Capitolo due - prima parte

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(Quando vedete le parole italiane in corsivo, è perché loro stanno parlando italiano in quel momento.)








Roma.

'Ovunque tu vada, quel posto diventa in qualche modo parte di te.' – Anita Desai






Harry si svegliò di soprassalto quando qualcuno tirò fuori l'auricolare dal suo orecchio sinistro e gli sussurrò un "Harry, siamo arrivati."
Il giovane ansimò e girò la testa, trovando Louis che sorrideva in modo colpevole mentre teneva l'auricolare mancante tra le dita.
"Gesù. Mi hai spaventato," mormorò Harry, lasciando che la sua testa battesse all'indietro contro il morbido poggiatesta.
"Ti ho chiamato qualcosa come, cinque volte," replicò Louis, restituendogli con attenzione l'auricolare, che stava ancora suonando gli Avett Brothers. "Avevo dimenticato quanto dormiglione fossi."
Harry si spostò sul sedile per afferrare il telefono, il quale gli era caduto accanto alla coscia, per poter spegnere la musica.
"Non volevo addormentarmi," ammise Harry. Aveva intenzione di utilizzare quelle due ore e mezza di volo fino a Roma per poter parlare con Louis e aggiornarsi sulla sua vita.
Roma.
"Hai detto che siamo arrivati?" Chiese Harry, sbirciando verso il lato di Louis per guardare fuori dal finestrino.
"Sì. Hai dormito molto e per quasi tutto l'atterraggio." Sorrise.
Harry si girò di nuovo verso Louis. "Scusa. Volevo parlare con te, sai, per aggiornarci e tutto il resto..."
Louis ridacchiò. "Ehi, va tutto bene, Harry. Abbiamo due settimane per poterci aggiornare, giusto? Parliamo più tardi."
"Giusto," disse Harry con un debole sorriso. "Più tardi."
La voce del capitano emerse dagli altoparlanti per annunciare che era mezzogiorno a Roma e c'erano diciotto gradi centigradi fuori. Harry sbirciò fuori dal finestrino della cabina per vedere il sole fare capolino da dietro un gruppo di nuvole. Recuperò un paio di occhiali da sole dal suo bagaglio a mano, insieme al suo frasario italiano. Si voltò verso Louis, il quale lo stava fissando con curiosità.
"Che c'è?"
"Niente," disse Louis, scuotendo la testa. "Hai davvero pensato a tutto, vero?"
C'era una protesta sulla punta della lingua di Harry, ma poi il maggiore gli rivolse un sorriso affettuoso, ed il riccio si rese conto che era solo una presa in giro leggera. Quindi Harry sorrise e scrollò le spalle.
Quando l'assistente di volo diede ai passeggeri il permesso di scendere dall'aereo, Harry si alzò e appese gli occhiali da sole alla scollatura del maglione. Nonostante si sentisse ancora mezzo addormentato e stonato per il pisolino, Harry avvertì l'eccitazione sbocciare nella bocca dello stomaco. Rivolse un sorriso a Louis.
"Pronto?" Chiese.
Louis sorrise e annuì. "Pronto."
Harry annuì una volta, poi si girò in avanti per attraversare il corridoio ed uscire dall'aereo. Condusse Louis su una rampa verso la porta del terminal, quindi estrasse il telefono per controllare l'indirizzo dell'hotel.
"Allora, dove siamo diretti?" Chiese Louis, guardandolo.
"Vediamo," disse Harry, socchiudendo gli occhi per leggere meglio. "Il Boscolo Exedra Roma." Alzò gli occhi e scrollò le spalle. "Vuoi prendere un taxi?"
Louis acconsentì e insieme seguirono i cartelli con la scritta 'Uscita' per uscire dal terminal e prendere i bagagli. Quando attraversarono l'atrio affollato, videro una fila di taxi vuoti che aspettavano fuori sul marciapiede. Louis ne scelse uno e Harry ripeté la posizione dell'hotel al taxista.
"Va bene," rispose un uomo di mezza età con i capelli sale e pepe. "Andiamo." Li aiutò a caricare le valigie nel bagagliaio della macchina, e poi Louis ed Harry presero posto sul sedile posteriore.
Harry decisamente non ripensò ai tempi in cui aveva diviso un taxi verso casa insieme a Louis dopo le loro serate al pub, quando erano piacevolmente alticci e si scambiavano mille effusioni durante il viaggio. No. Estrasse il suo frasario italiano e cercò come si dicesse in italiano 'andare avanti.'
Vai avanti. Sì. Harry doveva andare avanti, doveva godersi quel viaggio in Europa ed evitare ulteriori flashback. Niente più ricordi imbarazzanti o inappropriati, grazie.
Grazie.
"Stai imparando qualcosa?" Chiese Louis, rompendo il silenzio che fino a quel momento era stato interrotto solo dall'autista che canticchiava 'Back to Black' di Amy Winehouse.
Harry alzò lo sguardo per incontrare gli inquisitori occhi blu di Louis e sorrise. "Finora sì. Chiedimi qualcosa che vorresti dire."
"Hmm..." rifletté Louis. "Che ne dici di 'Posso avere una tazza di tè?'"
Harry sfogliò il frasario per un momento. "Vediamo. Okay, eccolo qui: Posso avere una tazza di te?"*
"Che mi dici di 'Quanto costa?'" Continuò Louis.
"Okay," disse Harry, cercando la sezione delle frasi più comunemente usate. "È 'Quanto costa.' Perché? Stai pensando di fare un sacco di acquisti?"
Louis scosse la testa ma sorrise. "Nah. Le mie sorelle vogliono autentiche borse italiane, però. Ed entrambi sappiamo quanto tu sia fissato con le scarpe, quindi ho pensato che sarebbe stato utile saperlo."
"Scusami, ma non compro un paio di scarpe da mesi," replicò Harry con finto oltraggio. Il suo sorriso però lo tradì.
"Ma hai sicuramente adocchiato qualcosa nelle vetrine," rispose Louis fiducioso. "E scommetto che stai risparmiando per comprare più cose in una volta."
"Beh," borbottò Harry, arricciando il naso. "Sì, sto risparmiando dei soldi, ma non per quello che pensi tu. E non scommetto con te - non che tu abbia ragione."
Louis ridacchiò. "Giusto, giusto. Come dici tu."
Punzecchiarsi e prendersi in giro tra di loro era così facile e naturale, che era come se non fosse passato così tanto tempo dall'ultima volta in cui avevano veramente parlato. Harry allora ripeté il suo mantra che aveva coniato a Londra.
Louis non è l'amore della tua vita. Ma puoi ancora essere suo amico.
Guardò fuori dalla finestra il cambiamento di scenario. Passarono da un paesaggio rurale a uno più urbano. Il traffico divenne più fitto quando si avvicinarono al centro storico di Roma, e il tassista cominciò a borbottare sottovoce.
"Piazza della Repubblica. Dio mio." E poi si rivolse a Louis e Harry, aggiungendo. "Siamo quasi arrivati."
Harry colse l'espressione di Louis con la coda dell'occhio, e si scambiarono un sorriso divertito.
"Grazie," rispose Louis all'autista.
Harry  le vibrazioni sotto i suoi piedi nel momento in cui il taxi svoltò in una strada acciottolata. La piazza dove era situato il loro hotel presentava una fontana nel mezzo, mentre macchine e taxi sfrecciavano a cerchio attorno ad essa.
"Ecco," disse l'autista sollevato, avvicinandosi al marciapiede di un hotel dall'aspetto grandioso. "Eccoci qui."
Louis inarcò le sopracciglia, poi si girò verso Harry. "Oh mio Dio," disse, chiaramente impressionato.
Harry scrollò le spalle, cercando di comportarsi in modo disinvolto, ma sapeva di aver fallito perché nei suoi occhi c'era un'eccitazione palese. Scese dal taxi e guardò mentre l'autista scaricava i bagagli a tempo di record. Louis estrasse parte dei soldi che avevano cambiato all'aeroporto, contro ogni protesta di Harry, e pagò l'autista. Con un saluto e un 'Buona fortuna', l'uomo lanciò un'altra occhiata denigratoria al traffico che turbinava intorno a loro e salì in macchina.
"Fortuna," ripeté Louis, girandosi verso Harry mentre l'autista si immetteva nel traffico e sfrecciava via. "Cosa pensi che significhi?"
Harry resistette alla tentazione di cercarlo nel suo frasario, non volendo assomigliare ad un turista più di quanto non avesse già fatto. Invece, ci pensò su per un momento.
"Non saprei... forse 'fortuna', ma non ne abbiamo bisogno. Vedrai, sarà fantastico," replicò il riccio con fiducia. Quindi condusse Louis all'interno della hall dell'hotel.
E la sua mascella cadde prontamente.
"Dio mio," mormorò Harry. I suoi occhi scrutarono l'interno dell'hotel, spalancati per lo stupore.
L'atrio di forma ovale presentava elaborati dettagli di stile barocco intorno alle porte ad arco, lampadari di cristallo e un pavimento in marmo immacolato con intarsi dorati. Da un lato c'era un ampio banco di portineria, e dall'altra parte della stanza c'erano tavoli di vetro rotondi e sedie in mogano dettagliate disposte ad arte. Era tutto così luminoso e spazioso che Harry si sentì come se fosse entrato in una realtà parallela.
"Harry," sibilò Louis sottovoce, interrompendo i suoi pensieri.
Harry si girò verso di lui, e lo vide con gli occhi spalancati e un'espressione stupita, proprio come la sua. Si agitava nervosamente e giocava con le cinghie sfilacciate dello zaino.
"Hmm?" Chiese Harry.
"Harry, perché non mi hai avvertito del fatto che questo posto era così... così elegante? Sto indossando i miei jeans più vecchi. Ci manderanno fuori a calci!" Sussurrò Louis, scandagliando la lussuosa hall.
"Shh, no. Non lo faranno. Basta comportarci normalmente, come se appartenessimo a questo posto. Andiamo a chiedere le chiavi della stanza, okay?" Mormorò il riccio, cercando di placare l'ansia di Louis.
Il castano sospirò e chinò la testa, ma alla fine annuì. Harry quindi attraversò il pavimento di marmo lucido e si diresse verso il portiere. L'uomo dietro la scrivania, vestito con un abito blu scuro su misura, alzò gli occhi al suono dei passi che si avvicinavano e sorrise.
"Come posso aiutarti?" Disse in un accento inglese, sorridendo dolcemente.
"Salve!" Rispose Harry. "Check-in, per favore."
Il concierge alzò le sopracciglia verso Harry e Louis, probabilmente notando i loro abiti casual, ma non commentò. Invece, fece scivolare un libro rilegato in pelle sulla scrivania e chiese educatamente "Nome?"
"È uhm, Harry Styles," rispose Harry, cercando di sembrare più sicuro di quanto si sentisse.
Il portiere annuì e scrutò il libro aperto per cercare il nome. Poi alzò lo sguardo con un sorriso.
"Benvenuto, signor Styles," disse. "Ora le consegno le sue chiavi."
Harry lanciò un'occhiata verso Louis, il quale si stava mordicchiando nervosamente il labbro, come se si aspettasse ancora che qualcuno li scortasse fuori da un momento all'altro.
Quando il portiere tornò, aggiunse "Tutto è in ordine, signor Styles. Mi chiamo Flavio, e può contare sul mio aiuto durante il suo soggiorno."
Harry sorrise e accettò con cura un piccolo pacchetto contenente le chiavi. "Grazie. In realtà, uhm, tra poco abbiamo una riunione. Puoi dirci dove si terrà?"
Flavio increspò le labbra, poi tornò a guardare il suo libro. "Sunset Tours? Sì, si incontrano nella sala conferenze alle 14:00. Sarei felice di darvi le indicazioni."
Harry prese appunti mentali mentre Flavio li istruiva su come trovare la sala conferenze, e poi ringraziò il portiere.
"Benvenuti al Boscolo Exedra Roma," rispose Flavio. "Godetevi la permanenza."
Harry e Louis mormorarono dei ringraziamenti, poi si voltarono e si diressero verso un ascensore, trascinandosi dietro le valigie.
"Siamo dentro," sussurrò il riccio vittoriosamente all'orecchio di Louis mentre attraversavano l'immacolato pavimento di marmo. "Te l'avevo detto."
Louis ridacchiò quando raggiunsero l'ascensore e premette il pulsante 'su'. "Vero, lo avevi detto. Bravo, Styles."
"Grazie."
Quando le porte dell'ascensore si aprirono, entrarono e premettero il pulsante per il terzo piano. Harry armeggiò con la chiave mentre rifletteva sulla grandezza dell'hotel.
"Allora," disse, appoggiandosi alla parete. "Tutto sta andando meglio di quanto mi aspettassi."
Louis incontrò i suoi occhi e sorrise. "Non sto dicendo che mi aspettavo un ostello sporco e isolato dal resto della città..."
"Ehi!" Protestò Harry.
"...Ma questo supera onestamente le mie aspettative," concluse Louis ridendo.
L'ascensore si aprì con un 'ding' quando raggiunse il terzo piano, ed entrambi uscirono per ritrovarsi in un lussuoso corridoio con moquette. Per qualche motivo, Harry sentì il bisogno di sussurrare mentre informava Louis del numero della stanza. L'hotel era così imponente che non voleva intromettersi nel suo dignitoso silenzio, in qualche modo.
Percorsero il corridoio fino a raggiungere la stanza 312. Harry usò la chiave magnetica per aprire la porta con un click preciso, quindi varcò la soglia. Non riuscì a contenere lo stupore quando premette l'interruttore della luce.
La spaziosa camera presentava lo stesso stile barocco dell'atrio, le pareti erano coperte da una lussuosa carta da parati a strisce beige e crema che doveva essere costata più dell'affitto di Harry. Al centro si trovava un grande letto matrimoniale king size e di fronte ad esso c'erano due sedie dall'aspetto antico. Una grande TV a schermo piatto era appoggiata su un tavolo con ripiano in marmo accanto alle sedie e, dietro di essa, una finestra parzialmente coperta affacciava verso il centro storico della città sottostante.
Harry aveva paura di toccare qualsiasi cosa.
Non si rese conto di essersi fermato all'improvviso sulla soglia fino a quando Louis non andò a finire dritto contro la sua schiena con un leggero "oof."
"Harry, cosa-" iniziò a dire il castano, ma la sua voce si spense quando intravide la stanza. "Oh mio Dio."
"Sì," fu tutto ciò che Harry riuscì a rispondere, mentre faceva un passo all'interno della stanza. Fece poi scivolare con cura il suo bagaglio contro il muro di fronte al letto.
Letto. Singolare.
"Uhm, Harry," chiese Louis, avvicinandosi a lui per depositare i suoi bagagli vicino a quello del riccio. "C'è solo un letto."
Harry represse il panico che gli salì in gola. Ovviamente c'era solo un letto; era quello che aveva richiesto quando aveva fatto la prenotazione, dal momento che lui e Louis stavano ancora uscendo insieme in quel periodo. Grazie a dio aveva rinunciato ai petali di rose e allo champagne gratuiti quando aveva prenotato il viaggio. Sospettava che quello non sarebbe stato molto gradito.
"Io, ehm," replicò Harry, sentendo un rossore imporporare le sue guance. "Lo vedo. Scusa."
Louis sembrò giungere alla sua stessa conclusione. "Voglio dire, immagino che nel momento in cui l'hai prenotata..." si interruppe.
"Sì," rispose Harry debolmente, sprofondando sul bordo del morbido letto di piume. "Lo so."
"Beh," disse Louis con un sorriso. "Non fa nulla. Voglio dire, siamo entrambi adulti; Non vedo perché non potremmo..."
"Giusto," concordò Harry rapidamente, lisciando le mani sul piumino color crema incontaminato. "E guarda quanto è grande. Almeno non puoi prendermi a calci da così lontano."
"Scusami tanto, ma io non tiro calci," disse Louis in tono aspro, incrociando le braccia al petto. "E poi, tu russi."
"Non è vero!" Ribatté Harry.
"Sì che è vero."
"Come ti pare."
"Comunque," disse poi il castano, biascicando piano. "Quanto tempo abbiamo prima della riunione? Riesco a fumare almeno una sigaretta?"
Harry controllò l'ora sul suo telefono. "Quarantacinque minuti. Quindi sì. Ma Lou-" rispose incerto. "Non credo che tu possa fumare qui."
"Nah, è tutto a posto. Guarda, aprirò la finestra." Disse Louis, girando il chiavistello sulla finestra per spalancarla. I suoni del traffico sottostante giunsero alle orecchie di Harry pochi istanti dopo.
"Beh," rispose Harry. "Suppongo..."
"Hmm?" chiese Louis, già con la sigaretta accesa mentre faceva un lungo tiro. Inclinò la testa fuori dalla finestra per espirare il fumo verso l'esterno.
"Niente," rispose Harry, pensando che se gli allarmi antincendio e gli irrigatori si fossero accesi, era tutta colpa di Louis. Scrisse un breve messaggio a Niall mentre Louis fumava fuori dalla finestra.

The Lonely Planet Guide to Second Chances (Italian Translation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora