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"I-io...no, ti ringrazio, sono...sono arrivato" balbettò Jimin, rosso in viso mentre quel ragazzo si avvicinava a lui.

"Oh, lo so che sei arrivato, sai, è casa mia" rispose con un sorrisetto l'altro, prendendo le chiavi e togliendo dalle mani di Jimin una delle valige.

"Ah, uhm...scusami, credevo che-" si morse il labbro ed abbassò lo sguardo, incapace di formulare frasi di senso compiuto.

"Cosa? Che stessi passando di qui e ti stessi chiedendo se ti servisse aiuto? Nah, non sono il tipo, lo faccio solo perché dovrai starmi tra i piedi per più di 365 giorni" rispose il tipo con i capelli color menta aprendo la porta di casa per poi entrarvi subito dopo.

Jimin restò fuori, completamente immobile, e nell'imbarazzo più totale; quel ragazzo gli aveva appena fatto capire che gli avrebbe dato fastidio la sua presenza in quella casa.

"Vuoi entrare o hai intenzione di restare lì fuori fino alla fine del tuo anno qui?" lo prese in giro lui.

"N-no io..." scosse la testa, per poi entrare nella casa, sotto lo sguardo intenso del menta.

"Eomma, è arrivato l'americano!" disse poi dirigendosi da una parte a Jimin ancora sconosciuta di quella casa.

"Oh! Arrivo subito!" rispose una voce acuta.

Jimin percepì dei leggeri passi avvicinarsi a dove era lui, difatti dopo pochi istanti una donna dalla statura decisamente piccola si presentò davanti a lui con un sorriso a trentadue denti.

Il ragazzo si chiese come avesse potuto far nascere un figlio all'apparenza così scorbutico.

"Ben arrivato! Io sono Hee Young e lui è mio figlio Yoongi, tu devi essere Jimin, suppongo?" fece, decisamente troppo esaltata.

Yoongi, dunque era quello il suo nome.

"Sì, sono Park Jimin, signora, è un piacere conoscerla" sorrise lui, facendo un leggero inchino.

"Il piacere è tutto mio! Purtroppo mio marito è fuori per lavoro, ma farete conoscenza tra pochi giorni" sorrise lei accarezzandogli la spalla con leggerezza. "Sono sicura che ti ambienterai tranquillamente, sembri un ragazzo estroverso e gentile, e Yoongi ti darà una mano per capire come funziona la scuola e come girare per la città!"

Fece poi girandosi verso suo figlio, che annuì con una smorfia annoiata sul volto.

"Quanti anni hai, Jimin?" chiese poi.

"Ne ho diciassette" rispose lui, e alla signora si illuminarono gli occhi.

"Perfetto! Siete quasi coetanei, sono certa che vi troverete bene insieme!" esclamò poi.

"Eomma, non siamo coetanei" sbuffò Yoongi alzando gli occhi al cielo.

"Oh andiamo, due anni cosa vuoi che siano?!" rispose lei spingendolo leggermente. "Beh, mi dispiace non poterti mostrare il resto della casa ma devo correre a lavoro, Yoongi ti mostrerà gentilmente ogni stanza"

Allora Jimin si girò verso il ragazzo che secondo i suoi calcoli avrebbe dovuto avere diciannove anni e lo guardò di sfuggita, notando uno sguardo piuttosto svogliato da parte sua.

"Sì, lascia tutto qui, quando saliamo prenderai le valige" disse con il suo tono basso e roco.

Jimin annuì e lo seguì.

"Questa come puoi immaginare è la sala da pranzo, ma preferiamo mangiare in cucina, quindi praticamente qui vediamo la TV, leggiamo, o...boh, quello che ti piace fare" indicò verso il divano, per poi allontanarsi ed andare verso quella che sembrava appunto la cucina. "Non c'è bisogno che ti dica cos'è, a meno che tu non sia stupido, giusto?

Ridacchiò leggermente, guardando Jimin con la coda dell'occhio.

Lui scosse la testa, arrossendo leggermente e trattenendo a stento una risposta.

Doveva contenersi almeno i primi giorni, ma quel Yoongi sembrava fatto apposta per prenderlo in giro e farlo innervosire, e si conoscevano da poco più di dieci minuti.

"Io sto uscendo, ci vediamo per cena, passate un buon pomeriggio ragazzi!" esclamò Hee Young, per poi chiudersi la porta alle spalle.

Yoongi sospirò e tornò all'ingresso, afferrando una delle due valige. "Prendi le cose, saliamo su, ti faccio vedere la tua stanza e sistemi tutto"

"Okay" disse Jimin quasi in un sussurro, seguendo il maggiore e salendo le scale con difficoltà a causa della valigia che sembrava pesare più di lui.

"Bene, questa..." fece Yoongi poggiando la valigia allo stipite della porta, per poi aprire quest'ultima. "Questa sarà la tua camera per un anno, puoi usare l'armadio per mettere i vestiti e le scarpe, sugli scaffali metti quello che vuoi, gli asciugamani te li do io quindi spero tu non abbia portato i tuoi perché allora hai sprecato peso e sp-"

"No, non li ho portati, ti ringrazio" lo interruppe Jimin, stanco di essere trattato come uno stupido.

Allora Yoongi strinse i pugni, socchiudendo gli occhi e spingendolo contro il muro e facendolo sussultare.

"Senti ragazzino, apri bene le orecchie e stammi a sentire, non so chi tu sia, o chi tu credi di essere, né so come funziona in America, ma so per certo che tu, qui in Corea, devi assumere i comportamenti giusti ed iniziare a portare rispetto, a maggior ragione nei confronti di chi ti ospita per un anno intero, perché non ho intenzione di condividere gli spazi con un maleducato che interrompe quando sto parlando, è una cosa che odio, mi sono spiegato?" disse a denti stretti, guardandolo con occhi penetranti.

Jimin deglutì, sentendo il volto andargli a fuoco, e subito abbassò lo sguardo, incapace di sostenere quello dell'altro.

Normalmente avrebbe risposto a dovere, ma sapeva che lì le cose funzionavano un po' diversamente, quindi rimase in silenzio.

"Oh, allora non ci siamo capiti eh? Ti ho fatto una domanda, e una risposta sarebbe gradita piccoletto, o devo insegnarti cos'è l'educazione a diciassette anni?" insistette Yoongi, il volto estremamente vicino al suo.

"Ho...ho capito, mi dispiace" sussurrò Jimin, sentendo l'imbarazzo mangiarlo vivo.

"Ti dispiace e cos'altro, Jimin?"

"Non...non lo farò più, scusami" fece distogliendo lo sguardo ancora una volta.

Si sentiva completamente impotente a causa di quel ragazzo, e non ne sapeva neanche il motivo.

Jimin non era un adolescente che amava finire nei casini, ma non era neanche un angioletto, e spesso discuteva con chi voleva mettergli i piedi in testa, ma Yoongi era riuscito a fargli abbassare il tono della voce con una sola frase, e di questo Jimin non fu affatto contento.

Ma cosa poteva fare? D'altronde era vero, sarebbe stato loro ospite per un anno, non poteva di certo rispondere a tono al figlio, poteva solamente abbassare la testa e fare tutto ciò che doveva.

"Mi dispiace Hyung, è così che si dice, capito? Pensavo fossi figlio di coreani, possibile che non ti hanno insegnato come ci si rivolge ai più grandi?" fece Yoongi portando due dita sotto il suo mento e facendogli così alzare la testa. "E guardami negli occhi quando ti parlo, non sei un bambino"

Allora Jimin strinse gli occhi per poi alzare lo sguardo nuovamente su di lui. "Mi dispiace, hyung"

Yoongi sorrise soddisfatto e gli sfiorò una guancia con le dita. "Molto meglio così"

"Ora, il bagno è dietro a quella porta che vedi lì in fondo, la mia camera è questa accanto alla tua, quella dei miei genitori è accanto al bagno e quella porta chiusa che vedi, fammi il piacere di non aprirla, chiaro?" indicò una ad una le porte, per poi tornare a guardarlo.

"Chiaro" mormorò Jimin annuendo quasi impercettibilmente.

"Bene, buon riposo, se ti serve qualcosa, sai dove sono" disse Yoongi, congedandosi e sparendo nella sua stanza.

Jimin prese un respiro profondo e si chiuse la porta alle spalle.

Sarà un anno lunghissimo

Hola chicas, che ne pensate della storia fino ad ora? Vi piace come idea?
Buh, ditemi voi se volete che la continui!
All the love xx
Clau

εxcнαηgε [м.үg+ρ.נм]Where stories live. Discover now