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Alice

Le porte dell'ascensore di casa si aprono davanti a me rivelando la porta di ingresso, frugo nello zaino alla ricerca delle chiavi. Sono finalmente arrivata a Milano dopo un viaggio lunghissimo in treno, la cui ultima parte me la sono dovuta fare da sola visto che Aurora è scesa a Torino mentre io ho proseguito fino a qui. Ci siamo salutate con un abbraccio, promettendoci di vederci per Capodanno, prima che lei parta per Parigi. Mi ha anche "caldamente esortato", per non dire minacciato, di informala sui futuri sviluppi con Edoardo: mi ha corrotto con i macarons, di nuovo, mannaggia a me. Finalmente sento sotto le dita il portachiavi a forma di Pikachu, tiro fuori le chiavi e le inserisco nella toppa, ma la porta si spalanca ancora prima che io riesca a fare un giro di chiave. Arianna ha una mano sulla maniglia e nell'altra tiene un cioccolatino a forma di cuore, i suoi lunghi capelli ricci sono bagnati e lasciati sciolti lungo le spalle, è avvolta da un lungo accappatoio arancione, segno che è appena uscita dalla doccia. Ci guardiamo per un attimo e i miei occhi si posano alternatamente tra il suo viso e il cioccolatino che tiene in mano. Lascio cadere a terra lo zaino, mollo la presa dal manico della valigia e la stringo in un abbraccio.

«Ali, mi dispiace per le parole della settimana scorsa, non avrei dovuto essere così dura. Non che non pensi quello che ti ho detto, ma sono stata una stronza. Non avrei dovuto usare toni così pungenti». Mi stringo più forte a lei e le ciocche umide dei suoi capelli mi bagnano il viso, «Non fa niente, Ari. Avevi tutte le ragioni per arrabbiarti, soprattutto dopo la scenata che ho fatto». Lei si discosta appena e mi rivolge un sorriso, dopo avermi osservata per qualche secondo. Quando capisce che le mie parole sono sincere e che qualsiasi incomprensione può esserci stata tra di noi è passata, mi trascina in casa e mi fa fare una giravolta. Scoppio a ridere e vedo sbucare dal corridoio le teste di Marta e Chiara che, vedendo la scenetta, non ci pensano un secondo ad aggiungersi all'abbraccio.

«Siamo perdonate?», mi chiede Marta guardandomi di sottecchi. Faccio finta di pensarci un po' portandomi l'indice alle labbra picchiettandole e lei assume un'espressione contrita, «Mmm, non saprei. Dipende da quanto è buono il cioccolatino», la canzono e lei, offesa, mi dà uno schiaffetto sul braccio. Le sorrido sincera e mi dirigo verso camera mia per iniziare a disfare la valigia e dopo aver sistemato i vestiti e messo su una lavatrice, ci ritroviamo tutte sedute in salotto sui due divani gialli, la televisione è accesa ma il volume è al minimo. Mi siedo accanto a Chiara che mi chiede come sono stati questi pochi giorni a Parigi. Arianna e Marta posano i rispettivi libri di studio sul tavolino nero posto di fronte al divano e mi guardano attente aspettando che inizi a parlare.

«Bene, Aurora ha ottenuto lo stage», le informo e vedo i volti delle mie amiche aprirsi in un sorriso felice.

«Lo sapevo», asserisce Arianna e Marta annuisce dandole ragione. Racconto loro del set dove ha fatto il colloquio e di come in tutto quel caos la mia amica bionda abbia tenuto i nervi saldi e sia riuscita a ottenere il posto, ma il mio racconto non dura a lungo perché Chiara mi interrompe bruscamente guardandomi stralunata.

«Cioè TU», dice puntandomi un indice contro. «Tu sei stata sul set di Dior, così come se niente fosse?», tuona sistemandosi gli occhiali sul naso. Mi affretto ad annuire e lei sbuffa una risata, «Che culo! Avrai visto i nuovi abiti per la collezione primavera estate e sicuramente non te ne sarà fregato!», dice d'un fiato per poi piantare i suoi occhi addosso a me. «Aah, ti odio», mi spintona scherzosamente facendomi cadere sul bordo del divano.

Alzo gli occhi al cielo, «Esagerata». Chiara ha una devozione per quella casa di moda, anzi no devozione è troppo riduttivo, forse ossessione rende meglio l'idea. Segue tutti i profili immaginabili ed è sempre super informata sulle nuove uscite. L'ultima volta che abbiamo fatto una passeggiata per il centro e siamo passate per Via Montenapoleone siamo state costrette a trascinarla, letteralmente, per una manica del cappotto perché stava sbavando sulla vetrina del negozio. Il bodyguard all'ingresso stava per chiamare la polizia per disturbo della quiete pubblica.

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