48.

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Edoardo

Sto uscendo finalmente dalla Scala, fortunatamente io e Max abbiamo finito il lavoro prima del previsto e quindi possiamo rientrare a casa a un orario decente. Dopo aver recuperato le mie cose dalla stanza che ci avevano affidato e aver salutato Max – che mi ha ricordato per la miliardesima volta di essere puntuale in ufficio domani –, esco nella fredda sera di gennaio, ma delle voci mi fanno fermare sul posto.

Mi rendo subito conto a chi appartengano e mi stupisco che una delle due sia di Alice perché credevo che ormai fosse a casa: l'autista mi scritto che avrebbe voluto tornare a casa in metropolitana, ma ho insistito affinché la convincesse a tornare insieme a lui dal momento che non volevo che girasse da sola per Milano la sera e soprattutto con quel vestito addosso.

Dio quel vestito... se solo ci ripenso il sangue mi ribolle nelle vene e tutta l'eccitazione di poco fa torna prepotente ad agitarsi in me.

Scuoto la testa e prendo un respiro profondo, focalizzando nuovamente l'attenzione sulle voci poco distanti da me e la cosa che mi urta di più è che l'altra appartenga alla mia ex: un brivido di fastidio si propaga lungo la mia spina dorsale soprattutto appena mi concentro sulle sue parole. «Edoardo si renderà conto prima o poi che tu non vali poi così tanto la pena», fa una pausa. «E poi diciamocelo in tutta sincerità: mi hai vista? Chiunque sceglierebbe me, tra noi due».

Alice resta un attimo in silenzio, forse un po' troppo, tanto che mi sporgo leggermente dal mio nascondiglio per vedere il suo viso e la sua reazione: la sua postura è rigida, ha i pugni contratti e sembra per un attimo avere lo sguardo perso tanto che sto per raggiungerla e confortarla, ma quando sto per farlo la vedo scuotere la testa e rilasciare un sospiro.

«È questo quello che ti ripeti tutte le sere prima di andare a dormire?», alza lo sguardo verso la mia ex con aria decisa. «Perché mentre tu pensi a queste cose, io sono tra le braccia del ragazzo che speri tanto che possa tornare con te. Sono mie le labbra che bacia, è mia la pelle che le sue mani toccano, è il mio nome quello che pronuncia tra i sospiri, Virginia», prende fiato. «Non ci sei tu, mai».

Un'ondata di orgoglio si abbatte su di me e un ampio sorriso si apre sulle mie labbra: sono così felice che le abbia tenuto testa e le abbia rivolto quelle parole perché questo implica che abbia capito che ormai lei sia più che importante per me, che ormai è lei la ragione dei miei sorrisi e che è l'unica che voglio.

Se poi devo dirla tutta, non sono poi nemmeno d'accordo con le parole di Virginia e con la sua non poi così velata supposizione che sia più bella di Alice perché non potrebbe essere più lontana dalla realtà: nonostante Virginia sia indubbiamente molto bella – devo ammetterlo – Alice non le è da meno dal punto di vista puramente estetico, quindi la frecciatina che le ha rivolto prima è decisamente priva di senso.

La risposta piccata e del tutto veritiera di Alice però non sembra far piacere a Virginia perché, dopo un attimo di silenzio, scoppia a ridere, «Oh, tesoro», la riprende con tono accondiscendente, come se stesse parlando a una bambina di cinque anni. «Continua pure a raccontarti questa filastrocca, se ti fa sentire meglio, ma sappiamo entrambe quale sarà il finale».

A questa ennesima dimostrazione di supponenza di Virginia decido che ne ho abbastanza e raggiungo le due ragazze: Alice è di spalle quindi non mi vede a differenza di Virginia che al suono della mia voce alza il viso nella mia direzione e io in risposta alzo un sopracciglio rivolgendole uno sguardo loquace, «Certo che lo sappiamo: è scontato».

Cingo la vita di Alice facendola voltare nella mia direzione: non le lascio nemmeno il tempo di realizzare quello che sto facendo perché la bacio immediatamente muovendo la mia bocca sulla sua in maniera famelica.

IncipitOnde histórias criam vida. Descubra agora