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Dopo la corsa della squadra, tornai a casa per farmi una doccia e indossare una tuta

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Dopo la corsa della squadra, tornai a casa per farmi una doccia e indossare una tuta. Allison mi aveva aspettato in stanza e adesso stava aspettando sul mio letto.

Per il resto della serata non facemmo niente di che, come facevano quando avevamo il ciclo o eravamo semplicemente di mal umore.

Avevamo ordinato una pizza alla Margherita alla solita pizzeria, ci eravamo rifugiate sotto alle coperte del mio letto ed eravamo rimaste sveglie fino a tardi a guardare Netflix. Sempre drammatici, dato che ci piaceva piangere per la fine commovente.

Era mezzanotte e mezza. Ormai la mi fedele amica era crollata per la stanchezza improvvisa, lasciandomi sola e sveglia in salotto.

Stavo leggendo "Guerra e pace" sul divano gelido per non svegliarla. Avevo iniziato a leggere quel libro qualche settimana prima, dato che Jason aveva detto che "non si può dire di aver vissuto se non si ha letto questo libro". Guarda un po' che poeta il deficiente...

Ma per quanto lo odiassi non riuscivo a togliermi dalla testa il suo sguardo scrutarmi con un sorrisetto. O a non ripetere nella mia mente ogni sua spinta o ansimo nel mio orecchio.

Presi un altro sorso dal bicchiere di vino, mentre continuai a scrutare le parole stampate sulla carta. Ma mi sentivo sola e al freddo.

Mio padre era fuori per lavoro, come quasi sempre ormai, mentre mio fratello era uscito con degli amici per andare ad una festa in centro. E così mi aveva lasciata sola con Allison a casa.

Feci per chiudermi meglio la zip della felpa grigia che avevo indossato per il freddo, quando sentii il rumore di una macchina avvicinarsi all'entrata di casa.

Per qualche secondo rimasi immobile a pensare. Forse era mio fratello che veniva riaccompagnato a casa, eppure era troppo presto per lui. Volevo pensare bene di lui e credere che per una volta non fosse svenuto sul divano di qualcuno, ma avrei mentito.

Sospirai e mi alzai dal divano. Posai il bicchiere e il libro sul tavolino per avvicinarmi alla porta.

Appoggiai l'orecchio con delicatezza alla porta d'ingresso per poi sentire, non appena sfiorai il legno, dei passi zoppi avvicinarcisi.

Mi avvicinai alla vetrina verticale accanto alla porta. Spalancai gli occhi non appena riconobbi la figura di Jack. Aveva confuso le mani nei capelli e trascinava i piedi in mia direzione.

Notai immediatamente dalla sua espressione che non aveva bevuto poco, il che mi lasciò pietrificata all'idea. Non avevamo ancora parlato dopo la rottura e speravo non intendesse farlo ora.

Jack spostò lo sguardo dal legno della porta al mio, appostato dietro alla vetrina. Si precipitò sul vetro, battendo con forza. Per fortuna senza rovinarlo minimamente.

Caddi a terra sul sedere. Indietreggiai trascinandomi. Jack diede un pugno più forte alla porta.

«Char! Ti devo parlare», ansimò con tono nauseato.

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