Capitolo IV - Ilirian

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"Ogni respiro un rimpianto

Mi fanno pena i vivi, provo gelosia per i morti"

- Type O Negative, Anesthesia 


Se Elodrian viveva il sogno americano, fra successo, arte e tutte le perversioni che gli erano concesse, Ilirian stava ai margini della società.

Identico al fratello, se non per la capigliatura corvina e gli occhi nerissimi, il giovane viveva in uno squallido monolocale in un quartiere malfamato di New York già da qualche settimana, quando lo conobbi.

Anzi, quando risorsi dalla morte grazie alle sue cure.

Perché, è bene che lo dica, le cose tra me e Elodrian non andarono per il verso giusto.

Dopo quella notte insieme, mi risvegliai sola nella sua stanza.

Mi sentivo al settimo cielo e, allo stesso tempo, non essere vicina a lui mi causava un forte malessere. Pareva che mi avessero asportato un pezzo di anima, era paragonabile a ciò che i tossici sentono quando vanno in riabilitazione: mancava la sostanza alla quale mi ero abituata in fretta.

Non lo vidi tutto il pomeriggio, era impegnato con le prove.

Nell'autobus verso Minneapolis era scostante, gli parlavo e lui nemmeno mi rispondeva, si limitava a girare il volto dall'altra parte, quasi avesse avuto un'allucinazione uditiva e non fosse certo della provenienza della mia voce.

Era straziante, mi sentivo proprio come tutte le altre accompagnatrici che esaurivano il loro compito una volta che si rivestivano.

Anche io lo ignorai, sperando di sortire qualche effetto, ma scoprii presto di essere invisibile ai suoi occhi.

Mi chiusi più volte in bagno a piangere, elemento che non riuscii a nascondere all'acuto Ylio, che aveva già capito tutto.

«Lascia stare, bambolina. Lui è fatto così, lo hai visto; è scostante, lunatico e imprevedibile. Lo è anche con me, a volte mi ama come un fratello, altre volte minaccia di scaraventarmi contro la chitarra. Va preso per com'è».

Non mi faceva stare meglio, ma era bello vedere che almeno il resto della band continuava ad apprezzarmi e a desiderare la mia compagnia.

Quando arrivammo a Minneapolis, dormii con Ylio. Cioè, non posso dire che dormimmo, perché passammo la notte a bere e a fumare, a parlare di musica, interrompendoci di tanto in tanto per qualche bacio. Mi fece un sacco di coccole, anche se non posso dire di aver provato con il batterista ciò che Elodrian mi aveva trasmesso.

Ma ero in quella fase della mia vita in cui avevo bisogno di sentire il calore sulla mia pelle, di ricevere dei baci sulla fronte e di lasciare che delle braccia mi stringessero fino ad addormentarmi, indipendentemente da chi mi desse tutto ciò.

Ne sento ancora il bisogno, a dire il vero. Ora che ve lo racconto lo desidero più che mai.

Direte che in un ambiente così promiscuo non era strano scambiarsi le ragazze, giusto? In effetti, anche gli Eclipse condividevano volentieri le loro conquiste.

Perciò non mi sarei mai aspettata una reazione così esagerata, inaspettata.

Quando Elodrian scoprì quello che definì come una sorta di duplice tradimento, andò fuori di testa.

Mi vide uscire dalla stanza del batterista, assonnata e con indosso la sua maglia dei Doors; era abbastanza intuibile quello che fosse successo.

Nel pomeriggio, durante le prove, sembrava scostante e incapace di concentrarsi. Io lo osservavo con un misto di attrazione e fastidio, e lui ricambiava quello sguardo al vetriolo. Al terzo errore, si bloccò, puntò l'indice verso di me e sentenziò: «Ok, tu te ne vai. Non posso lavorare così, non mi piace essere circondato dalla gente che mi prende per il culo».

Sangue di GiudaWhere stories live. Discover now