Lo sbocciare dell'amore

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Ebbe appena il tempo d'incrociare il suo sguardo, che lo vide sparire. In un attimo il terrore prese possesso di lei, attanagliandole il petto e mozzandole il fiato.

Tutto ciò che era successo nelle segrete la sera del suo grande debutto sembrava essere sparito nel vedere quella scena orripilante. In quel momento riusciva a vedere solo il mostro dietro la maschera e non l'uomo di cui lui le aveva parlato. Aveva ucciso una persona.

In un attimo un'altra enorme paura le inondò il cuore. Se era disposto a uccidere chi lo intralciava e allo stesso tempo la pretendeva come sua, allora voleva dire che c'era qualcun altro in pericolo.

Corse via, con una parte del vestito di scena che ancora stava indossando, afferrando al volo una cappa rossa a pois neri, da una schiera di abiti da scena che si trovavano lì vicino. Doveva trovare Nathaniel, doveva trovarlo prima che lo trovasse lui e lo uccidesse.

Per sua fortuna il rosso aveva avuto la sua stessa idea, abbandonando il palco numero cinque e raggiungendo i dietro le quinte, incrociandosi con lei all'ingresso dei camerini.

«Marinette... Per fortuna stai bene.» disse con un sospiro il ragazzo.

«Dobbiamo andare via Nathaniel, non sei al sicuro qui!» esclamò lei, afferrandogli la mano e cominciando a salire le scale a chiocciola che portavano ai piani superiori del teatro.

«Marinette dove stiamo andando?» domandò il ragazzo confuso, stando attento a non inciampare per le scale, mentre entrambi correvano sempre più in alto.

«In un posto che conosco solo io...» cominciò a dire, rendendosi conto subito dopo che non era affatto così. Quello dove lo stava portando era il luogo dove lei si esercitava nel canto, ciò voleva dire che lui conosceva bene quel posto: stava portando Nathaniel verso quello che probabilmente sarebbe stato il suo aguzzino. Eppure le sue gambe, sembravano non volerne sapere di fermarsi, per darle il tempo di ragionare; quasi come se il suo istinto le dicesse di andare comunque lì.

«Marinette per favore, fermati un attimo.» cercò di dirle lui.

«Ti ucciderà se non fuggiamo!» fece lei, finendo di salire e percorrendo una passerella in legno che portava a un'altra zona del teatro.

«Mi... Mi ucciderà?! Di chi stai parlando?» domandò il ragazzo, la sua voce ora appariva leggermente impaurita e confusa.

Lei però non sembrava ascoltarlo. Riusciva solo a percepire quella maledetta ansia che le attanagliava il petto. Ripensava alla notte passata nelle segrete, a come l'aveva ammaliata e l'aveva fatta sua e non riusciva più a comprendere cosa fosse vero e cosa no. Si rese conto che non stava cercando di salvare il suo amore d'infanzia, ma lei. La paura di essere braccata da lui, ora la spaventava; la spaventava l'idea che se l'avesse rivisto si sarebbe fatta nuovamente ingannare da quella passione morbosa che lui le provocava, facendola cadere in un baratro di oscurità da cui non sarebbe più risalita.

«Il Fantasma dell'Opera...» rispose con un soffio, prima di aprire la porta che dava sul tetto del maestoso edificio.

Leggera neve cadeva sulle strade di Parigi, già coperte da un leggero manto bianco, ma nemmeno quello spettacolo placido e rasserenante, riuscì a darle pace al cuore.

«Fan... Marinette, non c'è nessun fantasma...» cercò di dire il Visconte, avvicinandosi a lei e prendendola per le spalle.

«Nathaniel, io l'ho visto. – fece lei con una punta di terrore nella voce – Sono stata là sotto con lui, in quel mondo di tenebre e oscurità. Io sono...» non riuscì a dire altro, non voleva rivelare quello che era accaduto lì: né il fatto di essersi conceduta per la prima volta a lui, né quello di aver visto per un attimo ciò che celava la maschera.

My Angel of MusicWhere stories live. Discover now