XII. Ultima resistenza

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Percy non ricordava di essersi addormentato, ma a quanto pare doveva essere successo perchè non si ritrovava più in California, seduto su uno dei tronchi cavi a fare il suo turno di guardia, ma si ritrovava in una camera nuziale.
Ricordò all'improvviso che Frank lo aveva scosso dai suoi pensieri, prevalentemente riguardanti Annabeth e il suo destino, dicendogli che doveva dormire un po' altrimenti non sarebbe stato di nessun aiuto.
Aveva protestato, ma senza successo: si era reso conto che effettivamente le palpebre stavano implorando per chiudersi e che anche la sua voce era strana, così si era disteso sulla sabbia morbida e fredda.
Nel sogno, sapeva di essere invisibile.
Erano cose che a volte capiva senza un particolare motivo, ma in quel momento non si fece altre domande perchè vide che nel letto c'era Paride.
Fece un balzo avanti e si infilò la mano in tasca, per estrarre Vortice e infilzarlo.
Ma la tasca dei suoi pantaloni era vuota.
Si diede dello stupido, perchè come sempre i sentimenti avevano rimpiazzato la ragione.
Era una sogno: non poteva di certo uccidere il suo nemico.
Fece un sospiro e continuò ad osservare Paride, pensando che forse stava sognando il posto in cui dormiva nel monastero.
Il principe però aveva qualcosa di diverso: sembrava più colorito e più in forze.
Ad un certo punto mugugnò qualcosa e si girò dall'altra parte, aprendo poi gli occhi scuri.
E sorrise.
"Sei già sveglia?" chiese, con la voce ancora impastata dal sonno.
Percy si voltò di scatto e si rese conto che Paride non era da solo nella camera.
Una giovane donna era seduta su uno sgabello, accanto alla finestra senza vetro, con i lunghi capelli biondi che le ricadevano fino alla vita arricciati morbidamente.
Così il figlio di Poseidone capì che non stava sognando il presente, ma il passato.
Era un ricordo.
Paride era così colorito e in forza perchè era ancora vivo.
La donna si voltò e fece un sospiro.
"Sono in pensiero, amore mio" disse.
Percy trattenne bruscamente il fiato.
Per un solo istante pensò di avere Annabeth davanti a sè.
Poi la osservò più attentamente e si rese conto che non era così, nonostante capisse perchè Paride avesse scambiato Annabeth per Elena.
Eppure Percy non avrebbe mai potuto farlo.
C'erano alcuni piccoli dettagli che gli facevano notare la differenza.
Gli occhi, ad esempio.
Gli occhi di Annabeth erano grigi come una tempesta, quasi minacciosi, mentre quelli di Elena erano più azzurro cielo.
Ma soprattutto lo sguardo era diverso.
Quello di Annabeth era animato da un'acuta intelligenza e incredibile testardaggine, mentre quello di Elena era... vuoto.
Come se non provasse emozioni.
Era bellissima, non c'era dubbio, ma come può esserlo una statua d'avorio: una bellezza eterna, ma distaccata.
Sembrava non appartenere al mondo dei mortali, ma nemmeno a quello degli immortali.
"Cosa ti preoccupa, amore mio?" domandò Paride.
Si era messo a sedere e il lenzuolo era scivolato sino alla vita, lasciandogli scoperto il petto nudo e muscoloso.
Elena tornò a guardare fuori, dove la città era in agitazione.
"Sento i cittadini" disse "e dicono che la guerra è finita. Dicono che gli Achei hanno lasciato un dono sulla spiaggia, un cavallo di legno gigantesco, come offerta agli dei.
Le navi sono sparite dalla spiaggia, come se se ne fossero andati davvero"
"È una splendida notizia!" esclamò Paride "Hanno capito che avrebbero perso e questo era l'unico modo"
"Ho sentito un'ancella dire che gli uomini si stanno radunando sulla spiaggia" continuò lei "vogliono decidere se far entrare il cavallo in città"
Lui le si inginocchiò accanto e, con sollievo, Percy si rese conto che in quel lasso di tempo doveva essersi rivestitio perchè ora indossava una semplice tunica bianca bordata di celeste.
Le prese la mano e la baciò.
"Non sei contenta?" sussurrò.
Elena si voltò a guardarlo e il figlio di Poseidone non riuscì a capire se ricambiasse l'amore di Paride o no.
Nei suoi occhi non riusciva a leggere un bel niente.
"Non mi sembra possibile" rispose "Agamennone non avrebbe mai accettato la resa"
"Forse quel codardo di Menelao lo ha convinto" suggerì lui.
Se Elena fu toccata dall'appellativo conferito al marito, non lo diede a vedere.
"E se fosse una trappola?" bisbigliò.
Paride drizzò la schiena per fare in modo che i loro occhi fossero alla stessa altezza.
"E se invece fosse un dono che gli dei ci hanno fatto per dire che approvano il nostro amore e che la guerra è finita?" ribattè.
Le carezzò la guancia e poi le diede un bacio.
Le sorrise un'ultima volta, mentre si allontanava per recarsi dove c'era una bacinella in ceramica con dentro l'acqua.
Paride era voltato di spalle, perciò non la vide quando Elena estrasse dalle pieghe del suo chitone un pugnale.
Percy lo riconobbe: era Katoptris, il pugnale della sua amica Piper.
Elena vi guardò all'interno, come per specchiarsi.
Ma all'impovviso il suo volto diafano scomparve e al suo posto si vide per un solo istante una città in fiamme e sopra la rocca, come un angelo vendicatore, un cavallo di legno.
La donna riportò subito in grembo il pugnale, nascondendolo, e si voltò a guardare Paride.
Di nuovo, il suo viso pareva una maschera.
"Percy, svegliati"
Percy aprì gli occhi di scatto e balzò in piedi.
"Che succede? Ci attaccano?"
Frank fece una mezza risata.
"No, tranquillo" lo rassicurò "niente pericoli per ora. Ma è l'alba e se vogliamo salvare Annabeth dobbiamo partire ora"
Il figlio di Poseidone annuì e si guardò intorno.
Hazel, che doveva aver fatto l'ultimo turno di guardia, stava svegliando Achille e Patroclo.
Dovevano aver chiarito, perchè si erano addormentati vicini con le spalle che si sfioravano.
Percy lo sperava.
Forse quella sarebbe stata la loro ultima notte.
Quando ebbero raccolto tutte le loro cose, Patroclo si mise in testa al gruppo e si guardò intorno, aggrottando la fronte.
"Ricordi dove dobbiamo andare?" chiese Percy.
Lui alzò una mano, socchiudendo gli occhi.
"Ho attraversato un grosso bosco" ricordò "e dopodichè una città, poi una collina finchè non sono spuntato al Campo Giove"
"Sarà impossibile ritrovare quel bosco" fece Achille "siamo nel deserto"
"Ho la soluzione"
Frank sorrise e si trasformò in un'aquila dal collo bianco.
Si librò in volo ad una velocità incredibile e scomparve alla vista.
"Ancora non capisco come possa farlo" commentò il Pelide.
"È una lunga storia" spiegò Hazel.
Aveva proposto di chiamare Arion per un passaggio, ma tutti e cinque non ci sarebbero mai stati sulla sua groppa e non avevano un carro a portata di mano.
Dopo qualche minuto, l'aquila Frank tornò.
"Ho trovato il bosco di cui parlava Patroclo" disse, una volta tornato umano "e ho visto il monastero. Potrei tornarci in un batter d'occhio e portare via Annabeth. Magari trasformandomi in un drago o che so io. Ma non penso che la trasformazione inganni il fatto che sono un semidio perciò..."
"Perciò dovremmo andare a piedi" concluse Percy "e poi Achille deve per forza venire con noi"
Patroclo serrò la mascella, ma non disse nulla.
Percy si rese conto che probabilmente l'unica possibilità che avevano per stare insieme era che Achille non partecipasse all'assalto al monastero ed evitasse di incontrare Paride, cosa che avrebbe portato alla sua morte.
Ma c'erano due ostacoli: gli eventi si sarebbero dovuti ripetere per filo e per segno come la prima volta, ciò significava che se Achille non fosse morto per primo, non sarebbero mai riusciti ad uccidere Paride.
E poi senza Achille non avrebbero potuto infrangere la protezione intorno al monastero.
Il figlio di Poseidone aveva conosciuto abbastanza Patroclo per sapere che non avrebbe mai condannato Annabeth ad essere sacrificata se poteva fare qualcosa per impedirlo.
"Quanto ci metteremo a piedi?" chiese Achille.
"Se andiamo a passo svelto, penso che arriveremo poco prima del tramonto" rispose Frank "giusto in tempo"
"Allora mettiamoci in marcia"
Camminarono per ore, decidedendo un piano d'attacco.
Visto che Paride probabilmente avrebbe avuto rinforzi, Hazel e Patroclo si sarebbero occupati di loro mentre Achille avrebbe sfidato lo stesso principe a duello.
Paride non avrebbe potuto rifiutare: come aveva spiegato Achille, sarebbe stato come dichiararsi codardi e le leggi morali greche e troiane lo impedivano.
Il duello avrebbe permesso di fargli abbassare la guardia, cosicchè Frank avrebbe potuto scoccare la freccia dell'arco di Filottete, mentre Percy sarebbe andato a cercare Annabeth.
"Questo bosco è davvero tanto fitto" commentò Percy, una volta giunti davanti a un'immensità di alberi "non possiamo permetterci di perdere tempo abbattendoli con la spada"
"Aspettate" Patroclo andò un po' avanti, proseguendo lungo il perimetro del bosco oltre il quale c'era il monastero "mentre correvo, sono caduto e mi sono ferito ad una mano. Così ne ho approfittato per marcare gli alberi vicino ai quali passavo. In questo modo troveremo lo stesso sentiero che ho usato io"
"Prima regola dell'addestramento di Chirone: lasciare sempre una traccia per ritrovare la strada" sorrise Achille.
Però l'altro non ricambiò il sorriso.
"Qui" esclamò Hazel, poco più avanti "guardate"
"Santi numi" borbottò Frank, alzando gli occhi "penso di aver calcolato male i tempi, manca davvero poco al tramonto"
Non ebbe il tempo di finire la frase: Percy si era già messo a correre.
Gli altri si lanciarono al suo inseguimento, gridandogli di fermarsi, che ce l'avrebbero fatta pensando razionalmente.
Il pensiero che senza Achille e la spada non sarebbe riuscito a portare a termine la sua missione passò per un istante nell'anticamera del cervello del figlio di Poseidone, che però lo scartò subito.
Era così vicino... Annabeth era là oltre quegli alberi alti dieci metri.
Superò la fine del sentiero e vide la chiesa che si ergeva davanti a lui.
Era circondata da una grossa siepe e oltre le strade acciottolate che conducevano alla basilica c'era il monastero vero e proprio.
Fece per lanciarsi oltre l'ingresso, ma una macchia bionda gli si parò davanti.
"Fermati!" Achille lo prese per la maglietta e lo strattonò indietro "Vuoi farti ammazzare ora che ce l'hai quasi fatta?"
"Lasciami andare" sibilò Percy "sono così vicino!"
"Ragiona, Percy! Fammi solamente spezzare questa maledetta barriera e poi potrai andare a cercare Annabeth. Precipitarti là dentro in questo momento non ti aiuterà, te lo dico per esperienza"
Lo guardò intensamente con i suoi occhi azzurri e poi, una volta capito che si stava calmando, si allontanò.
Achille si avvicinò all'ingresso e sguainò la spada.
Rimase fermo un istante, poi menò un arco con la lama e la barriera si infranse come vetro.
Fu uno spettacolo così stupefacente che perfino Percy rimase fermo sul posto, come imbambolato.
Il Pelide fu il primo a riprendersi dallo shock e fece per entrare, ma venne fermato.
"Aspetta!" Patroclo gli corse incontro, pallido come un fantasma.
Lo guardò dritto negli occhi, ancorandolo dov'era.
"Sai che devo farlo" gli disse Achille, dolcemente "è l'unica soluzione"
"Avevi detto che saremmo stati sempre insieme" ribattè Patroclo "eppure ora stai per andare nell'unico posto in cui io non posso raggiungerti"
Il Pelide strinse i pugni.
"È il mio destino!"
Il Meneziade gli prese la mano con forza.
"E il mio destino è stare con te!"
Achille lo guardò per un lungo istante con i suoi brillanti occhi azzurri.
"Per una volta" mormorò l'altro "una sola volta, non essere un uomo d'onore. Ma sii l'uomo che amo"
Achille si sporse in avanti e lo baciò per l'ultima volta.
"Non andare" sussurrò Patroclo, la voce più lieve di una piuma.
"Perdonami"
Achille gli carezzò la guancia, veloce come il vento, e poi varcò la siepe del monastero.
Vederlo in movimento fece scattare qualcosa nel cervello di Percy che si mise di nuovo a correre.
Quando passò accanto a Patroclo lo sentì emettere un respiro mozzato, come se gli avessero tolto l'aria dai polmoni, per poi mettersi a correre a sua volta insieme ad Hazel e Frank.
Attraversarono il giardino, entrando poi nella chiesa.
Passata la navata con le panche in fila, i soffitti a volta dipinti con scene celestiali e l'immenso organo sopra la balaustra, giunsero all'interno del chiostro del monastero.
E lì videro Annabeth, in ginocchio con le mani legate davati a sè, e Paride dietro di lei con la spada puntata sopra il collo di lei.
Il sole morente illuminava i due come se fossero i protagonisti di una tragedia sul palcoscenico.
"Fermo!" gridò Percy, con Vortice sguainata.
Paride alzò gli occhi.
"Non è voi che voglio punire" disse "andatevene finchè siete in tempo. Solo lei pagherà"
"Hai paura di perdere?" ribattè il figlio di Poseidone.
In quel preciso istante, dalla terra emersero dei guerrieri.
Erano fatti di arbusti intrecciati tra loro, così come le loro spade che non per questo sembravamo meno affilate.
"Sei sempre stato un codardo" rincarò Achille, con la spada che brillava "anche durante la guerra non eri mai in prima fila. I millenni non ti hanno cambiato, figlio di Priamo. Tuo fratello Ettore è stato un degno avversario, ma tu?"
"Sono io che ti ho ucciso, Pelide" ribattè Paride.
"Con l'aiuto di un dio, Priamide"
"Piramide?" ripetè Percy, che però fu ignorato.
"Ma sarai capace di farlo da solo?" concluse Achille?
Negli occhi di Paride passò un lampo di comprensione.
"Proprio così" continuò Achille "ti sto sfidando a duello. Sappiamo entrambi che non puoi rifiutare, come non ha potuto farlo Ettore"
Paride abbassò la spada e si allontanò da Annabeth, che stava guardando disperata verso di loro.
Scuoteva la testa, come per dire ad Achille di stare attento.
Percy riflettè che lei non sapeva quale fosse l'unico modo per salvarla.
"La spada!" gridò "Non fatevi ferire dalla spada!"
Paride le diede un colpo con l'elsa e lei crollò di lato.
"Non toccarla!" gridò Percy "Allontanati subito da lei!"
"Ti sto aspettando, Paride" disse Achille.
Paride si lanciò in avanti e il duello iniziò.
I soldati di arbusti attaccarono, mentre gli altri facevano di tutto per difendersi e aprirsi un varco verso Annabeth.
Frank non poteva mutare forma, perchè altrimenti non avrebbe potuto scoccare la freccia perciò era costretto a combattere con la spada.
Hazel utilizzava la Foschia per confondere i nemici e nel frattempo menava fendenti con al sua spatha.
Percy abbattè tre soldati e corse verso Annabeth.
"Percy..." mormorò lei.
"Miei dei, Annabeth"
La prese tra le braccia e la strinse a sè.
Quasi non gli sembrava vero di averla accanto.
L'aveva ritrovata.
"Ho avuto così paura" le bisbigliò.
"Anche io" fece lei "ma ora sei qui. Ora siamo di nuovo insieme"
Percy le prese il viso tra le mani e la guardò negli occhi.
Quelli di lei erano lucidi.
"Ti ho detto che non ci saremmo più separati" le ricordò "e io mantengo la promesse"
Annabeth sembrò sul punto di dire qualcosa di importante, ma poi cambiò idea.
"Io... avremo tempo per parlare" disse alla fine "ora liberami, devo darvi una mano"
Percy l'aiutò a tirarsi su e poi trattenne bruscamente il fiato, guardando oltre di lei.
"Di Immortales" mormorò.
Achille menò un fendente e la spada di Paride schizzò via, volando a qualche metro dai due.
Poi si girò e lanciò uno sguardo a Patroclo, che con un colpo distrusse un soldato che lo stava bloccando.
"No!" gridò lui, con gli occhi sgranati.
Paride aveva estratto una freccia dalla faretra che aveva sulla schiena e aveva spinto Achille, che non aveva opposto resistenza.
Il Pelide cadde, gli occhi fissi su Patroclo che correva verso di loro.
"Ti amo" sillabò in silenzio.
Quando Paride chinò il braccio e la punta della freccia lo colpì sul tallone, il corpo di Achille divenne un leggero fumo dorato che si dissolse nell'aria.
Patroclo gridò di dolore, lanciandosi su Paride.
"Percy, sbrigati!" gridò Annabeth, anche se aveva la voce spezzata.
"Achille..." mormorò lui.
Sapeva che sarebbe finita così, ma saperlo e vederlo erano due cose ben diverse.
Quando si riscosse, si allontanò di un passo e fece per tagliare le corde che le legavano le mani e i piedi con Vortice, ma qualcuno lo fece cadere a terra.
Si girò e vide di essere accanto a Patroclo, anche lui a terra con un occhio che si stava gonfiando.
"NO!" gridò Ananebth, cercando di dimenarsi.
Ma Paride, che aveva recuperato la sua sapda, la teneva stretta da dietro in una morsa d'acciaio.
Frank aveva l'arco teso davanti a sè, con la freccia incoccata.
"Lasciala andare" disse "è finita"
"Verrete tutti sacrificati alla madre terra" ribattè lui "potrete anche avere l'arco di Filottete, ma non vincerete"
Percy cercò di alzarsi, ma sembrava ancorato a terra.
Vide Annabeth che guardava la freccia di Frank con attenzione e poi i suoi occhi grigi divennero tempestosi, segno che le era venuta un'idea.
"Invece abbiamo appena vinto" disse.
Gli pestò un piede con tutta la sua forza e si slanciò in avanti, dando un secondo prezioso a Frank.
La freccia volò fendendo l'aria e si conficcò nel cuore di Paride, che divenne fumo argenteo.
La spada cadde a terra e sparì in un lampo dorato.
"Annabeth!" gridò Percy.
In un secondo le fu accanto, prendendola tra le braccia, registrando distrattamente che con la morte di Paride anche l'ultima resistenza di Gea era sconfitta.
Erano soli nel chiostro.
"Percy..." mormorò lei.
"Ce l'abbiamo fatta" bisbigliò lui.
Le alzò il viso per guardarla negli occhi.
E divenne di pietra.
Annabeth era pallida come un fantasma e aveva il volto lucido di sudore, come se fosse stata ferita.
"Di nuovo" disse piano "ci casco ogni volta eh? Anche un solo graffio di quella spada è fatale, Testa d'Alghe. Mi dispiace, era l'unico modo"
Percy scostò la mano che le teneva al fianco e la vide macchiata di sangue.
"Annabeth" disse "Annabeth!"
Ma lei ricadde senza sensi tra le sue braccia.

Stay | PercabethWhere stories live. Discover now