Christine nel sangue

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Il sangue non sembrava neanche sangue. A Christine ricordò i pastelli e il profumo di tempera. Qualcosa che aveva a che fare con l'asilo o con i primi anni di scuola. Quel profumo di infanzia e innocenza che poi, dopo un po', scompariva automaticamente per ritornare a sprazzi in momenti inaspettati, richiamato da un dettaglio, un colore, un rumore.

La matita che ruota nel temperino.

C'era odore di morte ovunque eppure sembrava un posto pacifico.

Si sentiva stanca, terribilmente stanca. Ed era probabile che si trattasse di un sogno. Di un incubo, e non della realtà.

Pensò immediatamente a Jacques.

Ma dove mi trovo? Dove...?

Non riusciva a ricordare. Immagini confuse scivolavano tra i suoi pensieri come sabbia tra le dita di un bambino.

Jacques. Devo trovare Jacques.

Chiuse gli occhi, li riaprì, come per accertarsi del fatto che quella realtà esistesse davvero. Ma non cambiò nulla. Anzi, la pozza di sangue che dipingeva di rosso lo spazio davanti a lei adesso le sembrava più ampia, più corposa.

Che cosa significa? Non è reale, Christine.

Era un lago color porpora ed era reale, invece. Una macchia ampia di sangue coagulato, larga più di quanto avrebbe potuto immaginare se l'avesse osservata da lontano. E lei non era lontana. Era vicina.

Sei sveglia, Christine. Il tuo cuore batte forte, lo senti. Riesci a sentirlo. Puoi sentire anche il tuo respiro. Corre, corre. Sta svanendo ma cerca di non perderlo del tutto. Devi mantenere la calma perché questo non può essere reale. Non con tutto quel sangue. Non senza Jacques. Ma Jacques...

Il terrore arrivò improvviso, come la pioggia dei temporali d'estate, preannunciata soltanto dall'esplosione del tuono. Fu l'ansia di realizzare che con gli occhi avrebbe dovuto seguire la linea che dalla chiazza di sangue l'avrebbe condotta inevitabilmente a un cadavere. Non era pronta per qualcosa del genere. Chi lo sarebbe stato, d'altronde?

Così la mente tornò alla sera precedente. Fu rapida nel creare confusione tra sprazzi di ricordi annebbiati. Perché aveva bevuto. Avevano bevuto tanto, tanto, più di quanto ora ricordasse.

Eh sì, Christine. Martini. Tutti quei Martini. Adesso li puoi sentire. L'alcool che brucia la gola.

Era in lei, era ovunque. E adesso aveva una sete incredibile.

Alzò gli occhi quanto bastava per vedere che dalla pozza di sangue partiva una striscia rossa che si interrompeva poco più avanti. Come se qualcuno si fosse trascinato da un punto a un altro.

Vide la roulette. Il rosso e il nero. Il verde del tappeto sul tavolo da gioco. I numeri, le carte, gli assi.

Black Jack. Poker. Avevano scommesso, tra un bicchiere e l'altro. Avevano giocato e si erano ubriacati. Di secondo in secondo tutto diventava un po' più chiaro, tuttavia restava un'enorme nube grigia sul cuore della notte precedente. C'erano soltanto dei frammenti che si conficcavano tra i suoi pensieri come pezzi di vetro in un piede scalzo. E c'erano... sì, c'erano David e Melanie. Lei e Jacques li avevano conosciuti sul ponte del battello ed erano poi scesi al casinò tutti e quattro insieme.

Christine ricordava quella parte. Non aveva avuto voglia di unirsi a loro, ma Jacques aveva accettato subito. Ricordava anche i dadi, adesso. Quei maledetti dadi.

Un tiro, un cocktail. Chi perde paga. E quanti tiri c'erano stati allora.

Si guardò intorno con il cuore che correva a mille. Se avesse alzato gli occhi da terra, dalla striscia di sangue che si stendeva scura di fronte a lei, l'avrebbe visto.

Avrebbe visto ciò che restava del corpo di qualcuno.

L'alcool che aveva dentro rallentava ogni suo gesto, ogni suo movimento. Rendeva i suoi pensieri e i suoi ragionamenti poco dinamici, poco elastici. Ma l'istino, quello rimaneva lo stesso. Così le lacrime uscirono di getto dai suoi occhi. Così, alzando finalmente la testa, gridò sconvolta e subito dopo vomitò. Si sentì trafiggere da un'ondata gigantesca di orrore. Le mani sudarono come non le era mai capitato prima e il suo respiro non esisteva più. Si lasciò cadere a terra - non che fosse mai stata davvero in equilibrio- e le sue ginocchia entrarono in contatto con il rosso.

Era freddo e caldo al tempo stesso. Non era possibile ma fu ciò che il suo corpo percepì.

Cercò di muoversi ma non vi riuscì. Di fronte alla scena che poteva osservare, adesso così nitidamente, Christine vomitò ancora. Sapeva che non era a causa dell'alcool. Ciò che vide, quello spettacolo di morte, entrò in lei come un fiume in piena che sfocia nell'oceano. Si insinuò nel suo corpo, nel suo cervello e nel suo cuore un'immagine terrificante. Nello stesso istante in cui i suoi occhi si posarono finalmente su ciò che le era di fronte, Christine capì che non sarebbe mai riuscita a dimenticare quella scena. Semplicemente, lo sentì, e quella sensazione nuova di pura, sconvolgente angoscia divenne improvvisamente per lei realtà.

Una vita intera non sarebbe bastata a lavar via l'orrore di cui si rese testimone e che di lì a poco avrebbe riempito tutte le prime pagine dei quotidiani e i notiziari di quella che da molti, in seguito, sarebbe stata ricordata come una delle estati più sanguinose e roventi di sempre.

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