BODY LANGUAGE

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L'arena era piena.

Il palco era deserto.

Le luci erano basse.

La gente nel parterre si era alzata da quando l'impianto stereo aveva iniziato a riprodurre una musica d'atmosfera e ora aspettava in piedi che il concerto iniziasse, trepidante.

L'ululato di una chitarra elettrica infranse il buio. Le luci diventarono rosse, il pubblicò cominciò a gridare e la chitarra continuò a schiarirsi la voce. Fra scale, corde pizzicate e giochetti sonori, Jeremiah uscì da dietro le quinte e cominciò a delineare un motivetto che al pubblico era già diventato familiare. Anche Simon e Tyler salirono sul palco, ma il pubblico aveva occhi soltanto per Jeremiah. Il motivetto era sempre lo stesso, ma lui ci giocava sopra, improvvisava, rendeva la stessa scala di note più accattivante ogni volta che la ripeteva.

Le luci iniziarono a pulsare. Le urla del pubblico diventarono sempre più forti e alla fine si sentì un gran boato: il palcoscenico venne illuminato a giorno. Le prime note di Body Language riempirono l'arena ed io uscii da dietro le quinte.

Il cuore mi batteva all'impazzata. L'eccitazione del pubblico faceva tremare il terreno ed io sentivo quell'energia arrampicarmisi sulle gambe mentre raggiungevo l'asta del microfono. Ballai sul posto mentre aspettavo l'attacco giusto per iniziare a cantare. Mi sentivo così gonfio di adrenalina che sarei esploso se avessi indugiato un altro secondo.

"It's not a secret

I have never been good at talking

It's not a secret

If you can stay silent, you won't say a word

We spend so many hours keeping quiet

The walls know all of our secrets

But what can we do, when we are at a loss for words?"

Body Language era la cosa più rock che avessi mai scritto. Era divertente, scanzonata, provocatoria. Non riuscivo a stare fermo quando la cantavo e mi veniva così caldo che alla prima occasione mi toglievo tutto quello che potevo. Le costumiste ormai non si disperavano più quando facevo volare delle giacche costosissime da una parte all'altra del palco: entro la prima strofa mi sarei sempre ritrovato in maniche corte.

"All day we...

(talking talking talking talking)

Can't wait to...

(talking talking talking talking)

Show me how...

(talking talking talking talking)

Let me ask...

Voulez-vous

Parler?"

Quel: "Voulez-vous parler?" segnava l'inizio del ritornello. Lasciava ampiamente spazio alla chitarra elettrica, ma al pubblico non serviva altro per scatenarsi. Jeremiah tornò a calamitare l'attenzione e i fan si accalcarono contro le transenne, fecero su e giù con la testa, agitarono le braccia a ritmo con le sue scariche di energia. Anche il mio livello di euforia raggiunse il suo picco. Mi voltai verso Jeremiah e lo indicai, dandogli tutta la gloria che meritava.

Come ogni volta che imbracciava una chitarra elettrica, Jeremiah trasudava tutta la vitalità di cui scarseggiava nella vita quotidiana. Molleggiava da una gamba all'altra, suonava, sudava, aveva le vene delle braccia così in rilievo che le vedevo da dove mi trovavo. Vederlo così mi aveva sempre fatto venire i capogiri, ma sapere che stava suonando un pezzo che avevamo scritto insieme rendeva i miei pensieri ancora più voraci.

THE LOVING ONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora