|Fiaba| Il dono più prezioso

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C'era una volta, in un regno bagnato dal sole, una donna di nome Dalitso che viveva con la figlia Atiya. Elle avevano una vita piuttosto agiata, eppure non c'era armonia nella loro casa: i litigi erano all'ordine del giorno e le due si allontanavano sempre di più.

Poi quell'equilibrio precario si ruppe del tutto: un giorno Dalitso tornò a casa e non trovò Atiya.
La donna cercò per tutta la casa, chiamò il suo nome di sua figlia per la città e chiese a tutte le persone che incontrava se l'avessero vista. Ma, nonostante tutti i suoi sforzi, non ebbe notizie di Atiya per giorni.

La settima sera Dalitso tornò a casa sconsolata e si accasciò a terra singhiozzando, mentre nella sua testa rimbombavano le ultime terribili parole che la ragazza le aveva rivolto: "Vorrei non essere tua figlia!"

Ma poi, quando si alzò, notò qualcosa sul tavolo del suo salotto.
Un piccolo topolino bianco. E non uno qualunque: quell'animaletto si era affezionato tanto ad Atiya che lei le aveva anche dato un nome, Baki.
Dalitso fece per scacciarlo, ma si fermò quando vide cosa aveva legato alla sua zampina. Era un minuscolo bigliettino color verde acqua. Le scritte appena leggibili recitavano:

"In una ferita c'è vita
poi alte piante e torri d'oro
prima che sia finita
affrettati e trova il dono"

La prima cosa che venne in mente a Dalitso fu quel giorno in cui lei e la figlia si erano perse nei dintorni una spaccatura nel terreno dove scorreva un fiume. La prima volta che lo aveva visto, la ragazza lo aveva associato a una ferita. Che Atiya fosse lì? Sembrava assurdo seguire il consiglio di un bigliettino portato da un topo, ma era l'unica possibilità che aveva.
Dalitso preparò una sacca con delle provviste e al sorgere dell'alba si incamminò verso il fiume.

Arrivata lì, la donna fu sorpresa da delle urla. Si guardò intorno e si accorse di un ometto basso e paffuto che cercava disperatamente di rimanere a galla. Allora, senza pensarci un secondo, Dalitso abbandonò la sua sacca sul terreno e si gettò nel fiume. Con fatica, riuscirono ad arrivare a riva e l'uomo strinse la sua salvatrice in un abbraccio caloroso.

《Grazie! Grazie!》 continuava a dire 《Per sdebitarmi ti darò questo rubino. Ma non è un rubino qualunque, no! È magico! Ti basterà stringerlo forte ed esprimere un desiderio. E se c'è qualcos'altro che posso fare per te basta dirlo!》

Allora Dalitso gli raccontò tutta la sua storia. Suman (questo era il nome dell'ometto) le suggerì di andare a Nord. Le spiegò che, secondo una famosa leggeda, oltre le montagne c'era un castello fatto interamente d'oro e circondato da siepi enormi. Dalitso lo ringraziò e s'incamminò.

Verso il tramonto si ritrovò davanti a un immenso palazzo d'oro come quello che aveva descritto Suman. Però il suo ingresso era protetto da un'intricato labirinto di siepi alte almeno cinque metri.
Dalitso lo girò per quelle che sembravano ore, ma riuscì solo a tornare al punto di partenza. La donna si accasciò al suolo, sfinita. Valeva davvero la pena fare tutta quella fatica? E se quel labirinto fosse stato stregato e non fosse più riuscita a uscire? E se Atiya non avesse voluto vederla?
Stava quasi per arrendersi quando sentì qualcosa muoversi nella sua sacca.

Baki si posò sulla mano aperta Dalitso e le porse il rubino di Suman. Non era sicura che avrebbe funzionato, ma dopotutto non aveva nulla da perdere. Strinse la gemma tra le mani visualizzando mentalmente un lunghissimo spago rosso ed esso apparve per magia nelle sue mani.

Dalitso riuscì finalmente ad orientarsi e ad arrivare all'ingresso del palazzo, ma due guardie le impedirono di entrare.

《Devo vedere mia figlia》 disse la donna con voce ferma.

《Non possiamo farla passare》 rispose una guardia.

《Ma io devo vederla! Devo chiederle scusa, devo portarla a casa!》 insistette Dalitso.

《La ragazza sta benissimo-》

Ma l'uomo fu interrotto da una voce:《Mamma!》

Atiya cercò di correre verso la madre, ma le guardie la strattonarono violentemente dalle braccia e la trascinarono via.
Dalitso, allora, non ci vide più dalla rabbia e si scagliò contro le guardie, ma prima che riuscisse a toccarle la sua visione di fu offuscata da un fumo viola. Quando riuscì a vedere di nuovo qualcosa, si accorse di essere fuori dal labirinto. E Atiya era accanto a lei, sana e salva.

《Mi dispiace per quello che ti ho detto, mi dispiace tantissimo!》 esclamò la ragazza abbracciando la madre 《Meno male che sei qui!》

《Meno male che sono stata aiutata》 disse Dalitso 《Sai, hai un futuro come poetessa》

Atiya sorrise, ma poi la sua espressione si incupì.

《Hai portato Baki con te? Dov'è ora?》

《Qui》 disse una voce maschile alle loro spalle.

Le due donne si voltarono ma videro solo il topolino. Poi esso fu avvolto da una nube di fumo viola e al suo posto apparve un uomo.

《Suman?!》 esclamò Dalitso esterrefatta.

Suman spiegò loro tutto: aveva notato i litigi tra la madre e la figlia e aveva architettato tutto per insegnare loro una lezione.

《Un tocco di magia》 spiegò il mago con un sorriso 《e torna l'armonia!》

E aveva funzionato: finalmente, nella casa di Dalitso e Atiya regnava l'armonia.

Storia che avevo scritto secoli fa per la scuola. Il finale è un po' trash ma ci accontentiamo.

Diario di una giovane scrittriceWhere stories live. Discover now