II. Vulnerabile

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"Quest'estate non potevate starvene a casa, voi due?" esordì il signor D "Da quando Peter Johnson è arrivato al campo, sei anni fa, ha portato solo guai. Ogni dannata estate ecco che c'era qualche problema"
"Forse perchè ero al centro della Grande Profezia?" replicò Percy.
"Forse perchè attiri i problemi. Perchè sei egocentrico! "
"Io egocentrico? Disse quello vestito con una camicia leopardata e i bermuda viola! E poi, signor D..."
Chirone sbattè gi zoccoli sul pavimento della Casa Grande, facendo cessare il fiume di parole del figlio di Poseidone.
Percy vide la stessa Annabeth lanciargli un'occhiataccia, come a dirgli che c'erano problemi più grandi che litigare con il dio del vino.
Ad esempio sua signoria Paride – nella sua mente ormai aveva quel soprannome – che in  qualche modo era tornato nel mondo dei vivi.
A Percy non era piaciuto affatto il modo in cui guardava Annabeth, come se fosse di sua proprietà solo che lei ancora non ne era consapevole.
Non sapeva molto dei miti greci – più che altro perchè avevano fin troppi nomi complicati che, per colpa della sua dislessia, non riusciva a pronunciare – ma la storia della Guerra di Troia la conosceva: Elena era la moglie di Menelao, re di Sparta, fino a quando non avevano accolto Paride, uno straniero venuto da lontano, alla loro reggia.
Poi c'erano diverse versioni sul susseguirsi della storia: chi diceva che Paride avesse rapito Elena e chi diceva che la regina stessa avesse deciso di andare con lui, in quanto Afrodite gli aveva promesso l'amore della donna più bella del mondo.
Tutti però concordavano su una cosa: per colpa della fuga dei due amanti era scoppiata una guerra che si era protratta per dieci lunghi anni e aveva causato un'infinità di morti.
Come poteva quindi guardare negli occhi Paride senza ricordare cos'aveva fatto?
E il fatto che avesse scambiato Annabeth per la sua antica fiamma non lo rassicurava per niente.
"Forse dovremmo parlare di cose più immediate" disse Chirone, muovendo la coda bianca "signor D, le presento Paride"
Dioniso spostò i suoi occhi iniettati di rosso sul principe, con un sopracciglio alzato.
"Il figlio di Priamo?" fece "Hai idea di quanti grattacapi ci hai creato millenni fa, vero? L'intero Olimpo schierato tra Achei e Troiani. Mi hai completamente rovinato l'economia di vino che andava così bene!"
"Scusate?" fece Paride, confuso.
Il dio sbattè una mano grassoccia sul tavolo.
"Tutti erano troppo impegnati a combattere per commerciare vino!" proseguì, infervorato "Dovrei trasformarti in un delfino per quell'affronto"
"Signor D, per favore..." tentò Chirone.
"Ma voi chi sareste?" chiese il principe.
"Dioniso, ovviamente!"
"Il dio del vino?"
"Io me ne vado"
Il signor D fece per alzarsi e andarsene via, probabilmente a terrorizzare qualche satiro, ma Chirone gli lanciò uno sguardo con i suoi antichi occhi castani.
"E va bene" borbottò risedendosi con un tonfo "Annabel, racconta un po' perchè avete portato questo tizio qui"
Annabeth ignorò il fatto che avesse sbagliato il suo nome per l'ennesima volta e spiegò ciò che era successo.
"Quindi non ricordi nulla di come sei arrivato qui?" fece Chirone, con la fronte aggrottata.
Paride scosse la testa.
"Ricordo solo di essermi ritrovato sotto la luce del sole dopo tanto tempo e di aver ringraziato gli dei per questa seconda occasione. Ho pregato che mi ricongiungessero con Elena ed è successo"
Tese la mano verso Annabeth che però fece un passo indietro, con un'espressione di scuse.
Il principe sembrò ferito da quel gesto, ma lo nascose subito.
Percy avrebbe voluto mettere un braccio intorno alla vita della figlia di Atena, ma si trattenne perchè sapeva che non aveva senso la sua gelosia.
Non era colpa di Paride se credeva fermamente che Annabeth fosse Elena: o erano identiche come due gocce d'acqua, oppure qualcuno aveva instillato nella mente del principe questa convinzione – Percy sperava tanto fosse la prima opzione, perchè nel secondo caso avrebbe significato un problema molto più grande.
In più sapeva che Annabeth poteva difendersi benissimo da sola.
Era più un riflesso incodizionato che governava la mente del figlio di Poseidone, oltre al fatto che il suo difetto fatale fosse la lealtà.
Percy sentiva di dover proteggere Annabeth.
Forse non era un caso che, due anni prima, quando aveva fatto il bagno nel fiume Stige per diventare invulnerabile lei fosse stata la sua ancora per il mondo mortale: quasi come se lei stessa fosse stata il suo tallone d'Achille.
"Lei non è Elena" alla fine non riuscì più a trattenersi "te l'abbiamo già spiegato"
"Lei è Elena, solo che non se lo ricorda" insistè Paride "gli dei devono averle fatto un qualche incatesimo per tenerci separati. Se solo si sforzasse..."
"Non deve sforzarsi proprio a fare nulla! Lei non è la persona che pensi tu, quindi sarebbe davvero il caso che-"
Annabeth gli mise una mano sul braccio, con gli occhi grigi che lampeggiavano come ammonimento.
"Forse dovresti lasciarci soli, figliolo" suggerì Chirone, in tono gentile "vai a salutare i tuoi amici"
"Ma..." iniziò Percy.
Annabeth scosse la testa.
"Ce la caveremo anche senza di te, Testa d'Alghe" si alzò sulle punte e gli diede un bacio sulla guancia "promesso"
Sapendo di non avere altra scelta, Percy sospirò e annuì.
Mentre usciva dalla Casa Grande, sentì il signor D che borbottava qualcosa sul fatto di avere sempre ragione e che il figlio di Poseidone portasse solo guai.
Fece un respiro profondo e decise di andare nell'Arena per allenarsi con Vortice: almeno lì avrebbe potuto prendersela con i manichini in armatura greca e avrebbe evitato di venire trasformato in un delfino.
Percy si aspettava di venir assalito dal suo segugio infernale, la Signora O'Leary, una volta entrato nell'Arena perché era quello che di solito accadeva.
La cagnolona era appartenuto a Dedalo che, prima di morire, aveva chiesto a Percy di occuparsi di lei e ora viveva al Campo.
Si divertiva da matti a giocare a "Prendi il greco" con i manichini che i ragazzi usavano per le esercitazioni di scherma.
Questa volta il figlio di Poseidone invece dovette ricredersi, perché, quando mise piede nella grande sala circolare, non venne attaccato da nessun segugio infernale.
"Ehi Percy"
Fu felice di vedere Nico di Angelo che carezzava le grosse orecchie della Signora O'Leary.
Da quando si era fidanzato con Will Solace, un figlio di Apollo, sembrava più felice e quasi Percy doveva sforzarsi per ricordare che quel ragazzino un tempo era stato un gran pericolo per il Campo.
"Nico!" lo salutò "Pensavo fossi al Campo Giove con Hazel"
Il figlio di Ade scosse la testa.
"Ci andrò, ma prima volevo fare un salto qui" poi i suoi occhi si illuminarono, mentre le guance si imporporavano "e poi voglio portare Will in California a conoscere Reyna"
Percy annuì.
Ricordava quando, alla fine della guerra con Gea, Nico gli aveva rivelato di aver provato qualcosa nei suoi confronti ma che alla fine aveva capito che lui non era il suo tipo.
Percy non se lo sarebbe mai aspettato: come poteva qualcuno che lo odiava, essere innamorato di lui?
Ora era contento che Nico fosse felice con Will.
Ne aveva passate tante e meritava un po' di tranquillità.
A volte lo guardava e realizzava che quel ragazzino pelle e ossa, perennemente accigliato, aveva attraversato il Tartaro da solo ed era sopravvissuto.
Percy, senza Annabeth, non ce l'avrebbe mai fatta.
Nico era molto più forte di quanto lui sarebbe mai potuto essere.
"Hai la faccia scura" commentò il figlio di Ade, dopo un po'.
Percy alzò lo sguardo, ritornando alla realtà, e sospirò.
"Allenati con me" disse "ho bisogno di pensare ad altro"
Nico inclinò la testa di lato, ma annuì.
Sguainò la sua spada nera di ferro dello Stige e cominciò a girare attorno a Percy, che aveva tolto il cappuccio a Vortice.
Il figlio di Ade tentò un affondo, ma il figlio di Poseidone lo parò con facilità.
"Paride è tornato dal regno dei morti ed è qui" disse, schivando un altro fendente.
Nico inarcò un sopracciglio, mentre scartava di lato.
"Non ti sto prendendo in giro" giurò Percy.
"Aspetta" fece l'altro "quel Paride? Quello dell'Iliade?"
"Ed è convinto che Annabeth sia Elena"
"Oh"
Probabilmente Nico sperava che Percy fosse distratto, perché tentò di disarmarlo ma il figlio di Poseidone rigirò il piatto della lama e gli fece cadere la spada.
Nico alzò le mani in segno di resa, guadando Vortice che era puntata al suo petto.
"Calmati, Percy" disse "non sono io quello che è innamorato della tua ragazza"
Percy sembrò rendersi conto solo in quel momento della posizione in cui era, perché aggrottò la fronte.
"Scusa" borbottò, facendo un passo indietro.
Nico fece un sorriso inquietante e aprì le braccia.
All'improvviso, il figlio di Poseidone si ritrovò a terra: le gambe e le braccia bloccate da mani scheletriche che uscivano da uno squarcio del terreno.
"Siamo pari" ammise "ma ora liberami, vorrei continuare a insultare Paride con qualcuno"
Il figlio di Ade rise e gli porse la mano, aiutandolo ad alzarsi.
I guerrieri scheletrici erano già scomparsi nel nulla.
Si sedettero per terra, facendo alzare la polvere.
La Signora O'Leary aveva trovato uno scudo luccicante e ora la sua missione era riuscire ad acchiapparlo.
"Perché credi sia qui?" domandò Nico "Paride, intendo"
Percy scosse la testa.
"In realtà speravo saresti stato tu a darmi qualche risposta" ammise "io e Annabeth crediamo sia scappato dalle Porte della Morte prima che le chiudessimo. Solo che è passato un anno: cos'ha fatto in tutto questo tempo?"
Il figlio di Ade corrugò la fronte, riflettendo.
"Potrei chiedere a mio padre se sa qualcosa" disse.
Percy gli diede una pacca sulla spalla.
"Te ne sarei grato" disse "prima se ne torna negli Inferi, meglio è"
L'altro rise.
Avrebbe dovuto farlo più spesso, pensò il figlio di Poseidone, perché aveva una bella risata.
"Credi sia l'inizio di qualcosa di grosso?" fece Nico, dopo un po'.
Percy non rispose.
Aveva la sensazione che quello che stava accadendo ora, sarebbe dovuto succedere tempo prima.

Stay | PercabethOnde histórias criam vida. Descubra agora