BANSHEE

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Il palco era tutto per me. Il presentatore aveva già annunciato il mio nome e l'arena era piombata nel buio. Una musica d'atmosfera sembrava arrivare da lontano, come il presagio di una tempesta, e gli spettatori stavano venendo lampeggiati dalle grafiche rosse degli schermi.

I miei ballerini erano già in scena. Fermi come statue, erano sparsi lungo una scalinata che avevano portato sul palco loro stessi ed erano calati nella propria parte. Le urla del pubblico si alzavano ad ogni falso allarme della mia entrata in scena ed esplosero in un boato quando ci fu un tuono più assordante e prolungato degli altri: le grafiche degli schermi cambiarono, i riflettori incendiarono l'arena.

Dall'impianto stereo partì la base del mio ultimo singolo. I bassi fecero tremare il pavimento e il ritmo incalzante spinse le persone a muovere i fianchi in automatico. Era la canzone che dominava le radio. Era la canzone che gli adolescenti ballavano alle feste e che pompava dall'interno delle automobili in autostrada.

Io comparsi dal nulla. Un attimo prima non c'ero, l'attimo dopo ero in cima alla scalinata. La mia silhouette si stagliava contro il rosso vivo degli schermi e la posa con cui torreggiavo sui miei ballerini mi faceva apparire come un dio sceso in Terra per fare giustizia. Mi aggiustai il microfono ad archetto contro la guancia ed iniziai a scendere le scale.

"You're the boy that every girl wants

You're the guy that makes a mother smile

You're the man that gives compliments

But you ask me a minute

When you're needy"

I ballerini mi girarono attorno come ombre predatorie. Io fingevo indifferenza, continuavo a scendere i gradini senza badare a loro e il pubblico trattenne il respiro quando arrivai sotto alle luci dei riflettori. Fino a quel momento ero rimasto col viso in ombra e l'effetto a sorpresa li colpì in pieno.

Ero vestito di rosso dalla testa ai piedi. I pantaloni mi aderivano alle gambe e una camicia semi-trasparente lasciava intravedere le linee snelle del mio busto, ma a far scalpore era il trucco. Intorno agli occhi avevo delle lame rosse che mi facevano sembrare un mostro marino o una creatura mitologica, una di quelle sirene che ti stregano e ti affogano. Emulavano la forma delle ciglia finte e amplificavano il mio sguardo in ogni direzione, catturando le luci della ribalta.

"You can deny it, I'm not here to judge

Under the sunlight you're another one

But there's a reason if I know by heart

How you're needy

When you're sleepy"

Come da copione, i ballerini iniziarono a contendermi. Alcuni si fecero avanti ed io li respinsi a passi di danza, uno mi prese con la forza ed io saltai nelle braccia di un altro. Con alcuni di loro accennavo a qualche passo che ricordava i balli di coppia, ma con l'arrivo del ritornello la disputa divenne più accesa.

"I'm with your body when you're not with me

There's sympathy

Oh, boy

You just can't have enough

I'm in your mind when you're not with me

There's sympathy..."

Il ritornello era una sfida di coordinazione che ci aveva tenuto impegnati per settimane intere, ma i risultati si vedevano: più leggero ed allenato di quanto fossi mai stato in vita mia, passavo dalle braccia di un ragazzo all'altro, piroettavo, venivo sollevato per i fianchi, ballavo con due ragazzi contemporaneamente. Il bacino di uno era incollato al mio fondoschiena, il petto dell'altro si scontrava con il mio, io tenevo entrambi per il collo.

THE LOVING ONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora