II

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È un uomo senza volto, gli occhi due pozze di petrolio. Crede fermamente che se avesse una bocca sarebbe piegata in un sorriso mentre la saluta con un inchino ampio. Fa scivolare sul bancone di legno di rovere, rovinato dall'usura, una copia di un giornale senza parole. Sono fogli bianchi, non c'è niente di nuovo. Le porge delle banconote leggere come piume ed esce dal negozio facendo un nuovo profondo inchino.

Le lancette dell'orologio si muovono frenetiche, mentre la luce cambia di momento in momento. Il tempo di tre respiri e la giornata è giunta alla sua fine. Lucia si alza, afferra il suo cappotto ed esce dal negozio. Nella strada deserta si ode un chiacchiericcio insistente, poi una musica incalzante. Infine, Lucia volta l'angolo e si ritrova fuori dalla Vecchia Cinta Grigia, nel silenzio dei campi secchi, ingialliti, puntellati da papaveri risplendenti che le illuminano il passaggio.

Segue il sentiero sinuoso, contando i passi che la separano dal Ponte Vecchio. Eleonora dovrebbe attenderla per riaccompagnarla dall'altro lato del ponte, ma quando arriva al fiume, non c'è traccia della giovane. Si guarda intorno, lo sguardo spento, si acciglia quando i suoi occhi si scontrano con la luce dei fiori e con il vento che si attorciglia intorno agli alberi isolati che popolano il campo. Batte le palpebre e si siede sul terreno, sente distintamente il cuore martellarle nel petto e qualcosa di caldo scivolarle sulle guance, arrivando alle labbra screpolate. Raccoglie due lacrime con la punta della lingua, continuando a guardare il vuoto, fino a quando le spirali di vento cominciano ad avvolgerla e a sollevarla, cullandola lentamente.

Sente un calpestio di erba bagnata e apre gli occhi lentamente.

– Lucia! –la richiama qualcuno. È la voce di una bambina, il timbro cristallino e l'ombra di un pianto recente nel tono.

– Non volevo farti arrabbiare, ma ti prego torna a casa – prega ora la voce. Lucia si tira a sedere piano, guardandosi intorno. È ancora al Ponte Vecchio, ma è dall'altra parte ed è tutto diverso. È circondata da un tappeto di erba verde e rigogliosa. Le travi che compongono il ponte sono ben curate, appaiono indistruttibili, come nuove. Le ringhiere sono vestite di più strati d'edera. Battendo le palpebre, mette a fuoco una figura minuta nel mezzo. Ha dei lineamenti familiari, ingentiliti dall'età. I capelli le cadono pesanti sulle spalle e indossa un vestito candido. Socchiude gli occhi, inclinando la testa.

– Non sono arrabbiata – è la prima frase che le affiora alle labbra. La bambina le sorride, muovendo qualche passo. Ora che è più vicina riconosce gli occhi verdi che le occupano quasi tutto il viso.

– Non sono arrabbiata, Eleonora – dice ancora, cercando di sollevarsi sui piedi, ma quando ci prova si rende conto di esserlo già. Sussulta. Ricorda questo momento, ma ha qualcosa di anomalo, forse l'odore dell'aria, satura di profumi dolci e inebrianti. I suoi occhi cercano qualche macchia rossa, ma non ne trovano. È un tripudio di blu, viola, giallo e bianco. Si porta le mani ad altezza viso, esaminandole lentamente. Sono piccole, paffute, non ancora ossute. Sono mani di bambina. Ora che ci pensa, anche la sua voce è più sottile.

– Allora perché sei scappata? – domanda l'altra bambina. Lei scrolla le spalle in risposta. Quando alza lo sguardo il cielo ha una tonalità azzurra troppo viva. La luce del sole la costringe a strizzare gli occhi. Mentre macchie colorate disegnano motivi decorativi dietro le sue palpebre, sente un grido spaventato. Apre gli occhi in tempo solo per vedere il vento avvicinarsi, rovinare l'edera e le travi del ponte e costringere a un flusso innaturale l'acqua del fiume. Prende Eleonora e la porta con sé, dietro le colline verdi. Lucia apre la bocca per dire qualcosa, guarda il ponte e batte il piede a terra, come se volesse correre, come la prima volta. Ma la prima volta Eleonora è precipitata nel fiume. Il cuore nel petto emette un rumore cupo.

Deve attraversare il ponte. Sa che deve farlo, ma il vento lì sopra è più forte.

Deve riportare Eleonora a casa.

Muove un piede, poi un altro e a passi piccoli, lenti e timorosi, arriva alla prima trave. Il vento comincia ad alzarsi. Lucia deglutisce, poi muove un altro passo, passando di trave in trave. Ce ne sono ventuno in tutto, non le ha contate ma lo sa. Quando arriva all'undicesima, quella cede, attraendola verso il vuoto. Il freddo del fiume è l'ultima cosa che avverte prima di smettere di respirare.

OblioWhere stories live. Discover now