I FIDANZATINI D'AMERICA

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Il tour stava volgendo alla fine. Avevamo superato la metà del numero delle date, la stanchezza si faceva sentire e i componenti della troupe iniziavano ad avere nostalgia di casa, ma il nostro pubblico non era mai stato più carico di così. La novità su me e Jeremiah aveva scatenato una nuova ondata di entusiasmo e l'atmosfera ai concerti si era fatta elettrizzante.

Io mi ero preoccupato dopo la rivelazione al Barbra's Talking Show. Avevo chiesto a Samantha quanto fosse grosso il danno alla carriera dei J-EY, ma lei mi aveva assicurato che sarebbe andato tutto per il meglio e la sua predizione, di fatto, si avverò.

Il mondo cominciò a rivolgersi a me e Jeremiah parlando al plurale, come se fossimo un'entità unica. Agli eventi venivamo fatti sedere vicini. Durante i concerti ci veniva chiesto a gran voce un bacio. Se venivamo paparazzati, i flash si triplicavano quando camminavamo per mano e i fan non avevano più paura di avvicinare Jeremiah. Se un tempo avevano evitato di posare di fianco a lui, adesso tutti quanti volevano stargli vicino e anche i giornalisti lo accoglievano a braccia aperte. Gli scandali del passato sembravano dimenticati.

Paradossalmente, la situazione era molto più ambigua all'interno della troupe. Nessuno si era detto contrario alla nostra relazione, ma Jeremiah riceveva costantemente delle occhiate stranite che si tramutavano in sorrisi quando le intercettavo io. La troupe amava me e detestava lui, non capiva come ci fosse venuto in mente di metterci insieme.

Perfino Simon e Tyler non ci avevano ancora dato la loro benedizione. Da quando eravamo stati da Barbra, mantenevano una certa distanza e ci guardavano di sottecchi per studiare le dinamiche della nostra relazione. Si chiedevano di cosa potessimo parlare quando eravamo soli, ma faticavano a darsi delle risposte. Fu per questo che un giorno misero da parte il pudore e me lo chiesero senza tanti giri di parole.

Eravamo in viaggio. Il bus sfrecciava per l'autostrada da ore, l'aria condizionata era pompata al massimo e la maggior parte delle persone dormiva, compreso Jeremiah. Aveva lavorato a un nuovo pezzo per tutta la notte ed aveva annunciato di voler riposare appena eravamo saliti sul bus. Si era seduto di fianco a me, aveva indossato gli occhiali da sole e aveva incassato il collo nelle spalle senza tante cerimonie. Nel giro di cinque minuti stava russando e nel giro di dieci si era lasciato cadere addosso a me.

Fu così che mi ritrovai a viaggiare con Jeremiah fra le braccia. Il suo viso aveva trovato riparo nella piega del mio collo, le sue braccia mi circondavano la vita e il peso del suo corpo mi stava indolenzendo, ma non osavo spezzare il tepore di quel momento. Incapace di smettere di sorridere, gli premevo le labbra contro le tempie e gli accarezzavo i capelli biondi distrattamente, passandoglieli dietro le orecchie. Se il bus prendeva una buca e lui apriva gli occhi, gli mormoravo di continuare a dormire.

Ero in estasi. Non ero mai stato capace di camuffare le mie emozioni, ma quando mi guardai attorno, capii che il mio sguardo adorante doveva essere più evidente di quanto pensassi.

Simon e Tyler erano seduti sull'altra sponda del bus e ci stavano fissando da un pezzo. Alle loro occhiate inquisitrici mancava soltanto un binocolo e degli studi fotografici per rendere più evidente l'analisi che era in corso, ma almeno non finsero di star facendo altro quando io li beccai. Per un po' ci guardammo e basta, ma dovevo sembrare così beato che loro esplosero.

"Che cosa ci trovi in lui?" sbottò Simon.

Le mie mani andarono a coprire le orecchie di Jeremiah, feci: "Shh" a Simon. Tyler abbassò la voce quando parlò, ma non per questo fu più clemente con le parole.

"Sul serio, Charlie. Non è simpatico. Non è gentile. Caspita, non è nemmeno bello. Siamo molto meglio noi, non trovi? Simon ha dei capelli da favola e la mia carnagione..."

THE LOVING ONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora