27.

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Alice

«Pronto?».

La voce calda di Edoardo mi arriva alle orecchie provocandomi come al solito la pelle d'oca, ma prima che possa dire qualcosa ne sento un'altra dall'altra parte del telefono, «Sesso telefonico, dacci dentro Ed» e subito dopo un'imprecazione sussurrata da parte del ragazzo al telefono con me.

Scoppio a ridere, «Disturbo?», gli chiedo pinzando il labbro inferiore tra i denti. Credo che la voce alle spalle di Edoardo sia quella del suo coinquilino Matteo, che sembra un tipo molto simpatico e alquanto bizzarro da quel che ho potuto vedere quel pomeriggio in lavanderia e da quello che mi ha raccontato in una delle telefonate che ci siamo scambiati in questi giorni.

Lo sento sospirare esasperato e allontanare un po' il telefono da sé, «Piantala!», minaccia sibilando le singole lettere. Sento poi un trambusto e una porta che si accosta, prima di sentire di nuovo vicina la voce di Edoardo, «Assolutamente no, Ali. Non disturbi mai», dice solenne, completamente sicuro dei quello che ha appena detto. Alle sue parole, sorrido istintivamente e una piacevole morsa mi stringe lo stomaco. Rimango sempre colpita dalla sua sicurezza nel parlarmi, sembra sempre così certo di quello che mi dice e questa cosa mi sta pian piano facendo abbassare la guardia. Anziché terrorizzarmi, mi fa sentire felice e spensierata, come poche volte mi capita.

«E ti chiedo scusa per quello che hai sentito, era ovviamente Matteo», puntualizza, come se fosse necessario. Lo immagino mentre alza gli occhi al cielo e si passa nervosamente una mano tra i capelli, come ho notato che capita ogni volta che è esasperato o stressato da una situazione. Sorrido istintivamente mentre cambia discorso, «Come stai? Sei arrivata a casa?», mi chiede interessato. Come tutte le volte che ci siamo sentiti, anche adesso si premura di chiedermi come sto, se va tutto bene e poi mi domanda di raccontargli la mia giornata, senza lasciarmi il tempo di chiedere a lui come sta o sapere quello che ha fatto. Solo una volta che si è accertato che è tutto a posto, mi lascia la possibilità di domandargli a mia volta della sua giornata.

«Sì, sono a casa e il viaggio è andato bene», gli rispondo mentre accarezzo distrattamente la mia gatta, che mi ripaga con una buona dose di fusa. Da quando ho messo piede in casa qualche ora fa, non mi ha lasciata nemmeno un attimo, nemmeno adesso che sono sul divano, avvolta in una coperta spessa sulla quale ha pensato bene di schiacciare un pisolino.

«Tu sei tornato da Parigi, vero?», gli chiedo di rimando e lui mi informa di essere arrivato da poco a Milano, che ha trovato Matteo ai fornelli e che, stranamente, non ha dato fuoco a nessuna parte della casa, come, a quanto pare, è già successo. La sua voce profonda mi risuona nelle orecchie mentre mi racconta del viaggio di ritorno in cui Max non ha fatto altro che ripetergli i compiti che ha da svolgere per il servizio di Dior che uscirà appena dopo la Befana.

«Prevedo già di passare il Natale a editare fotografie», sbuffa. «Spero di riuscire almeno a mangiare una fetta di panettone! Probabilmente Max mi chiamerà anche quel giorno», ride poi aggiungendo che potrebbe essere più che plausibile vista la pignoleria del suo capo. Amo la risata di Edoardo, non solo per il suono armonioso che produce, ma anche per il fatto che mette in risalto le sue bellissime labbra e in mostra il suo straordinario sorriso; e poi, diciamoci la verità, è in grado di mettermi immediatamente di buon umore.

«Spero almeno di avere qualche ora di tempo libero a Capodanno», continua speranzoso. «Sai vorrei...», aggiunge poi, ma lo fermo prima che possa parlare, sicura della decisione che ho preso prima di partire da Milano. 

«A proposito di Capodanno. Sai, sempre che tu non abbia già organizzato altro, oppure che tu non voglia. Sai, lo capirei nel caso...», inizio a blaterare a ruota libera mangiandomi la metà delle parole.

IncipitWhere stories live. Discover now