Billy Brown had lived an ordinary life

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Mi chiamo Michael Penniman, ho trentadue anni e ho una vita perfettamente ordinaria.

Mia moglie si chiama Elisa e ci siamo sposati otto anni fa, mi ricordo ancora il suo sguardo terrorizzato, era così agitata. Pensava che fosse troppo presto, ma io ho insistito. In fondo, la amavo. L'ho amata dal primo momento che l'ho vista, credo sia stato quello che tutti chiamano un colpo di fulmine.
L'ho vista la prima volta in quel negozio di profumi, lei mi stava consigliando cosa regalare alla mia ex fidanzatina. Mi viene da ridere se ci ripenso, sono stato così stupido quel giorno, un vero e proprio (idiota) casanova.
Ma i suoi occhi mi avevano rapito, erano azzurri, di un azzurro chiaro come il cielo senza nuvole. Mi mettevano tanta pace e sicurezza. No, mi mettono. Presente.
Lei è ancora mia moglie e io la amo ancora.

Credo.

Okay, proverò ad essere sincero.

Qualche giorno fa parlavo con un mio collega di lavoro - sono un graphic designer, comunque - e mi raccontava di questa fantastica vacanza che aveva appena fatto con sua moglie, sulle coste del Messico. Era così entusiasta che riuscì a trasmettermi le più piccole sensazioni.
Così ho pensato: "Adesso gli racconto anche io delle mie vacanze con mia moglie e miei figli". Ma poi mi sono fermato. Perché in realtà la nostra vacanza non è stata neanche lontanamente tanto entusiasmante quanto la sua.
Siamo andati in spiaggia, poi a trovare mia madre e abbiamo allungato per fare due giorni in montagna. Tutto molto bello, ma non bellissimo.
E allora mi sono chiesto, inevitabilmente: perché io non mi sono divertito così tanto?

Adoro mia moglie. E amo alla follia i miei figli, sono come un'isoletta sicura, in cui posso stare senza badare alle pressioni del mondo esterno. Mi sono spaventato, quando mi sono reso conto che il mondo esterno era mia moglie.

E allora ho pensato: "Ma sono ancora innamorato? Questa è davvero la vita che mi sono scelto?"

Non ho trovato una risposta. Ho paura di trovarla, forse. Cosa succederebbe se la risposta fosse no?

E quindi ho semplicemente sorriso, invidioso di quell'euforia travolgente.

Ora sono qui in macchina, manca poco all'ora di cena, ma non ho fame. E non voglio tornare a casa.
Questo pensiero mi rende inquieto, io voglio sempre tornare a casa.
Tranne stasera. Stasera mi sento di nuovo un ventenne, che sceglie il profumo da regalare alla fidanzatina dell'Università e poi decide di andare a ballare.

Ballare, che pensiero pericoloso mi è venuto in mente. Rido perché non ballo da almeno dieci anni. Però uno non è che entrando in un locale deve per forza ballare, no?
Si può anche ascoltare la musica, bere una birra. Forse due.

Sì, farò così. Perché non dovrei?

Alla mia Elisa dirò che ho tanto lavoro in ufficio, mi crederà.
Sto mettendo in moto l'auto, mentre cerco di non sentirmi troppo di merda per il senso di colpa.

Sto guidando letteralmente a caso, perché non ho idea di dove siano i locali qui intorno. Un'insegna blu e rosa mi attira: quello è sicuramente un locale con della musica e tanto alcol. Aggiudicato.

Spingo la grossa maniglia della porta d'ingresso e mi sento quasi sotto esame. Sto davvero per entrare in un posto pieno di gente sudata e ubriaca?
Ora mi viene da ridere, perché vorrei essere sudato e ubriaco anche io.

Supero l'ingresso e subito la sensazione mi piace: la musica mi rimbomba nella pancia e i giochi di luce mi divertono. Passo di fianco a una ragazza con i capelli corti che sembra si stia per far mangiare da quel tizio muscoloso, tanto apre la bocca per baciarla; mi sento un po' a disagio, non sono più abituato a vedere certe scene. Ma fingo indifferenza e mi avvicino al bancone del bar, ho deciso che mi prenderò un cocktail forte. Giusto perché sono masochista.

Billy Brown Where stories live. Discover now