e all'incrocio giro a destra sulla Ocean Park Boulevard, poi svolto nuovamente a destra e percorro la Barnard Way, arrivo all'incrocio con la Hallister Avenue e mi fermo nel vialetto della piccola villetta a due piani.

Apro il cancello ed entro, la parcheggio nel garage e tolgo il casco ravvivando i capelli biondi. Guardo di nuovo l'ora e vedo che sono le quattro e mezza. Per fortuna con la moto ci impiego dieci minuti esatti dalla scuola a casa e viceversa, se dovessi andarci a piedi ci impiegherei il doppio del tempo.

Mi fiondo in casa, salgo le scale e apro la porta della mia camera. Butto la borsa sul letto e apro la cassettiera dalla quale estraggo un top, una felpa nera e un pantalone della tuta.

Mi cambio alla svelta e passando di fianco alla camera di mamma, ci guardo dento e vedo lei stesa nel letto con alcune bottiglie di birra, vino e vodka sparse per terra. Sospiro amareggiata per quel disastro e facendo la lista mentale di cose da fare, che si allunga sempre di più scendo le scale, uscendo per andare nella casa vicina. Busso e nel frattempo mi lego i capelli lunghi in una coda disordinata e come stamattina mi apre la Signora Lambert.

- Mi dispiace per il ritardo, ho perso la cognizione del tempon alla lezione di arte. – Affermo con un sorriso.

- Non ti preoccupare. Entra. Ti va un caffè? - Chiede spostandosi di lato e facendomi entrare.

- Grazie. Certo, accetto volentieri. – Giro l'angolo ed entro nell'ampia cucina moderna che si affaccia sul vialetto.

- Allora, come te la passi Sam? Non ci vediamo da un po'. Tra te e Christopher va tutto bene? – Mi prende alla sprovvista con tutte queste domande e non so nemmeno io cosa rispondere e quindi opto per una bugia innocente, non sapendo la versione che ha raccontato Christopher, quel bugiardo patentato.

- Si, tutto bene tra noi. Per il resto, la vita va bene, io sto bene. – Veniamo interrotte dal pianto del mio fratellino Samuel. La signora Lambert si allontana e lo va a prendere. Appena mi vede, alza le sue braccia paffute per essere messo tra le mie braccia e fa versetti e gorgogli di gioia.

- Gli sei mancata. Quando si è svegliato e non ti ha visto, si è lamentato molto, ha pianto ma grazie alla registrazione della tua canzone si è calmato subito. Come facevi a saperlo che mi sarebbe servita?

- Colpa mia. Quando non riesco a calmarlo, di solito gli canto qualche canzone dei Rolling Stone o dei Beatles o ancora Bon Jovi e si calma. - La signora Lambert mi sorride e dice: - Non sapevo che una ragazza della tua generazione conoscesse questi cantanti.

- Mio padre era un loro fan sfegatato. Ascolto questa musica da quando sono nata, forse anche quando ero solo un fagiolino. – Sorrido per i ricordi passati che affiorano nella mia mente. Io e papà, forse a due anni che ballavamo per casa sulla canzone dei Rolling Stone mentre mamma era intenta a cucinare qualcosa di commestibile in cucina. Non era una brava cuoca, anzi, una pessima cuoca e non è mai migliorata.

- Sam, è quello cos'è? – Chiede indicando il mio petto.

Mi guardo il petto e vedo che Samuel ha tirato il top facendo emergere il tatuaggio che mi sono fatta in mezzo al seno in Texas.

- Un tatuaggio. – Ribatto semplicemente togliendo la manina di Samuel dal top, rimettendolo a posto.

- I tuoi lo sanno che te lo sei fatta?

Il Diavolo Sa AmareWhere stories live. Discover now