Prologo

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"La polvere aumenta nella mia clessidra,

fossili vuoti della nuova scena,

mi sento così solo,

finirò per diventare una vecchia pila di ossa"

- Alice in Chains, Them Bones


1994, Pennsylvania

Il sole sta cominciando a calare, nascondendo i suoi timidi bagliori rossastri tra le fronde dei cipressi.

Attraverso un foro nella vetrata della chiesa sconsacrata, che già da un po' è diventata la loro casa, la giovane osserva la luce dorata avvolgere l'atmosfera circostante in un caldo abbraccio. Si è svegliata da poco. La nuca le duole, perché ha ceduto uno degli ultimi cuscini a Trent, e le panche di legno sono una vera tortura se non hai nulla da mettere sotto il corpo.

«Kyra, noi abbiamo fame.»

La vocina gracchiante di Semil la sorprende alle spalle, e la ragazza non può fare a meno di sentire una fitta al cuore. La sua sorellina ha ragione, non mangiano ormai da giorni, se non qualche avanzo che ha cercato di dividere in modo equo fra quel branco di creature bisognose.

«Stai andando a lavoro?» chiede tremolante la fanciullina, puntando quegli occhi giallo acido sul viso pesantemente truccato di Kyra. Questa si limita ad annuire, un triste sorriso che si abbina allo sguardo malinconico. Ha indossato un tubino di latex nero pece e pettinato i capelli corti, così chiari da sembrare ossigenati. Non ha optato per i tacchi, nel portarli si sente impacciata e goffa; in più, di quei tempi, meglio calzare delle scarpe comode che consentano di correre veloci.

Un po' alla volta, tutti i ragazzi si alzano, e le si avvicinano: Trent ha ancora la fronte fasciata, dopo quell'incidente che per poco non gli è costato la vita; quel piccolo ha fegato da vendere, farebbe di tutto pur di proteggere la sua famiglia.

Mick è quello più disciplinato, ma pure lui non riesce a celare l'espressione insofferente, dovuta ai morsi della fame.

Moira, che dopo Semil è la più piccola del gruppo, sgrana gli occhioni cerchiati da profonde occhiaie, accecata da quella luce che è ancora troppo forte, troppo incandescente per lei, che è così debole.

Kyra assume un tono speranzoso, spetta a lei il compito di tenere l'umore alto: «Stasera si mangia, fratellini. Ve lo prometto, si cena della grossa e per un po' sarete sazi»

I bambini saltano sul posto, eccitati. Nulla è peggiore della fame, la vera fame. Ti sembra che il tuo intestino divori se stesso, che a poco a poco la tua linfa vitale venga esalata ad ogni respiro. La testa ti scoppia, e cominci a sentirti grintoso come un animale selvatico.

Kyra non riesce a sopportare di vedere i suoi fratellini ridotti così: lei non può capire davvero, non è come loro. Può scolarsi una schifosa Red Bull annacquata e ingurgitare un pacchetto di patatine stantie e sa che sopravvivrà lo stesso. Loro però no, loro sono diversi.

«Ho trovato due clienti, li raggiungerò a momenti. Quando il crepuscolo si staglia all'orizzonte, voi mettetevi sulle mie tracce, altrimenti la truffa salta e allora...» si blocca, non vuole nemmeno pensare a quell'evenienza.

«Niente cibo» sentenzia Mick, completando la frase sospesa a metà.

Un cenno del capo, il loro segno di intesa. Quando Kyra sente il cercapersone vibrare nella tasca del suo piccolo marsupio mimetico, il cuore scala le vette della sua gola.

Sangue di GiudaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora