Capitolo 16

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Con la stessa leggerezza del polline trasportato dal vento, Jocelyn e Carlyle danzarono per tutta la durata della composizione. Al termine della loro esibizione seguì un forte applauso che durò più di quello che mi sarei aspettata.
«Ringrazio tutti voi, a nome mio e di mia moglie, di esser venuti qui a condividere con me questa piacevole occasione. Dopo aver dato mostra della bravura della principessa nella danza e della mia accennata inettitudine» una risata sussurrata si levò «dichiaro aperto il banchetto!»
Una calca di persone, che sembravano essersi dimenticate del luogo in cui si trovavano si riversò sul convivio, pronti ad afferrare quanto più cibo erano in grado di trasportare.
Dal canto mio invece, per quanta fame avessi, non avrei potuto spostarmi di un passo.
«Vi prego, un momento di attenzione!» esclamò improvvisamente il principe, per riportare un minimo di quiete nella sala che era quasi diventata un mercato, tra le chiacchiere degli invitati e la musica di sottofondo.
«Vi prego di accogliere il nostro ospite più illustre: il Primo Ministro d'Inghilterra, Thomas Pelham-Holles!»
A quell'annuncio tutti si voltarono increduli. Lo stesso Sir Jacques sembrò essere all'oscuro dei fatti. Fu cosa alquanto inconsueta che la figura governativa più importante d'Inghilterra venisse annunciata dal principe stesso e cosa alquanto più strana fu sapere che nessuno si sarebbe aspettato quella presenza.
Tutti quegli invitati forse non erano stati chiamati solo per festeggiare i trentun anni del principe ma doveva esserci una ragione politica di fondo.
«Vostra Maestà!» avanzò a braccia aperte il primo ministro nella sala, accompagnato da due servitori, uno dei quali trasportava un piccolo scrigno di legno tra le mani.
«Vostro onore!» rispose il principe con tono caloroso.
«Sua Maestà re Giorgio II vi porta i suoi migliori auguri e come segno della sua stima per voi vi prega di accettare questo piccolo presente.» fece cenno al servitore dietro di lui di avanzare e questi, facendo un inchino, aprì lo scrigno.
Carlyle estrasse l'anello d'oro, lo indossò e lo tenne per tutta la serata al dito, a segno di ringraziamento. Non fu chiaro se apprezzò il cadeau, chissà quanti ne aveva ricevuti fino ad allora e quello doveva essere nient'altro che l'ennesimo di una collezione infinita.
«Vostro onore, vi prego unitevi a me e a mia moglie per festeggiare insieme un'occasione che per quanto si ripeta ogni anno, non sempre riceve la sua giusta importanza.»
«Sarà mio immenso piacere, Vostra Maestà.»
Il Primo Ministro, il principe e la principessa si unirono in un angolo della stanza a discutere, mettendo in bocca un boccone di tanto in tanto. Il resto della folla sembrava essersi dimenticata dell'inconsueta presenza e così sembrava aver fatto Sir Jacques, tornato nel suo ruolo di sentinella.
Tutto a un tratto, dal fondo della stanza, vidi Jocelyn che mi faceva cenno di avanzare verso di loro.
«Versate tre tazze di tè e portatele qui. Non dimenticate di aggiungere un po' di latte in quella di sir Pelham-Holles.» mi ordinò.
Eseguii gli ordini e rimasi lì di fianco, con il vassoio tra le mani.
«Come vi stavo dicendo il teatro bellico per la Gran Bretagna non si è dimostrato dei più favorevoli per il momento.»
«Come l'ha presa mio padre?» domandò preoccupata Jocelyn.
«Vostro padre l'ha presa come un sovrano dovrebbe prenderla. È la Gran Bretagna intera che ha subito un forte arresto, dal suo commercio alla sua posizione geopolitica.»
«Sì, ho avuto modo di scambiarmi un carteggio con William Pitt che ne ha approfittato per mantenermi aggiornato sulla situazione.» ci tenne a precisare Carlyle.
«Il nuovo ministro della Guerra...» aggiunse pensierosa Jocelyn.
«Proprio lui...si pensa che avendo una personalità molto spiccata e carismatica possa guadagnarsi la solidarietà del popolo e volgere a nostro favore l'esito della guerra, o per lo meno porre le basi affinché questo accada.»
«Certo è che da come è iniziata, il corso degli eventi sembra più essere filofrancese.» aggiunse la principessa, mandando giù la prima tartina al salmone della serata.
«La perdita di Minorca e l'invasione dell'Elettorato di Hannover sul lato prussiano non sono di certo di buon auspicio. Su questo Vostra Grazia, non posso darvi torto. Veniamo al dunque: sono qui in persona per presentarvi quella che è la strategia messa a punto dal gabinetto inglese» riprese fiato «di certo io e Pitt non possiamo definirci amici, ma con il tempo siamo riusciti a stringere un'alleanza, incentrata sull'attaccare la Francia sia sul suo territorio che nelle sue colonie, così da indebolirla su più fronti.»
«Spiegatevi meglio.» incalzò il principe, che sembrava essere sempre più interessato.
«I primi di settembre una flotta britannica è salpata alla volta del Golfo di Biscaglia, per attraccare a Rochefort e sferrare un attacco. L'ammiraglio Edward Hawke si è però più volte dimostrato incerto circa la sorte della battaglia.»
«Come è normale che sia, solo Dio conosce l'esito.»
«Per questo vi chiedo di unirvi a noi e di onorare il patto di semi-belligeranza che avete siglato con la corona inglese.»
«Mille uomini, come vi ho promesso.» rispose fermo.
«Mille uomini, come mi avete promesso, Vostra Maestà.» rispose il primo ministro con un'espressione insoddisfatta, come a sperare che il supporto di Sommerseth si rivelasse all'ultimo più consistente.
«Sapete bene che non posso concedervi di più. Oltre a gloria effimera, il principato non ne trarrebbe giovamento. Facciamo questo solo per tenere fede al rispetto che lega la mia famiglia a quella degli Hannover da generazioni.»
«E questa è cosa alquanto gradita sia per il re Giorgio sia per i suoi sudditi che mai si sono risparmiati dal lodare il vostro appoggio. Era nostro auspicio invero che, in virtù del rispetto e della stima che ci lega, poteste prendere parte alla spedizione con un drappello più consistente.»
«Aggiungo allora che per un manipolo più numeroso, l'Inghilterra dovrebbe concederci appezzamenti di terra nel Nuovo Mondo.» esternò tutto in un'unica emissione di fiato.
Pelham-Holles mandò di traverso il sorso di vino che aveva appena ingurgitato «Vostra Grazia, con tutto il rispetto, sapete che questo non è possibile.»
«Come voi sapete che non è possibile adempiere a più di quanto già promesso.» regnava sul volto del principe un'espressione soddisfatta. Conosceva già la risposta del Primo Ministro a quella sua richiesta ma di certo non voleva mandargliele a dire.
Avrei avuto piacere a continuare ad ascoltare il discorso tra i principi e il Primo Ministro inglese se non fosse stato che una presenza poco gradita mi rivolse l'attenzione.
«Ebbene la figlia di Claire e Hector! Che sorpresa trovarti qui!»
Era rimasto il solito uomo grassoccio e poco garbato, ingombrante e opprimente. Orville purtroppo mi aveva vista e mi aveva riconosciuta.
«Non posso dire altrettanto, Orville!»
«Perbacco! Siete rimasta la stessa donna bella e sfuggente, proprio come mi ricordavo.»
«E voi siete rimasto l'uomo la quale presenza continua a essere sgradita.» mi tornò la pelle d'oca al solo pensiero dell'episodio che ci aveva visti coinvolti.
«E dimmi, cosa fai?»
«Credo sia evidente visto l'abbigliamento e il luogo in cui mi trovo.» ribattei.
«Allora è vero che i Kynaston assumono proprio tutti!» disse con tono satirico.
«È questa l'opinione che avete del vostro cliente più illustre?»
«Mi piace il vostro umorismo! Ho un ricordo di voi... frizzante!» mi fece l'occhiolino.
Dal momento in cui non mi mostravo intenzionata a prestargli attenzione proseguì quello che avrei preferito rimanesse un monologo.
«Sono contento di trovarti qui. Vederti sarebbe stata l'ultima cosa che mi sarei aspettato oggi. E pensare che neanche volevo venire.» dopo essersi reso conto che non gli stavo rivolgendo la considerazione che avrebbe voluto, aggiunse con malizia «spero di rivederti presto...magari in altre occasioni.»
«Mi rattrista comunicarvi che non è desiderio condiviso.» risposi senza neanche guardarlo negli occhi. Non volevo assolutamente dargli un barlume di speranza.
«Per quale motivo dici così?» domandò lui, socchiudendo gli occhi e storcendo la bocca.
«Dite sul serio?»
«Sì, sono abbastanza perplesso.»
«Volete che vi schiarisca la memoria? Magari davanti ai più importanti nobili di Sommerseth.» mi girai per guardarlo negli occhi «o magari davanti a vostro padre?»
«Credo che la tua memoria ti stia giocando brutti scherzi.» Proferì quelle parole con fare minaccioso.
«Credo che invece sia la vostra memoria a giocarvi brutti scherzi.»
«Penso che tu abbia molta facilità a confondere comportamenti benevoli con azioni prive di malizia.»
«Credo invece che io abbia tutte le facoltà per discernere le buone dalle cattive intenzioni. Avrei inoltre piacere che voi la smettiate di darmi del tu dal momento in cui non siamo legati da alcun vincolo fraterno o di altra natura.»
«Come volete, Anthea.» chinò il capo per sottolineare che mi avrebbe trattata con più rispetto da quel momento in poi. In realtà sapevo che era solo una presa in giro. «Cosa ne pensate piuttosto se fossimo veramente legati da qualche tipo di  parentela?»
«Intendete se fossimo fratelli, o cugini?»
«No, intendo se fossimo legati da altro tipo di rapporto.»
«Non vi sto capendo e il mio sesto senso mi intima a evitare di capire.»
«Avete qualche pretendente?»
«Non che io sappia. Sta di fatto che queste sono cose che non vi interessano.»
«Mi interessano eccome! Avete pensato che sarebbe ora per voi di prendere marito? Essere zitella alla vostra età non è di certo un vanto.»
Ora capivo.
«E questo marito dovreste essere voi per caso?»
«Mi sto ricredendo sulla vostra perspicacia.»
«Orville, preferirei morire zitella se queste fossero le condizioni.»
«Credete? Sapete anche voi che vivreste molto meglio di come avete vissuto fino a ora con i vostri genitori.»
«Dunque fatemi capire, chiedereste in moglie la donna alla quale avete tentato di togliere l'onore contro la sua volontà?»
Il suo corpo si irrigidì.
Essendosi dimenticato del posto in cui si trovava, accorciò ancora di più le distanze che ci dividevano e mi afferrò per un braccio, conficcandomi le unghie nella carne.
«Non vi conviene avermi come nemico, piuttosto considerate la proposta che vi ho fatto, l'unica che può sollevarvi dal sudiciume in cui avete sempre vissuto.»
Cercai di rimanere composta il più possibile per non dare nell'occhio.
«Togliete quella mano da sopra di me. Allontanatevi e non rivolgetemi più la parola!» ruggii.
«Sono l'unico che può assicurarvi una dote ragguardevole per il matrimonio di vostra sorella, non vi basterebbero anni per accumulare quello che io potrei concedervi in un secondo.» sussurrò sadico, affondando ancora di più le unghie nel mio avanbraccio.
«Sir Patel, che piacere vedervi!»
Che sia stato un caso o voluto questo poco importa, sapevo solo che il principe era venuto in mio soccorso e che aveva interrotto quel momento che sembrava destinato a non terminare più.
Orville fece un inchino poco aggraziato, evidentemente irritato per il fatto che qualcuno avesse interrotto quella conversazione.
«Vostra Maestà, è un onore essere qui a festeggiare con voi il vostro compleanno. Io e la mia famiglia siamo lietissimi di esser stati invitati a un tale evento. Detto ciò tolgo il disturbo, vado ad assicurarmi che mio padre non si sia lasciato troppo andare con il vino.»
«Prego, andate pure.» gli fece strada con le mani.
«Vostra Maestà.» nell'andarsene non mi risparmiò di un suo ultimo sguardo che sentii sopra di me freddo come il ghiaccio.
«Noto che conoscete il signor Patel!» osservò il principe.
«Una conoscenza che avrei fatto a meno di avere.» risposi sconsolata.
«Per quale ragione dite così?»
«Storia molto lunga, che non ho piacere a ricordare.»
Mi scrutò perplesso.
«Vi ringrazio comunque, per avermelo tolto di dosso.» lo guardai, arrossendo un po' e abbassando lo sguardo verso il pavimento.
«Mi ringraziate?»
«Sì!» risposi di getto.
La musica riprese a suonare.

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