L'ultima speranza

182 30 18
                                    

La giornata era trascorsa velocemente, tra le analisi e gli accertamenti degli uomini della Scientifica per cercar di scoprire le eventuali tracce lasciate da chi aveva ucciso l'ex preside David Aschcroft e le domande che Rick e Jane avevano posto all'intero vicinato. Naturalmente nessuno era presente e nessuno aveva visto o sentito nulla. Nessuno, soprattutto, avrebbe sospettato che quell'uomo di una certa età, cordiale, benevolo e sorridente con tutti sarebbe morto in una maniera tanto atroce. Fu esclusa immediatamente la rapina, perché gli effetti personali e il denaro non erano stati toccati. Tutto era rimasto dov'era. Così Rick, rincasando, aveva aperto il frigo e aveva stappato una birra. Aveva mandato giù in un sorso più di metà, dopodiché si era seduto in veranda, portando con sé la bottiglia. Aveva saputo da Frank che l'indomani sarebbero arrivati i federali, almeno un paio di agenti speciali e chissà chi altro. Sperava che avrebbero collaborato, ma non era troppo ottimista. Sapeva che tra F.B.I. e dipartimento di polizia i rapporti raramente erano semplici. Aveva pensato per un po' anche alle parole di Jane. Si era sentito in colpa per ciò che la sua partner gli aveva detto.

Eppure, pensava a Scarlett.

Avrebbe addirittura voluto telefonarle, quella sera. Avrebbe voluto che lei fosse seduta lì, accanto a lui, con una birra aperta a tenergli compagnia, nel cuore della notte. Aveva persino preso il telefono. Era arrivato fino al suo numero sulla rubrica e poi si era fermato. L'aveva osservato per qualche istante, poi aveva scosso la testa e terminato la birra. L'avrebbe voluta chiamare, davvero. Ma poi aveva creduto che telefonarle a quell'ora della notte - perché era notte, oramai- sarebbe potuto sembrare quantomeno sconveniente. Così aveva occupato il tempo scambiandosi messaggi con Eleonore. Diceva che a Boston era tutto ok, che lui le mancava e che la mamma stava bene.

Anche tu mi manchi, tesoro mio, aveva pensato, lasciando andare la testa all'indietro, contro lo schienale della poltrona in vimini che aveva comperato su internet qualche mese prima.

Si era addormentato così, in veranda, avvolto dal caldo per nulla intenzionato ad andarsene di quella notte scura e silenziosa.

La mattina successiva, Scarlett era al Greyfox Penitentiary, il carcere femminile della vicina Lakeville. Aveva chiesto un colloquio con Christine Morel, la sposa, e lei aveva accettato. Adesso la osservava attraverso il vetro opaco dell'area riservata agli incontri, sotto lo sguardo dell'agente di sorveglianza.

<<Ciao, Christine>>
<<Chi sei?>> aveva domandato la ragazza, squadrandola in modo confuso.
Lei aveva sorriso con dolcezza.
<<Non mi consoci, a meno che tu non abbia letto l'unico romanzo che ho pubblicato. Mi chiamo Scarlett Green, e sono una scrittrice. Lieta di conoscerti.>>
Christine annuì senza mostrare interesse. Era pallida, stanca, segnata in volto. Era chiaro che il carcere la stesse mettendo già a dura prova. Gordon Mayer, l'avvocato che era stato assegnato loro d'ufficio, non era riuscito a ottenere la libertà su cauzione. I loro genitori avrebbero pagato, naturalmente. Avevano raggiunto Lakeville poco dopo aver appreso dell'arresto dei figli. Rivederli era stato straziante, per entrambe le famiglie.

<<Sono qui perché mi piacerebbe farti qualche domanda, Christine. Credi che ti andrebbe di rispondermi?>>

La ragazza esitò. Si guardò intorno. La sala non era grande ed era avvolta da una luce bassa, che non la faceva sentire a proprio agio.

<<Non lo so. Che cosa sei, una specie di giornalista?>>
<<Anche. Ma in questo momento sono soltanto una scrittrice. Non intendo pubblicare un articolo su di voi, se può tranquillizzarti.>>
<<E allora perché sei qui?>>

Scarlett la guardò intensamente e capì che c'era un'anima fragile, terrorizzata, dietro quegli occhi che si muovevano come a cercare una via di fuga che non  esisteva.

IncuboTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang