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Alice

«Grazie per la bella serata», mi rivolgo al ragazzo seduto vicino a me nell'auto che ci sta portando verso il mio hotel. Edoardo ha insistito per accompagnarmi e io ho colto l'occasione per stare ancora un po' con lui perché vorrei che questa serata non finisse mai. Ho le farfalle allo stomaco e un senso di pura felicità mi pervade: non posso che dirmi stupita dalla complicità che si è creata tra noi e io credo di aver abbassato un po' la guardia nei suoi confronti, soprattutto dopo aver conosciuto la bellezza della sua anima. Perché Edoardo è questo: una bella anima. È gentile, attento, premuroso e divertente; sta vincendo pian piano sulla mia ritrosia e sono felice che non abbia gettato la spugna nonostante il mio comportamento.

Si stringe nelle spalle e mi scocca un sorriso sghembo, «Grazie a te per aver accettato di uscire con me». Le farfalle alla bocca dello stomaco di poco prima si sono trasformate in un nugolo di vespe che sta attaccando il mio stomaco e le mie guance si tingono irrimediabilmente di rosso quando si avvicina per sistemarmi una ciocca dietro al mio orecchio, accennando poi una carezza al lobo. Il cuore mi pulsa nella cassa toracica mentre questo suo gesto mi riporta sotto alla luce tenue della giostra, quando stava per baciarmi con quelle belle labbra rosse che ha. Non desideravo altro, volevo che mi baciasse con tutte le cellule del mio corpo, bramavo il contatto con le sue labbra, cosa che non mi ha stupito ben poco dal momento che nemmeno un'ora prima mi ero ritratta quando aveva provato ad afferrarmi la mano. Eppure, in quel momento, sotto quella luce che faceva brillare quei suoi occhi incredibilmente verdi, l'idea che posasse le labbra sulle mie mi era sembrata non solo giusta, ma anche necessaria. Il calore del suo corpo appoggiato al mio era confortante e piacevole. Mi sentivo nel posto giusto al momento giusto, non provavo imbarazzo o disagio alla sua vicinanza, come invece mi succede con tutte quelle persone con cui non ho legami stretti.

Persa tra questi pensieri, lascio vagare il mio sguardo sul suo bel viso e l'ombra di un sorriso fa capolino sulle sue labbra. I suoi occhi verdi mi scrutano attenti, «A cosa pensi?», chiede in un sussurro quasi come volesse evitare che delle parole pronunciate a voce troppo alta potessero disturbarmi.

Avvampo al suono del tuo timbro caldo e profondo. A discapito di quello che mi ha detto a cena, è un attento lettore, percepisce i miei cambiamenti d'umore e sembra che riesca a cogliere in parte i miei pensieri. Balbetto invano qualche parola, troppo imbarazzata dalla piega che hanno appena preso. «Oh, niente... cioè stavo pensando a Sacré-Cœur e alla vista e...». Cerco invano una scusa, ma credo che Edoardo abbia capito benissimo a cosa stessi pensando perché una scintilla di malizia gli illumina lo sguardo, ma non dice niente che possa mettermi in imbarazzo, anzi mi sorride gentile.

«Già, la vista era meravigliosa», dice con una sicurezza tale che mi toglie il fiato non distogliendo mai i suoi occhi chiari dalle mie iridi scure. Sento la pelle d'oca formarsi sulle braccia, un piacevole calore risale lungo la spina dorsale e sento l'aria intorno a me crepitare come se stesse scorrendo dell'elettricità tra di noi in questo momento.

«Nous sommes arrivés», si schiarisce la gola, Jacques, l'autista, interrompendo la magia che si era creata e facendomi distogliere lo sguardo imbarazzata. Edoardo si schiarisce la gola e si passa una mano tra i capelli prima di scendere dalla macchina e aprirmi la portiera; mi tende una mano per aiutarmi a uscire e sento il suo pollice sfiorarmi leggero il dorso della mano. Sento quel lembo di pelle ardere al suo tocco mentre continua la sua dolce carezza accompagnandomi fino all'ingresso dell'albergo.

Istintivamente alzo lo sguardo e vedo che la luce della mia camera è accesa. Scuoto la testa, aguzzo la vista e vedo la sagoma di Aurora che sbircia dietro alla finestra.

Ovviamente! Come non avrebbe potuto sbirciare?

Alzo gli occhi al cielo e sbuffo una risata. Edoardo mi rivolge uno sguardo interrogativo alzando un sopracciglio. Gli indico la finestra sopra la nostra testa, «Quell'impicciona di Aurora ci sta spiando dalla finestra. Scommetto che è stata lì appostata per tutta la sera».

IncipitWhere stories live. Discover now