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Dante ha freddo. La consapevolezza gli penetra nelle ossa, causandogli una sensazione spiacevole.

Ha freddo e le spalle gli fanno male a contatto con una superficie dura.
Apre gli occhi e la penombra lo investe, insieme all'odore di chiuso e umidità.

Ogni respiro gli causa dolore.

Sto morendo, pensa.

– Stai guarendo – lo contraddice la voce di Lucia, un mormorio sottile, appena udibile nel vuoto in cui sono finiti.

Guarendo?

Abbassa lo sguardo sulla pelle martoriata, sentendola tirare, i lividi stanno assumendo una colorazione più chiara.

– Dove siamo?– chiede, studiandola con sguardo inquisitorio.

– Non chiedermelo come se ne sapessi più di te – ribatte lei, tirandosi le ginocchia al petto. I capelli lunghi le cadono in avanti, coprendola quasi come un mantello, arrivando poco sopra le caviglie. Sembra sparire per un secondo. Dante scuote la testa, e il suo corpo sembra ritornare di nuovo concreto.

E se fosse tutto un sogno?

Chiude gli occhi, focalizzandosi sui tratti della ragazza.

Non la ricorda. Se fosse un sogno, avrebbe dovuto vederla almeno una volta nella sua vita. Ma non c'è familiarità in Lucia. È un'estranea piombata nel suo Ponte, senza una spiegazione. Una turbolenza.

Una fitta di dolore, come una stilettata all'inguine, gli fa contrarre il viso. Stringe i denti, aspetta che il dolore si acquieti prima di concedersi di aprire gli occhi. Si alza in piedi, percorrendo il perimetro della stanza.

È tutto fermo, immobile, sospeso nel vuoto. C'è una finestra chiusa con delle assi di legno. Quando si avvicina, scricchiolano sotto la gentile pressione delle sue dita nodose.

– Non c'è nulla lì fuori, solo bianco – lo informa la ragazza, la voce gli giunge ovattata per via della posizione che ha assunto.

Individua uno spiraglio tra le assi e ci spia dentro. C'è davvero solo bianco e si trova a respirare.

– Davvero non sai dove siamo? – domanda, utilizzando un tono troppo brusco, perché Lucia alza la testa di scatto e gli lancia un'occhiataccia.

– Sei tu che mi hai detto che ero morta e ora ti aspetti risposte da me?

Il ragazzo arriccia il naso, irritato.

– Com'è che ti chiami? – chiede d'un tratto Lucia, la testa di nuovo al riparo tra le braccia e le ginocchia. La voce gli arriva talmente ovattata che per un attimo crede di essersela immaginata. Si rende conto solo allora che nemmeno lui sa come si chiami lei.

– Dante – risponde, e il suo nome assume un sapore strano mentre lo pronuncia. Dante.

Batte le palpebre e osserva la ragazza, si chiede se anche per lei i nomi siano improvvisamente privi di senso.

– Dan-te – ripete lei, sillabando lentamente, come se lo stesse testando.

– Ti dice niente?

Lucia scuote il capo e lo osserva con gli occhi verdi e grandi e Dante ci trova qualcosa di familiare in loro, come se li avesse già visti.

Sulla punta della sua lingua si forma un nome.

– Eleonora? – pronuncia e Lucia sussulta.

– Che ne sai tu di Eleonora? – sbotta. Il ragazzo risponde all'occhiata curiosa di lei con una confusa.

Chi è Eleonora?

– Hai la faccia da Eleonora – dice come per giustificarsi, una sensazione amara che parte dallo stomaco gli raggiunge la bocca. Un paio di occhi più chiari e capelli più scuri, un viso simile ma meno spigoloso.

 E io che aspetto ho?
–  Tu sei... luminosa.

La ragazza sorride.

 Quindi sono una brava persona? – domanda, e sembra improvvisamente triste.

Sì – ribatte lui sicuro. Lei sorride e gli lascia una carezza sul viso.

Sai, non credo che tu possa davvero vedere quello che le persone si portano dentro.

 Perché dici questo?

Perché io non dovrei essere luminosa, Dante. Non dovrei nemmeno essere viva.

 Ele –  richiama lui, ma lei sorride ancora e si china per dargli un bacio sulla fronte.

Sei troppo buono. Ti farai male.

Un altro bacio sulla guancia e uno sulle labbra.

È salato, pensa Dante. Sa di lacrime.

 Le persone buone si fanno sempre male.

OblioOù les histoires vivent. Découvrez maintenant