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"Non voglio andarci in Corea, non mi va"

"Perché diavolo non vorresti andarci? Hai già la fortuna di essere nato con due lingue madri, quindi prenderai quel dannato aereo e studierai il coreano sul posto, capito?"

"Dio, che palle"

Un altro sospiro uscì dalle labbra di Jimin, dopo l'ennesimo litigio con i suoi genitori.

Non che a Jimin non piacesse studiare, aveva ottimi voti a scuola, ma di andare in Corea del Sud, proprio non gli andava.

Conosceva i coreani, sapeva come erano fatti.

I suoi genitori erano assillanti, tradizionalisti, ed in un Paese in costante cambiamento come l'America, in cui Jimin era nato, erano decisamente indietro.

Non osava pensare come fossero i coreani residenti in Corea.

"Ti ospiterà una famiglia scelta appositamente dall'agenzia Jimin, ti troverai bene" sospirò la madre, una donna sulla quarantina.

"Eomma, ti prego, si tratta di un anno all'estero, non ti mancherò neanche un pochino?" fece il labbruccio, tentando di convincerla.

"Sì, mi mancherai, ma è per il tuo bene Jimin, ti servirà nella vita, e come esperienza personale per crescere" rispose lei guardandolo negli occhi.

"Ma chi diavolo parla coreano a parte i coreani?! Nessuno, non è utile, non come lo spagnolo o l'inglese o...altro" gesticolò lui buttandosi sul divano.

"È una lingua in più, perché non ti entra in testa il fatto che le lingue diventano sempre più importanti" sospirò il padre, sconfortato dal comportamento del figlio.

"Ma io...già so parlarlo abbastanza, per favore"

"Jimin, santo cielo, hai diciassette anni e stai facendo i capricci come un bambino, ma che ti prende?!"  esclamò così l'uomo, ormai stremato a causa del figlio.

"Non voglio andarci in Corea, sono strani"

"Sei coreano anche tu, Jimin" replicò il padre.

"Sono nato negli Stati Uniti, voi siete coreani, non io" specificò lui. "Io non sono noioso come voi e come tutti i coreani"

Jimin poté vedere gli occhi della madre diventare due palle di fuoco a quell'affermazione.

"Park Jimin, prova a dire un'altra volta una cosa del genere e ti lascio lì per due anni, hai capito?" disse guardandolo dritto negli occhi.

"Verrai accolto da una famiglia molto gentile e sono certa che ti renderai conto di quanto tu sia poco rispettoso nei confronti nostri e delle persone, ah, ma perché non te l'ho insegnato prima..." disse poi con un sospiro.

"Io sono più che rispettoso" incrociò le braccia al petto Jimin.

"Non abbastanza, andrai in Corea, Jimin, ad imparare la lingua ed il rispetto, non mi interessa" disse infine il padre con voce ferma.

"Io non ci andrò."

Certo Jimin, come no.

BUONGIORNO GENTE
Ho pubblicato questa nuova storia poiché ho avuto la conferma che potesse essere un'idea figa dalla mia zquadt (vi amo ).
Ho avuto l'idea ad inizio luglio, quando un mio amico è tornato dall'America dopo esserci stato per un anno e quindi ho pensato, perché no?
E boh, spero che vi piaccia come le altre, vi voglio bene,
All the love xx
Clau

εxcнαηgε [м.үg+ρ.נм]Where stories live. Discover now