Addio // Jimin (bts) x boy

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One-shot richiesta da noathing

Alex Bailey scomparve una notte d'inverno, quando il gelido vento cercava di entrare con forza nella stanza illuminata dalla luce che emanava il fuoco acceso nel camino e le lacrime bagnavano le guance di coloro che l'avevano tanto adorato nella sua vita.

Park Jimin fu informato dell'accaduto il mattino seguente dalla madre, la quale entrò in camera sua con un volto turbato e voce tremante, dicendo lievemente che il suo compagno era morto.

La donna non l'aveva mai chiamato "il tuo fidanzato", anche se più volte il figlio le aveva detto che quella era la persona che amava infinitamente. Fin da piccolo gli era stato insegnato che amare una persona dello stesso sesso era sbagliato, che una cosa del genere era del tutto innaturale e non l'avrebbe mai accettato nella propria casa. Il padre era d'accordo con il pensiero della moglie e non c'era giorno in cui non insultasse gli omosessuali, mostrando un tale disprezzo contro di essi che delle volte sfociava in sentenze incredibilmente folli. Nonostante avesse sentito ciò per tutta la sua infanzia, Jimin era cresciuto con una mente piuttosto aperta ed anche se aveva cercato di reprimere quel sentimento sbagliato agli occhi della sua stessa famiglia, malgrado i vani tentativi di cambiare, alla fine non poté far altro se non accettare di provare qualcosa per quel ragazzo che ora era scomparso.

Non ricordava precisamente il giorno del loro incontro, non badava molto a queste cose perché le riteneva di poco conto, per quanto insensibile possa sembrare. L'unica cosa che teneva impressa nella mente era il suo aspetto armonico che a prima vista sembrava del tutto privo di originalità. Jimin possedeva una personalità particolare e inizialmente i capelli castani e gli occhi marroni di Alex non lo colpirono affatto, tanto che più di una volta, quando erano ancora solo amici, l'aveva preso in giro dicendo che se l'avesse mai perso in una folla, non sarebbe stato in grado di trovarlo perché non spiccava per nulla. A quelle parole il ragazzo in genere sorrideva e lasciava perdere.
E tuttavia c'era qualcosa che l'aveva attratto come un calamita. Solitamente, se una persona non lo interessava, Jimin faceva marcia indietro e non la guardava nemmeno, ma con Alex era tutto diverso. Alex stesso non era come gli altri, ma possedeva un'aura particolare intorno a sé.

Al suo funerale pianse. Entrando nella fredda stanza funebre non poté neanche guardare la bara semiaperta, dove il suo amante giaceva circondato da rose bianche che profumavano il luogo; l'effluvio acre dell'incenso gli faceva bruciare gli occhi, costringendolo a portarsi una mano al viso per ripararlo dal fumo; le facce di chi si avvicinava a lui per fargli le condoglianze erano tutte uguali, pallide e senza espressione, e le parole che uscivano dalle loro bocche non cambiavano.
Pronunciò il proprio discorso d'addio con voce monotona, dicendo frasi semplici e vuote, sentenze che non possedevano nemmeno un grammo di affetto. Non per sua scelta ovviamente: pur permettendogli di partecipare al funerale, entrambi i genitori l'avevano pregato di non mostrare in alcun modo di aver avuto un certo legame amoroso con il ragazzo scomparso, al fine di non disonorare il nome della famiglia. Non l'avevano mai accettato, cercavano solo di convincere se stessi che quella fosse una fase passeggera.

La tremenda notizia aveva sconvolto Park Jimin a tal punto da fargli pensare all'inizio che fosse tutto una bugia, uno stratagemma inventato da suo padre per fargli dimenticare la persona tanto amata. Ma quando la madre lo scrutò con occhi tristi e si sedette accanto a lui, comprese l'orribile realtà. Accettare fu quasi impossibile.

Jimin chiuse il libro che stava cercando di leggere prima che i ricordi l'aggredissero, spingendolo a versare qualche lacrima, che cadde sulla carta giallognola, sciogliendo l'inchiostro nero. Erano ormai passati alcuni mesi dall'accaduto, eppure non riusciva ancora a non piangere quando Alex compariva nella sua testa.

Era notte fonda, forse le due o le tre di notte, e l'intera casa, con l'enorme giardino e il cancello alto fino a toccare il cielo, era immersa nel buio silenzioso. Con un sospiro Jimin si alzò dal letto e, prendendo la lanterna che teneva sul comodino, si diresse in cucina, passando per i sinistri corridoi come un fantasma solitario. Notò qualcosa con la coda dell'occhio, una fugace figura scura passargli accanto, ma non ci fece caso e continuò a camminare con il lume in mano.

《Sei qui》disse la stessa figura di prima, appoggiandosi al tavolo. La sua silhouette slanciata era di un grigio pallido e i tratti del viso sbiaditi, ma nonostante i colori non fossero sgargianti come una volta e i dettagli fossero ormai quasi del tutto cancellati, Jimin riconobbe la sua identità.

《Certo che sono qui》rispose versando dell'acqua nel recipiente più vicino, un calice con qualche goccia di vino rosso sul fondo,portandolo alle labbra secche. 《Anche se l'originalità è assente nella tua persona e non spicchi più di tanto tra la folla, riesco ancora a distinguerti》continuò con un sorriso malinconico, sistemandosi i capelli schiariti con varie sostanze chimiche. Non sapeva con certezza se parlasse davvero con il fantasma del suo defunto amato o se fosse semplicemente frutto della sua fervida immaginazione, ma ogni volta che quella figura apriva bocca o diceva qualcosa, Jimin prontamente rispondeva. Dapprima i tratti del viso erano così nitidi da fargli pensare che quello che aveva dinanzi fosse davvero Alex, però con il passare dei mesi quei dettagli diventavano sempre più confusi e Jimin non riusciva più a ricordarlo come una volta. Si malediva per quello, eppure non poteva farci nulla.

《Voglio tornare a casa》 esclamò d'un tratto Alex giocherellando con una candela posta al centro del tavolo, facendola rigirare tra le mani. Gesti come quello facevano capire a Jimin che, per quanto assurdo possa sembrare, la figura seduta sulla sedia era effettivamente in qualche modo reale.

《Tu sei a casa》ribatté il ragazzo rivolgendogli uno sguardo stanco, segnato da profonde occhiaie, gli occhi ornati dalle ciglia nere erano rossi per il troppo tempo passato a leggere. Desiderava gridargli quanto gli era mancato, voleva buttarsi in ginocchio davanti a lui ed urlare, pregarlo di non andare via, di non sparire alle prime luci del mattino, eppure la fatica accumulata lo bloccava, tenendolo saldamente attaccato al terreno.

《Sai benissimo che non è così,Jimin》rispose Alex riportando l'oggetto che teneva in mano al proprio posto. La luce fioca della lanterna che il ragazzo aveva posto sul tavolo illuminava la stanza, creando piacevoli ombre sul pavimento marmoreo. Per un attimo, lo sguardo di Jimin cadde sulle figure disegnate sul terreno.

《E cosa vuoi che faccia adesso?》disse ad alta voce alzando gli occhi, lo sguardo dannatamente serio.《Dimmelo Alex, cosa vuoi che faccia? Pensi che se ne avessi la possibilità, non proverei a riportarti a casa?》

Ogni notte, quando la città veniva sommersa dall'oscurità e le stelle splendevano alte nel cielo, ecco che il fantasma del suo amato compariva in casa sua. Generalmente si sedeva da qualche parte e iniziava a parlare, mentre, se trovava Jimin addormentato sul grande letto a baldacchino, appariva nei suoi sogni. Ed ogni mattina, quando apriva gli occhi, Jimin cercava di capire se ciò fosse accaduto sul serio o meno. Era addirittura arrivato a trascrivere su un vecchio quadernetto di cuoio tutti quelli episodi strambi per rileggere prontamente le proprie annotazioni. Era ormai un'abitudine per lui.

《Credimi, se ne avessi la possibilità mi lasceresti lì dove sono》esclamò il ragazzo con frustrazione, alzandosi in piedi e sbattendo le mani sul tavolo, il quale tremò leggermente per il colpo.  Chi aveva paura della morte era un codardo, pensava, non c'era nulla di speciale dopo la fine della vita. Non esisteva alcun Inferno o Paradiso, solo uno spazio infinitamente largo e coperto da spesse nuvole scure che non lasciavano oltrepassare nulla, e tra quelle strade c'erano tutte le anime scomparse che per qualche strano motivo non erano più riuscite a rinascere sotto un'altra forma. Tale sfortuna era capitata anche ad Alex il quale, essendo piuttosto giovane, senza dubbio trovava quel posto tedioso e senza alcun divertimento.

《Oddio, non ricominciare, te ne prego!》Jimin si portò le mani al viso, massaggiandosi le tempie doloranti. Afferrò il calice dal quale aveva precedentemente sorseggiato dell'acqua e versò al suo interno il liquido rosso contenuto in una giara di vetro, bevendo tutto in un sorso. 《Se vuoi un po' di attenzioni, basta che tu me lo dica senza inscenare questa commedia ridicola》

Versò altro vino e bevve la divina bevanda senza fiatare.

《Ma cos'hai, Jimin? Non ti riconosco nemmeno più》sospirò Alex dall'altro lato della stanza. Non aveva torto, la persona che una volta aveva amato così tanto era cambiata fino ad essere irriconoscibile. Era come se qualcuno avesse ucciso il vecchio Jimin e ne avesse distrutto qualsiasi buona qualità, lasciando un uomo tedioso al suo posto.

A quella domanda il ragazzo non rispose e rimasero in silenzio per alcuni minuti, ognuno perso nei propri pensieri e calunnie. Forse i loro sentimenti erano cambiati, nessuno dei due poteva con certezza affermare di provare la stessa cosa l'uno per l'altro.

《Non sono più nemmeno sicuro di amarti come una volta》 sussurrò Alex posando lo sguardo sul panorama fuori dalla finestra, osservando attentamente il contorno degli alberi scuri dietro le sbarre del cancello. Solo la luna illuminava di poco il mondo di fuori, posando il suo manto argenteo sulla natura e le case addormentate.

Evidentemente, la frase era stata pronunciata troppo ad alta voce, oppure Jimin aveva intuito da tempo i veri pensieri del ragazzo, o forse entrambe le cose possono essere considerata come valide. Lentamente Jimin posò il calice che teneva in mano sul tavolo di legno ed alzando gli occhi per osservare meglio la figura di Alex, disse: 《Cosa stai insinuando?》

Era in realtà quasi un'affermazione piuttosto che una domanda, di fatto il suo interlocutore aspettò alcuni minuti prima di rispondere, fingendo di non aver sentito bene. Jimin dovette ripetere di nuovo ciò che aveva detto, al fine di ricevere un replica.
L'aria nella stanza si era fatta gelida e il ragazzo rabbrividì sentendo una folata di vento improvvisa.

In realtà sapeva bene cosa intendesse Alex, era da stupidi non capirlo al primo colpo, tuttavia in certe occasioni è necessario fingere di essere ignoranti e così stava facendo Jimin, al fine di non rimanere ferito. Il suo cuore sarebbe comunque stato colpito in ogni caso e delle cicatrici l'avrebbero in seguito decorato maliziosamente, con parole maligne avrebbe ucciso il suo spirito e ne era consapevole.

Ma Jimin nel profondo, in qualche zona oscura della sua anima, sperava vivamente che Alex l'avrebbe contraddetto. Desiderava ardentemente che quello gli dicesse qualcos'altro, anche una bugia avrebbe aiutato ad alleviare il suo stato d'animo

Alex di canto suo, trovandosi in bilico e non riuscendo a decidere sul da farsi, stava immobile, con gli occhi fissi sul vetro lucido della finestra e una mano che reggeva il mento, cercava di trovare un modo gentile per servire quella verità che avrebbe ferito entrambi. La testa pullulava di vari pensieri, lo sguardo assente non osava posarsi sulla persona che ansiosamente aspettava risposta.

《Sai, ultimamente sono così nervoso》disse ed in un primo momento Jimin pensò che volesse cambiare discorso, aprendo la bocca si teneva pronto per urlargli di non provare neanche lontanamente a rivolgere l'attenzione su qualche inutile argomento, ma la richiuse subito quando quello continuò con il suo discorso.

《Ho perennemente paura che tu possa lasciarmi. Vedi, sei sicuro di possedermi, sai che io da te non posso scappare perché qualcosa mi blocca e per questo vivi tranquillo, mentre io mi tormento sempre, chiedendomi se sia veramente razionale fidarmi delle tue parole. Anche quando affermi così solennemente di amarmi, io non posso fare a meno di dubitare e chiedermi se il tuo discorso sia effettivamente sincero.》disse tutto d'un fiato senza voltarsi a guardare Jimin, il quale sedeva dall'altro lato della stanza con un'espressione di confusione disegnata sul volto.

Non era certamente la reazione che si aspettava né sapeva bene come rispondere a un tale discorso.

《È da tanto tempo che lo penso, quand'ero ancora in vita questi pensieri non mi davano pace e sembra che anche adesso mi tormentino》aggiunse, una nota malinconica nel tono della voce. Non aveva mai pensato che il loro amore, quell'amore che un tempo risplendeva di luce intensa, potesse spegnersi così velocemente. E in che modo vile poi.
Avrebbe voluto trovare un altro motivo per quella fine così tragica, magari un tradimento da parte di Jimin o anche da parte di lui stesso, ma quando provava anche solo a posare gli occhi su un'altra persona, ecco che la vergogna si insinuava nel petto e il disprezzo cresceva con velocità spaventosa. Jimin di canto suo, per quanto potesse sembrare egoista e narcisista ad una prima occhiata, riteneva il tradimento come il più rozzo dei peccati.

Alex avrebbe potuto inventarsi una bugia, gridare che aveva smesso di amarlo per quel suo modo di fare odioso e il comportamento superbo, che tante volte gli dava sui nervi. Ma cosa avrebbe ottenuto? Supponendo che Jimin credesse a quelle parole, il ragazzo non avrebbe potuto continuare ad esistere sapendo di aver ferito il suo amato con una bugia così vile. Non era mai stato bravo a mentire, nessuno gli aveva mai insegnato il metodo giusto, dunque Jimin avrebbe capito immediatamente il misfatto.

《Sei così sicuro di essere imprigionato da non vedere nemmeno che da tempo ti ho liberato》disse Jimin con calma, il viso pallido come il volto della luna. 《Sei libero,Alex, lo sei sempre stato. Ammetto di aver sempre saputo che ti fidavi ciecamente di me - Dannazione, avresti potuto gettare la tua stessa vita nelle mie mani! - eppure non ho mai usufruito di ciò.》si alzò facendo un giro della stanza, osservando i volti senza vita dei quadri appesi al muro, visi che lo scrutavano con una risata di scherno.

《Non ci amiamo più, vero?》domandò Alex avvicinandosi in fretta per afferrare il polso del ragazzo. La sua pelle gelida, di debole consistenza, rabbrividì a contatto con il calore della mano di Jimin, il quale pulsava di vita.

Il ragazzo annuì, strofinando la propria guancia sulla spalla del fantasma, nascondendo le lacrime che silenziosamente si erano accumulate nell'angolo dell'occhio e che ora erano state finalmente liberate.
Immediatamente un odore di zolfo gli pizzicò le narici, costringendolo ad arricciare il naso. Quell'odore inusuale era tipico dei non-vivi ed anche se gli risultava assai difficile sopportarlo così da vicino, si era sorprendentemente abituato.

Con il cuore a pezzi, pronunciando il suo ultimo saluto, Alex se ne andò e scomparve nel buio, senza mai voltarsi per non mostrato il proprio pentimento.

L'aria diventò gelida ed il vuoto riempì lo spazio dove qualche secondo prima il fantasma poggiava il piede. Jimin si ritrovò solo, nascosto nell'oscurità più totale, piangendo colui che per la seconda volta l'aveva lasciato.

























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