IN TILT

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Era una di quelle rare mattine in cui non eravamo in partenza. Il tour si fermava per due date consecutive nella stessa città e questo significava relax ed ore di sonno extra per tutti, ma l'abitudine era più forte di me: mi svegliai al solito orario. Erano le sei e mezza, troppo presto per la colazione e troppo tardi per lavorare al mio album, per cui decisi di ammazzare il tempo facendo la cosa che mi riusciva meglio. Infastidire Jeremiah.

Mi vestii e uscii dalla mia stanza. Probabilmente Jeremiah stava ancora dormendo e sarebbe stato scontroso per tutto il giorno se lo svegliavo prima del dovuto, ma io avevo già un modo per farmi perdonare. La sera prima aveva dimenticato il pacchetto di sigarette a tavola e sarebbe stato decisamente più benevolo nel sapere che ero venuto a restituirgliele. Per questo camminavo per i corridoi di buon umore, sicuro della mia immunità contro le sue sfuriate. Quando raggiunsi la sua porta, bussai senza esitare e non mi persi d'animo quando non giunse risposta. Bussai di nuovo, ma questa volta mi fermai con il pugno a mezz'aria.

La porta era già aperta. Il mio bussare l'aveva fatta tintinnare contro lo stipite. Interdetto, afferrai la maniglia e la attirai verso di me.

"Jeremiah?" chiamai. "Jer? Sei sveglio?"

La stanza era vuota. Il letto era intatto, le valigie erano accatastate da una parte e le tende erano spalancate, come se una cameriera l'avesse appena riordinata. O come se fosse rimasta intoccata dal giorno prima.

Entrai e mi chiusi la porta dietro. Per un po' mi guardai attorno e sfiorai il bordo dei mobili con le dita, poi mi sedetti sul letto e pensai al da farsi.

Non sapevo dove si trovasse Jeremiah, ma ero sicuro che avrebbe fatto un salto in camera prima di scendere a fare colazione. Mentre lo aspettavo potevo approfittare del sole dorato che batteva sulle coperte e sonnecchiare un altro po', facendomi trovare casualmente nella mia versione più angelica. E magari avrei convinto Jeremiah a dormire un po' con me. Magari abbracciati. Magari senza maglietta.

Mi sdraiai fra i cuscini e fantasticai ancora. Passai qualche minuto a fissare i granelli di polvere che fluttuavano nell'aria, impreziositi dal sole, ed iniziai ad accarezzarmi lo stomaco dopo essermi tolto le scarpe. L'attesa era dolcissima e infinita, ma quando fui sul punto di addormentarmi, mi parve di sentire la voce di Jeremiah. Mi sollevai a sedere, mi asciugai il rigo di saliva che mi sporcava una guancia e mi assicurai che la maglietta fosse al suo posto, ma quando tesi le orecchie mi accorsi che Jeremiah non era solo.

I passi erano doppi. Le voci erano due. Le risate non si contavano. Un rumore pesante di tacchi si faceva sentire anche attraverso la moquette del corridoio ed io scattai in piedi all'idea che Jeremiah fosse in compagnia di Samantha, una giornalista o addirittura di sua madre, passata per una visita a sorpresa. Controllai che fosse tutto in ordine e pensai in fretta a un saluto non troppo imbarazzante, ma mi si rizzarono i peli sulle braccia quando la porta venne spalancata con una veemenza che non mi aspettavo. Prima sussultai dallo spavento, poi sussultai per l'accompagnatrice di Jeremiah.

Non si trattava di Samantha. Non si trattava nemmeno di una giornalista e tanto meno di sua madre. A meno che sua madre non fosse una trentenne bionda, dalle gambe lunghissime e con una inclinazione verso l'incesto.

Con addosso gli stessi vestiti della sera prima, Jeremiah teneva un braccio attorno al vitino da vespa della ragazza e la premeva contro la porta. Lei indossava un vestito da cocktail che le saliva continuamente sulle cosce e lui le succhiava il collo sottile, le tastava i fianchi, si premeva addosso il suo seno abbondante mentre le spostava i capelli da una parte all'altra. Erano entrambi troppo impegnati per notare la mia presenza ed io, mentalmente paralizzato, pensai soltanto a nascondermi. Mi infilai nell'armadio più vicino e cercai di chiuderne le ante per eclissarmi definitivamente, ma Jeremiah e la ragazza cominciarono a spostarsi ed io mi dovetti immobilizzare per non farmi scoprire. Un'anta rimase aperta, mi schiacciai quanto nella zona più buia dell'armadio.

THE LOVING ONEWhere stories live. Discover now