Capitolo II - Elodrian [Parte uno]

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"Quando abbiamo fondato questa band,

l'unica cosa di cui avevamo bisogno era una risata [...]

L'adrenalina scorre nelle mie vene,

e oserei dire che stiamo ancora spaccando i c*li"

- Motley Crue, Kickstart my heart


Si poteva dire che Elodrian avesse ottenuto tutto dalla vita. Nel 1987 lui e la sua band, gli Eclipse of Redemption, avevano firmato un contratto a nove cifre per il loro album di debutto: The children are Leftovers.

Questi quattro personaggi oscuri venuti dal nulla si erano imposti come i paladini dell'hard rock gotico, con i loro volti truccati, gli abiti di ispirazione ottocentesca, rivisitati in chiave moderna, i testi struggenti e gli assolo di chitarra infiniti. Nessuno aveva idea di chi fossero, ma quando le radio più autorevoli del panorama rock e heavy metal avevano mandato in onda "I once saw an angel cry", una ballata dal retrogusto post-punk con contaminazioni progressive rock, era stato il delirio.

Tutti volevano sapere chi si nascondesse dietro una melodia tanto articolata, dietro un testo così geniale, drammatico, angosciante e comunque dolce. Erano loro, dei ventenni di Birmingham, approdati sul nuovo continente da meno di un anno e pronti a ritagliarsi una bella e grassa fetta di show business.

Ylio era il batterista: magro ai limiti dell'anoressico, con occhi scuri tanto da far intuire che indossasse delle lenti a contatto. Tra tutti era colui che presentava il look più eccentrico, con quelle sue braghe a righe rosse e nere, le camice aderenti, le bretelle e un piccolo cappello a cilindro tempestato di teschi e piume di struzzo che poteva benissimo essere stato rubato a Papa Legba. Non era bello, non nel senso canonico del termine, perché aveva il viso spigoloso, le labbra fini, la pelle così chiara da conferirgli un aspetto un po' malaticcio, come uno di quei bambini d'epoca vittoriana che tiravano le cuoia presto a causa della tubercolosi. Ma era gentile, me lo ricordo bene, nonostante mi fissasse sempre con quello sguardo inquisitivo: sapete, quando qualcuno sembra scommettere su quanto tempo passerà prima che un avvoltoio si cali sul corpo esamine di qualche animale abbattuto.

Il bassista si faceva chiamare Tenebraum, un nome d'arte alquanto emblematico, per uno che andava sempre in giro come se stesse per celebrare il funerale del padre dei vampiri da un momento all'altro: come Ylio aveva i capelli scuri, di media lunghezza, un po' mossi e scalati. Lui sì che faceva paura, con quella mascella squadrata, il naso dritto e affilato, gli occhi piccoli e vispi, di una strana sfumatura ametista. Anche egli alto, anch'egli magro come un chiodo, Tenebraum appariva alle tue spalle senza che te ne accorgessi, con il suo solito passo felpato e la voce baritonale che... dava i brividi, lo ammetto.

Il chitarrista, Jack, era un tipo alquanto sciatto, a confronto. Un sempliciotto con il petto villoso, una cascata di riccioli che viravano sul rossiccio e la faccia alquanto anonima, non fosse stato per quelle due lacrime che si era fatto tatuare agli angoli dell'occhio destro. Lui però sembrava umano, cosa che non sempre si poteva dire degli altri tre. No, non mi sto dimenticando di parlarvi di lui. Solo, mi ci vuole del tempo. Devo ripescare le giuste memorie, non posso sbattervele addosso così e buonanotte. Non posso farvi nemmeno una normale descrizione, come ho fatto per gli altri. Per farvi capire com'era Elodrian vi devo parlare di come lo conobbi. Di come le nostre strade si intrecciarono.

Avrete intuito che, dopo essere stata ammessa nel backstage, e aver conosciuto niente di meno che i Jumping Steampool, la mia vita cambiò. Innanzitutto, tornai a casa solo il giorno dopo, facendo le ultime miglia in autostop, dopo che la band mi aveva dato uno strappo fino a Filadelfia, la quale distava circa un'ora e mezza di strada da dove abitavo io.

Sangue di GiudaWhere stories live. Discover now