Capitolo 59

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Alla fine ho ceduto.
Sono crollata in pochi minuti, ma prima di farlo ho sentito qualcosa di soffice e caldo essere posato sul mio corpo.

Sono sveglia da poco, punto lo sguardo su Jordan che sta smanettando al cellulare e non si è ancora accorto di me. Mi prendo qualche secondo per guadarlo, per godermi la vista dell'unica persona con la quale vorrei passare tutta la mia vita.
Poi punto gli occhi sulle mie scarpe, afflitta dalla valanga di pensieri che ruotano attorno al nostro rapporto.
"So che sei sveglia", sobbalzo, posa il telefono al suo fianco e si sporge nella mia direzione poggiando i gomiti sulle sue ginocchia.
"Da poco", replico agitandomi sul posto. Non so come comportarmi e per quanto sia tentata di gettarmi fra le sue braccia, non lo farò. Devo resistere. Solo così riuscirò a restare lucida e fargli capire che non ho nessuna intenzione di accettare questa condizione.
"Lo so", sospira passandosi una mano fra i capelli. La mia freddezza non gli è sfuggita ed è meglio così.
Voglio che lo capisca. "Vuoi qualcosa da bere?"
"Un bicchiere d'acqua", provo a darmi una sistemata, ho perso la cognizione del tempo ma non credo manchi ancora molto alla nostra destinazione.
Si alza raggiungendo un piccolo angolo bar, che poi tanto piccolo non è. Prende un bicchiere d'acqua per me mentre per lui qualcosa di alcolico che non saprei definire.
"Grazie", le nostre dita si sfiorano, ho un fremito.
"Siamo quasi arrivati", replica portando alle labbra il suo bicchiere.
"Dove dormirò?" La domanda mi esce spontanea, e mi rendo conto solo ora con quanta facilità io abbia accettato questo viaggio senza prima informarmi di nulla.
È assurdo.
"Staremo in un albergo". Ci guardiamo e per quanto questi sguardi dicano altro, la mia mente mi costringe a pensarla in modo diverso.
"Se possibile, vorrei dormire in un'altra stanza".
"Come vuoi", pressa le labbra fra loro, non sembra affatto contento della mia proposta mentre stringe forte quel bicchiere fra le sue mani.
"E non arrabbiarti", sgancio la mia cintura e mi alzo. Ho bisogno di camminare e in questo jet ne ho tutte le possibilità.
"Non lo sono", allunga le gambe poggiando i piedi sul posto dove ero seduta io pochi attimi prima. "Non ho mai detto che avrei voluto condividere il mio letto con te in questo viaggio", ammicca facendomi salire il nervoso.
"Già, non l'hai mai detto". Sembra di essere tornati indietro di qualche tempo, con la differenza che ora non è solo lui quello antipatico, ma anch'io. "Non sarebbe molto rispettoso nei confronti della tua..."
"L'unica cosa mia sei tu", sbotta alzandosi e camminando nella mia direzione. Sono senza parole quando me lo ritrovo a mezzo centimetro da me. Con due dita solleva il mio mento, i suoi occhi mi fissano in un modo tale da farmi tremare le gambe. "E comunque mi dispiace, ma l'albergo dove staremo non ha più stanze disponibili. Un po' di pazienza", scrolla le spalle. "Sono sicuro che tu ne abbia tanta", aggiunge mordendosi le labbra.
"Signor Prince, mi scusi", ci allontaniamo di scatto quando un uomo esce dalla cabina di comando. "Stiamo per atterrare, dovreste allacciare le cinture".
"Subito", replica Jordan continuando a guadare me. Lo sorpasso tornando al mio posto. Sarà difficile, molto difficile.

Quando tocco terra con i piedi mi gira la testa. Non ho un buon rapporto con questi affari volanti, ma sono sicura che la causa del mio scombussolamento sia dovuto anche ad altro. Un auto dai vetri oscurati ci aspetta sul fondo della pista, e ancora una volta Jordan sfila la mia valigia dalle mie mani.
Rilascio un respiro tremolante quando stavolta è lui a sorpassarmi e, ad ignorarmi.
"Buonasera", saluto l'uomo alla guida che in cambio fa un cenno col capo. Jordan neppure lo saluta e quando si siede al mio fianco, troppo al mio fianco, spero che questo viaggio in auto duri il meno possibile. Fisso la strada, non sono mai stata ad Orlando, in realtà non sono mai stata in nessun posto troppo distante da Seattle. È tutto così nuovo per me, tutto incredibilmente bello e sapere di vedere queste cose con lui per la prima volta le rende ancora migliori.
Perché a prescindere da tutto, per me Jordan resterà sempre Jordan.
"Non ti è ancora tornata la voce?" Volto il capo nella sua direzione notando che mi stava già guardando.
"Stavo pensando", sussurro torturando le mie mani fra loro. Sapere che dormiremo nella stessa stanza mi agita e non poco.
"A cosa?" Per quanto cerchi di mascherarlo dietro quello sguardo da duro, so che questa situazione non lascia indifferente nemmeno lui.
Posso solo immaginare il peso che porta sulle spalle per qualcosa di cui purtroppo so davvero poco. Troppo poco.
"Che non ero mai stata qui", porto di nuovo lo sguardo sulla strada. Non è facile reggere il suo, così insistente, profondo e pieno di qualcosa che non vedovo da tempo.
"Preferisco Seattle", borbotta nell'esatto momento in cui l'auto posteggia ai piedi di un hotel dall'aspetto eccessivamente lussuoso, e mi chiedo come mai questi uomini che lavorano per lui, non abbiano riferito alla sua "futura moglie" la mia presenza durante questo viaggio.
Apre la portiera e non mi sarei di certo aspettata che corresse dal mio lato per aprire la mia.
Sorrido al di fuori di ogni mio controllo e vedo fare lo stesso anche a lui nonostante cerchi di mascherarlo.
"Tanto dormo sul pavimento lo stesso", sento i suoi occhi bruciare la mia schiena quando avanzo di qualche passo.
"Fossi in te non sarei così spavalda, il marmo è freddo", ancora una volta prende la mia valigia, poi mi invita a seguirlo dentro, dove purtroppo iniziano già i primi problemi.
"Signor Prince, la stavamo asp...", un uomo alto, con indosso una divisa molto elegante guarda Jordan, pronto ad accoglierlo nel migliore di modi, eppure qualcosa nel suo tono cambia quando vede me.
"La mia stanza?" Sbotta Jordan poggiando una mano sulla mia spalla, mentre io abbasso lo sguardo sulle mie scarpe troppo rovinate per calcare un pavimento così pregiato.
"S-si, subito", balbetta avvicinandosi al suo computer. "Suo padre aveva prenotato una singola per lei, ma..."
"La sostituisca con una matrimoniale", stringe la presa sulla mia valigia mentre con l'altra mano mi avvicina sempre di più a se. In un'altra occasione ne avrei approfittato per chiedere un'altra stanza, ora mi sento troppo umiliata per parlare.
So bene cosa sta pensando quell'uomo in questo momento.
"S-si, ecco. Questa è la chiave", Jordan gliela strappa letteralmente da mano. "Vuole che impostiamo una sveglia per domani?"
"No, e preferirei non essere disturbato per le pulizie", aggiunge lasciando scendere la sua mano lungo il mio braccio, fino a raggiungere la mia.
"Come desidera", accenna un sorriso che di sincero ha ben poco. "Cena in camera o..."
"In camera".
"Certo, quando è pronto...quando siete pronti non esitate a contattarmi".
Non riceve risposta mentre ci allontaniamo per prendere l'ascensore.
"È solo un coglione, domani parlerò con il suo capo". Le porte dell'ascensore si chiudono ed io avrei preferito che lui non aprisse questo argomento proprio qui dentro.
"Non è necessario", fisso i numeri alla mia destra. "È normale che si aspettasse altro".
"No, non è normale", sbotta, "e in ogni caso non avrebbe dovuto guadarti in quel modo".
"Saresti dovuto venire con Sophia qui?"
"No", sento le sue mani sui miei fianchi, mi volta nella sua direzione poi alza il mio mento con due dita. "Nemmeno per sogno, avevo fatto prenotare una camera singola".
"Ah, si...è vero", provo a spostarmi ma non me lo permette. Poi le porte si aprono ed io rilascio un sospiro di sollievo.
Sembra una situazione già vissuta, non è il nostro primo viaggio  insieme, ci penso e mi scappa un sorriso.
"E ora?" Si ferma davanti a una porta, la 504. "A cosa stai pensando?"
"Al nostro primo viaggio", non riesco a mentirgli, e quando il suo sorriso illumina il suo viso penso di aver fatto la cosa giusta. "Sembra una vita fa".
"È stato bellissimo", ci guardiamo, poi allunga una mano sul mio viso che sfiora delicatamente.
"Già", abbasso lo sguardo, lo sento sospirare poco prima di aprire quella porta oltre la quale non so cosa potrebbe succedere.
Non mi perdo nei dettagli, le sue spalle mi distraggono mentre toglie la sua giacca e la getta sulla poltrona. Faccio lo stesso anch'io prima che il mio sguardo cada sul letto matrimoniale alla mia destra.
Ritrovo i suoi occhi su di me, ma non diciamo nulla.
"Cosa preferisco mangiare?"
"Va bene qualunque cosa", sussurro prendendo un lungo respiro. "Vado...vado al bagno", annuisce e sto attenta a non sfioralo quando posso al suo fianco.
Chiudo la porta alle mie spalle, non avevo idea di aver trattenuto il respiro per tutto questo tempo.
Ho il cuore che batte a mille, ho desiderato per troppo tempo di poter passare dei giorni da sola con lui. Ora, invece, ho paura che sia solo un sogno o l'inizio della fine.
Jordan ha detto di voler passare questi giorni con me, di aver bisogno di me. Ma dopo?
È il dopo a preoccuparmi, quello non sono ancora in grado di affrontalo.
Sento la sua voce mentre ordina al telefono qualcosa da mangiare. Rilascio un lungo respiro prima di allontanarmi da quella porta e usare il bagno.

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