Il sonno di quella notte non fu tranquillo come quelli a cui mi ero abituata ultimamente. Non ricordavo di preciso cosa avevo sognato, solo che una volta sveglia provai una forte sensazione di oppressione sul petto.
Dopo aver fatto colazione cercai Sir Jacques nel suo studio per farmi consegnare la lista delle stoffe che avrei dovuto acquistare quel giorno per la principessa. Nel mentre che raggiungevo la destinazione sperai, con cuore pesante e gonfio, di ricevere quella notizia che aspettavo da giorni: magari un viaggio di ritorno di notte, magari una lettera in cui si annunciava un imminente rientro oppure chissà, gli zoccoli di un cavallo che non udivo da tempo immemore.
Tutte le mie attese furono vanificate non appena incontrai Théodore.Bussai alla porta ed egli, con intonazione soffocata e quasi forzata, mi fece entrare. Lo vidi seduto scomposto sulla poltrona, con una gamba accavallata sull'altra ad angolo retto, intento a leggere un carteggio molto lungo, composto di vari fogli sparsi sul tavolo e alcuni caduti in terra. Mi avvicinai e il gesto più istintivo fu quello di raccogliere quei pochi che erano sul pavimento.
«Oh lasciate! Lasciate!» esclamò lui, spostando i suoi occhialetti sulla fronte per poi tornare concentrato su ciò che stava leggendo. Notai che, dimenticata in un angolo del tavolo, vi era una bustina ocra abbastanza grande con ancora attaccato il sigillo in cera lacca, contrassegnato da un bocciolo di rosa e una croce.
Trasalii.
Presi un po' di coraggio e chiesi «Qualcosa vi turba, Sir Jacques?»
Questi sbuffò e sorseggiò dell'idromele, poi accantonò le lettere in un cassetto della scrivania. Si alzò, spostò le tende e aprì le finestre per far cambiare quell'aria stantia e consumata.
«Non dovreste essere in servizio voi, signorina Gleannes?» finalmente mi rivolse l' attenzione.
«Lo sono già in vero.»
«E per quale motivo vi trovate qui? Ricordavo di avervi assegnato dei compiti per questa mattina.» quel giorno non era il solito uomo scherzoso e burbero che avevo imparato a conoscere.
Deglutii «Sono qui proprio per farmi consegnare la lista delle stoffe da acquistare per il confezionamento dei nuovi abiti.»
Scosse la testa, si tastò i pantaloni e poi estrasse un foglietto stropicciato dalle tasche.
«Tenete. È la mia scrittura, ditemi se comprendete tutto.»Venti cubiti di velluto bacchetta azzurro, quindici cubiti di broccatello cremisi e dorato e altrettanti di raso giallo. Da aggiungere anche quattro cubiti di fili di rame e dorati, con cinquanta once di pietre di vetro e lamine metalliche.
Ripiegai il foglietto e lo infilai in tasca «Tutto chiaro allora.»
Sir Jacques ripiombò sulla poltrona e picchiettò le ginocchia con le mani, respirando affannosamente con il suo naso prorompente e storto. Prese ad attorcigliare il suo codino e lo fece così freneticamente che se lo scompigliò e fu costretto a rifarlo.
«Voi intanto preoccupatevi di comprare le stoffe e fatevi consigliare anche le migliori, ma dubito verranno usate quest'anno.»
Storsi gli occhi con un velo di preoccupazione, cercando di interpretare il suo sguardo corrucciato e al contempo impegnandomi a evitare di risultare troppo invadente. Ciò nonostante, l'agitazione che mi attanagliava le vene e il desiderio di ottenere delle risposte alle mie urgenze, mi portò a rimanere del tempo ulteriore all'interno di quella stanza, ritardando di chissà quanto il mio appuntamento con Ethelwulf.
«Dite che la sarta aggiungerà queste stoffe a quelle dell'anno prossimo?» passai un dito sul mobile in mogano e disegnai una scia in mezzo alla polvere.
«Dico solo che il denaro per quest'anno potrebbe essere risparmiato, non vedendone personalmente alcun frutto futuro o utile destinazione... piuttosto, sarebbe utile accantonarne quanto possibile in vista dell'acquisto nella nuova residenza nella Contea del Kent.» si interruppe, spaventato dal tonfo di un piccione sul vetro che, non essendosi reso conto della sua trasparenza, aveva mirato l'interno della stanza.
Chiuse perciò le tende, lasciando un piccolo spiraglio «Che Dio gliela mandi buona!»
«A chi vi riferite, Sir Jacques?» mi sedetti davanti a lui, accavallando le gambe come un'aristocratica di fronte a un esattore delle tasse.
Rimase stupito dal mio comportamento, ma non lo reputò fuori luogo dal momento in cui ricavò dello spazio per rispondere ai miei quesiti «A Carolina di Hannover, ovvio! E alla principessa di conseguenza.»
Mi intristii - di una malinconia vera - perché per quanto Jocelyn potesse essere arida in empatia e spigolosa nei modi, era pur sempre un essere umano e come tale ne avrebbe provato l'emotività.
«Le condizioni di salute della sorella di Sua Maestà sono peggiorate così tanto?»
«Purtroppo questo è quanto e i medici non sono convinti che supererà l'inverno» arricciò poi i lati della bocca e il mento «non so ancora perché mi sto confidando con una domestica piuttosto che con uno di più alto lignaggio, ma ci siete voi ora e sembrate essere anche una buona ascoltatrice.»
Eccome se lo ero.
«Preghiamo allora per la pronta guarigione della principessa Carolina. Padre Baruffaldi, a tal riguardo, dice sempre di affidarsi al Signore quando ci si ritrova davanti a situazioni che l'uomo, con le sue conoscenze, non è in grado di risolvere.»
«In queste situazioni credo che neanche il buon Dio decida di porre la sua mano. Magari è sua volontà che la sofferenza umana finisca.» poi si portò la mano sulla fronte e scosse la testa per allontanare il peggiore - ma più realistico - degli scenari.
«A noi non resta che sperare e augurare un felice rientro ai sovrani Kynaston.»
«Voi parlate di rientro, ma chissà quando sarà!»
Mi sentii debole, le forze parvero abbandonarmi poco a poco e, non appena vidi un bicchiere all'estremità del tavolo, lo agguantai con una mossa fulminea e lo riempii d'acqua per riprendere conoscenza, il tutto sotto lo sguardo schifato di Sir Jacques.
«Santa Madre di Dio, signorina Gleannes! Non pensate che quello poteva essere il mio bicchiere o quello a cui si era attaccata qualche altra persona?»
«Avete ragione Sir Jacques» deglutii un altro sorso «una strana arsura però si è impadronita della mia gola.»
Théodore ammiccò un'altra espressione disturbata, abbandonò in seguito il discorso per dedicarsi alla pianificazione dei turni della servitù della settimana successiva.
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Inter Nos
RomanceSommerseth, anno 1757. Anthea Gleannes è una giovane ragazza disposta a tutto pur di prendere in mano le redini del suo destino in un contesto in cui le donne sono le più sfavorite. Accettando un incarico come domestica presso il palazzo dei princ...