27.

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JACK.

«Io sono il tuo ragazzo, lei la tua migliore amica» dico e la vedo confusa.
Guarda il medico e io glielo ripeto più ad alta voce ma lei non guarda.
«Uscite ora, deve riposare.» dice il medico e quando esco, rovescio tutte le sedie nel corridoio dalla rabbia.
Una guardia corre nella nostra direzione ma gli faccio segno di non toccarmi o butto pure lui a terra.
«Si calmi o la faccio uscire.» dice e i mi appoggio con la schiena al muro, lasciandomi cadere sul pavimento.
«J-jack...» mi sposto di scatto e quando alzo gli occhi vedo Samantha in lacrime.
«Scusami» mi alzo da terra e la abbraccio
Sta tremando, è fredda addosso e calda in viso.
Le bacio la fronte e sento il calore.
Deve avere la febbre ma nonostante questo, è qui per la sua migliore amica.
«Metti questa» mi tolgo la giacca e gliela metto
Non dorme da giorni per badare alla bambina che ora è con i suoi nonni e per la storia di Madison.
Il telefono squilla più volte, prima i suoi genitori, poi i miei che chiedono come sta.

«Signore? Signore mi sente? Si svegli»
L'infermiera che era in stanza con Madison continua a muovermi il braccio.
Mi alzo di scatto e mi ricompondo.
«Vada a casa, non può fare nulla» mi dice
Mi guardo intorno cercando con gli occhi Samantha ma non la vedo.
«La ragazza bionda che era qui?» chiedo all'infermiera, stropicciandomi gli occhi
«È andata al bar a prendere un caffé. Dovresti prenderlo anche tu, guarda che faccia che hai» ridacchia e io la guardo male e lei torna seria, con lo sguardo basso se ne va.
Vedo Samantha infondo corridoio con due caffé in mano e mi viene in contro.
«Tieni» dice, porgendomi il bicchiere di caffé che mando giù in un secondo
«Non riesco a non vederla» mi alzo da terra e oltrepasso la porta di camera sua, restando sulla soglia.
«Ciao!» dice, tirarsi su a sedere sul letto appena mi vede
Sposta le coperte, scoprendosi le gambe e scende dal letto.
«Che stai facendo? Non puoi alzarti» dico andandole in contro e lei mi fa segno di fermarmi.
Non vuole la tocchi... Qualcosa la spaventa...
Cosa?
Lo vedo nei suoi occhi, ha paura di qualcosa.
Se solo capissi cosa la spaventa, la aiuterei a superarlo insieme a me.
«Devo andare al bagno» taglia corto e mi oltrepassa, senza guardarmi in volto
Io mi giro a guardarla e lei entra nel bagno, chiudendosi la porta alle spalle.
Gli occhi mi si riempiono di lacrime che mi rigano le guance appena sbatto le palpebre.
Con la manica della maglia mi asciugo gli occhi e poi mi siedo al divanetto vicino la porta d'entrata della camera e aspetto che esca.
Devo solo capire e scoprire cosa le è successo nel periodo di tempo che è stata sequestrata da quel figlio di puttana e aiutarla a ricordare tutto.

We could come back togetherDove le storie prendono vita. Scoprilo ora