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15 Gennaio 2022

Quando arrivammo all'hotel venni a conoscenza che sarebbe stato meglio se avessi detto subito a mio padre della situazione attuale con Jason, dato che per la prima volta in anni mi aveva voluto concedere di dividere la stanza con il mio ragazzo.

La prima volta che decideva di fare una cosa del genere e volevo morire. Non perché sarebbe stato difficile non litigare (ok probabilmente pure quello), ma sopratutto perché se seriamente Jason e io avessimo diviso la stanza, saremmo finiti col scopare quasi sicuramente.

Sperai soltanto che quel ragazzo avrebbe trovato un modo per dire alle nostre famiglie della nostra situazione e di come io sarei stata capace di soffocarlo nel sonno per quello che aveva fatto.

La vista era spettacolare e l'hotel non troppo affollato. Sulla via dell'andata il nostro autista aveva indicato a Cole e me qualche après-ski nuovo ed entrambi ci eravamo guardati con un grande sorriso stampato in faccia.

«Posso già immaginarci: tu su un tavolo a ballare e io a cantare», mi aveva sussurrato nell'orecchio ridacchiando.

«Cole, se iniziassi a cantare ci ammazzeresti tutti.»

«E tu se ballassi.»

Dopo aver pranzato in hotel, Cole ed io lasciammo papà in camera a smistare le sue valigie e ci mettemmo comodi su una delle numerose poltrone posizionate alla perfezione nella hall.

Avevo avuto l'opportunità di osservare la stanza che mio padre aveva preso per me e il mio amato "ragazzo", notando con soddisfazione che era al quanto spaziosa e che oltre a un letto ci si era stato messo un divano, quindi supposi che uno dei due ci avrebbe dormito.

Cole sfogliò con interesse una delle riviste messe a disposizione dall'hotel: «Sai per caso se ci sarà anche Claire queste settimane?»

Lo guardai al quanto stupita: «Non lo so, pensavo vi foste sentiti voi due.»

«Non proprio», ammise un po' assente, rivolgendosi alla rivista.

«No, non lo so comunque. Sarà bello rivederla però.»

«Sicuramente. Ti ricordi quando ha affondato la faccia di Jason nella neve?», ridacchiò compiaciuto. Scoppiai a ridere. Jason era andato su tutte le furie, il che mi aveva divertito.

«Certo che me lo ricordo. È un'icona. Hai ancora la foto?»

«Che domande... dovrebbero appenderla in un museo per quando è fantastica.»

«Concordo.»

Mi voltai verso la vista sulle montagne; non ero ancora riuscita a trovare un modo per tranquillizzarmi. Tutta quella faccenda era al quanto ridicola.

Non ci eravamo neanche accorti, rilassati come eravamo, della famiglia che entrò in quel momento dall'ingresso dell'hotel. I due genitori erano entrambi vestiti relativamente eleganti, mentre i due figli si guardavano in giro in cerca di qualcosa.

Quando incontrai lo sguardo di Jason persi il controllo del battito cardiaco. Mi misi a sedere, irrigidendomi.

La madre mi avvistò subito, venendomi così incontro a braccia aperte: «Charlotte! Cole! Che bello rivedervi!»

Cole si risvegliò confuso, per poi affiancarmi in piedi in direzione della famiglia.

«Ana, siete arrivati finalmente», la salutai sorridente, prima di scambiarci due baci sulle guance.

«Infatti. Vi aspettiamo da secoli», aggiunse Cole prima di baciarla.

Provavo con tutta la forza mentale che avevo a non incrociare lo sguardo con Jason, il quale continuava a bruciarmi con lo sguardo. Notai con felicità che i Filston si erano portati dietro anche Claire, così ci abbracciamo entusiaste e iniziammo immediatamente a raccontarci di cose varie.

«Charlotte, diventi sempre più bella. Le foto che mi ha fatto vedere Jason non ti rendono giustizia», mi complimentò Ana,  accarezzandomi i capelli. Quali foto?

Le sorrisi in imbarazzo, arrossendo. «Grazie, anche te.»

Lei rise, ma io ero sincera. Era sempre stata una bella donna. Bella come il figlio.

A quanto pare neanche Jason aveva avuto il coraggio di dire niente ai suoi genitori o forse pensava che quella di ieri fosse solo una piccola litigata.

Il signor Filston prese sotto braccio il figlio, anche se era di qualche centimetro più alto: «Bè, ragazzi. Cos'è questo silenzio? C'è stato qualche bisticcio-»

«George!», lo interruppe Ana, spiazzata, «Sono affari loro se hanno litigato. Io direi che ci avviamo verso le nostre camere e disfiamo i bagagli.»

Annuimmo tutti e così ci incamminammo verso gli ascensori, quando Jason provò a mettermi una mano sulla schiena gli lanciai uno sguardo omicida.

Se la riprese a sé come scottato, evidentemente si era dimenticato della nostra situazione. Sapevo benissimo che molto presto avremmo dovuto parlare, quando saremmo arrivati in stanza.

Quando si chiuse l'ascensore alle mie spalle Ana si schiarì la voce: «Dove sta tuo padre, Charlotte?»

«In camera a disfare le valigie. Sai com'è...»

Ridemmo insieme. Jason invece si passò le mani tra i capelli per sbuffare.

Ana sussultò:« Ah, quasi dimenticavo. Abbiamo prenotato fuori per stasera. Voi ragazzi potete poi andare a fare un giro. Ho sentito di alcuni locali molto belli.»

«Mamma, non sono mai stata così d'accordo con te», rispose Claire, mi guardò contenta.

Potei solo sperare che non ci saremmo ubriacati, sopratutto perché sia mio fratello che Jason sarebbero venuti con noi. E se l'avessi fatto avrei perso il controllo. E quando io perdevo il controllo Jason mi baciava sotto alla mandibola. E quando lo faceva io ero sua.

Jason ed io venimmo quasi spinti fuori dall'ascensore quando arrivammo al piano della nostra stanza. Non appena si chiusero le porte e potei levare quel finto sorriso che avevo avuto addosso per quel tempo, mi avviai il più svelta possibile in direzione della stanza.

«Charlotte. Sei ancora arrabbiata?», mi chiese Jason con tono un po' annoiato alle mie spalle.

Mi prendi in giro? Ormai avevo già aperto la stanza e ci avevo messo piede dentro.

Mi voltai con le braccia incrociate e la bocca aperta in sua direzione: «Fai sul serio?»

«Perché?» Lui parve più perplesso di me, come se ciò che gli avessi detto ieri non fosse mai accaduto e come se io avessi esagerato e avessimo fatto pace.

Mi sedetti sul letto, lui rimase in piedi. Mise le borse sul divano sotto alla finestra.

«Jason, non so di quanta droga ti sei fatto in questi mesi, ma dovresti aver capito comunque che ieri ti ho chiesto una pausa. E sì, sono ancora arrabbiata.»

Si fece scappare una risatina: «Ok. Ma abbiamo avuto una pausa di un giorno.» Respira.

«Jason, ero seria.»

«Anche io, Char. Ti ho detto che ti amo.»

Abbassai lo sguardo. «Non voglio più parlarne. Non stasera.»

Sospirò sconfitto, fece cadere la borsa a terra. «Quanto tempo vuoi?»

Finalmente un comportamento maturo. Sinceramente neanche io sapevo cosa rispondere. Mi portai le ginocchia al petto, mentre lui si fece cadere sul divano.

«Non voglio tempo. Cioè- sì- ma voglio solo tranquillizzarmi. Fa male continuare a scoprire che mi hai mentito», gli spiegai.

Jason rimase in silenzio a scrutarmi, come un cane bastonato. Restammo un attimo in silenzio a guardarci.

«Non ti ho mentito questi mesi quanti ti ho detto che ti amo», ribadì sincero, ma distolsi lo sguardo. Dio, è testardo.

ThundersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora