Era il principe.
Rimasi un poco disorientata.
I suoi ricci per quanto riparati dal mantello, si erano bagnati e si erano attaccati alla nuca e alla fronte. Mi guardò e mi sorrise sorpreso. Come me, di certo non si aspettava di trovare qualcuno lì.
«Signorina Gleannes!»
«Buonasera, Vostra Maestà» feci l'inchino visibilmente imbarazzata. Rimasi meravigliata dal fatto che ricordasse il mio nome.
I suoi occhi catturarono la mia attenzione: erano più limpidi dell'acqua piovana che si posava sulle foglie della vegetazione lì intorno, il suo sorriso era sincero e il suo stupore senz'altro autentico.
Si sfregò i capelli con le mani e tanti piccoli schizzi zampillarono.
«Cosa vi porta qui in questa giornata... tutt'altro che serena direi!»
«Credo di essere qui per il vostro stesso motivo, Vostra Maestà.»
«Ah quindi mi state dicendo che anche voi siete di ritorno da una battuta di caccia!» lo guardai e scoppiai a ridere. Lui di ritorno eruppe in una fragorosa risata.
«Perdonatemi Vostra Maestà, non avevo intenzione.»
«Figuratevi, Anthea. E smettetela di chiamarmi con quel nome, chi volete che ci ascolti in questo momento.»
«E come desiderate che io vi chiami?»
«Con il mio nome, e sarà sufficiente.»
Sgranai gli occhi. Non solo mi aveva chiamato per nome, e questo testimoniava il fatto che ne fosse a conoscenza, ma addirittura voleva che io stessa lo chiamassi con il suo.
«Ma io non posso chiamarvi con il vostro nome!»
«Perché no? Immaginate in questo momento di non essere voi e che io non sia me stesso. Per favore scrollatemi di dosso tutti gli impegni che ho lasciato a palazzo, fatemi dimenticare chi sono. Per favore, almeno voi!»
Un poco titubante accettai.
«Sarà fatto, Carlyle.» pronunciai il suo nome con un poco di timore, ma dal momento in cui non ci fu alcuna reazione da parte sua, pensai di aver fatto bene, come lui mi aveva suggerito.
«Vi ho interrotto per caso in qualcosa?» domandò.
«Oh no no figuratevi! Stavo cercando riparo dalla pioggia e ho trovato questo tempietto. Mi avete colta a contemplare la statua di questo giovane alato.»
«Ah, la statua di Cupido!»
«Il dio dell'Amore!» dissi con enfasi.
«Proprio lui, volete che vi racconti qualcosa su questa statua nell'attesa che spiova?»
«Sì, mi farebbe molto piacere.»
Con gesto completamente disinvolto e anomalo, mi prese la mano e io rimasi per un secondo senza fiato. Guardai le mie dita ed erano effettivamente legate alle sue. Se qualcuno ci avesse visto avrebbe dato a me della prostituta e a lui del traditore. Mi sentii pervadere da una forte emozione e le mie gambe iniziarono a tremare.
La mia mano dentro quella del principe Carlyle.
«Cupido è raffigurato come un semplice ragazzino, impadronitosi chissà come degli utensili di Ercole. Come potete notare ha una chiara espressione maliziosa sul volto, si appresta infatti a trasformare una clava, simbolo della virilità maschile, in un arco. Sta chiaramente architettando un dispetto.»
«E questo cosa vuol dire?»
«Vuol dire che l'Amore non è meno pericoloso della forza bruta e che anzi, attraverso armi più minute, può arrecare danni addirittura più gravi.»
«Che bel significato, e quanto può essere vero!»
Scrutò dunque il mio volto, alla ricerca di qualche indizio che potesse rendere manifesti i pensieri che mi vorticavano nella mente «Vi piace?»
«Sì, moltissimo!» fu quella l'unica cosa che risposi perché non seppi cos'altro aggiungere di fronte a tanta bellezza e conoscenza.
«Ora venite, voglio farvi ascoltare una cosa.»
Mi tirò per la mano da cui non si era ancora staccato e mi portò al punto in cui eravamo pochi secondi prima.
«Adesso chiudete gli occhi e affinate le vostre orecchie.»
Feci come mi aveva comandato e iniziai ad ascoltare. Sentii il rumore della pioggia battere al suolo, sulle foglie degli alberi, sul tetto della cupola e sul dorso del cavallo. Pioveva da un po' ormai ma non mi ero soffermata ad ascoltare quanta quiete potesse derivare da un evento così ostile. D'un tratto si udì il cinguettare di un uccello, e poi due e poi di altri ancora.
Strinse la mia mano più forte, ma la sua presa non era dolorosa anzi, avrei desiderato rimanere in quello stato per chissà quanto altro tempo. Mi destai da quel sogno e lo osservai.
Era ancora in ascolto.
Guardai la sua mascella pronunciata e il suo naso appuntito, le sue labbra rosse umide di pioggia e le sue ciglia folte, unite a due palpebre tremolanti. Stava sorridendo e godendo di quel momento di pace, in cui né io né lui eravamo rispettivamente una domestica e il sovrano di un principato.
«Sono dei fringuelli!» osservò.
«Come scusate?»
«Il cinguettio. Sono i fringuelli. Tra poco emigreranno e non ascolteremo più il loro canto fino a primavera.»
Con mio grande dispiacere la pioggia era cessata ed era l'ora, per entrambi, di rivestire i propri abiti.
«Venite, vi riaccompagno a palazzo.»
«A palazzo? E come?»
Il principe intanto era uscito dal tempietto e aveva raggiunto il suo cavallo per scioglierlo dall'albero, aveva dunque riassestato le briglie e stretto la sella al dorso dell'animale.
«A cavallo.» disse con tono naturalissimo.
«A cavallo? Vostra Maestà non posso accettare, se ci vedesse qualcuno chissà cosa potrebbe pensare!»
Dissolse in un batter d'occhio la mia preoccupazione «Insisto affinché veniate con me, non voglio certo rimandarvi a piedi.»
Ero molto tentata dall'accontentarlo perché in quel modo avrei accontentato anche me, ma non ero sicura fosse la scelta giusta.
E se Jocelyn ci avesse visti?
Incalzò «Allora, cosa state aspettando?» il principe nel frattempo era già sul dorso dell'animale e mi porse la mano affinché io salissi insieme a lui.
«Siete sicuri di questa cosa Vostra Maestà?» ribattei per avere una seconda conferma.
«Insisto!»
Allora mi avvicinai e presi la sua mano per salire. Misi il piede sulla staffa e con un piccolo balzo mi posizionai dietro di lui. Il principe prese le mie braccia e le cinse attorno al suo bacino. Non sapevo se ero più inebriata dall'odore che emanava la sua pelle o dal pensiero che ero praticamente abbracciata a lui, e per quanto questa mi parve una scena non conforme ai nostri due ranghi, avrei voluto durasse per sempre.
Il cavallo partì al galoppo e non seppi quantificare il tempo che impiegammo per raggiungere il Palazzo poiché, in quel momento, mi parve che il suo scorrere si fosse interrotto.
Una volta arrivati, l'incanto che avevo vissuto fino a quel momento subì una battuta d'arresto, per via di una figura che ci stava osservando dalla finestra con espressione glaciale.
Era Jocelyn.
STAI LEGGENDO
Inter Nos
RomanceSommerseth, anno 1757. Anthea Gleannes è una giovane ragazza disposta a tutto pur di prendere in mano le redini del suo destino in un contesto in cui le donne sono le più sfavorite. Accettando un incarico come domestica presso il palazzo dei princ...