Avrei voluto rimpicciolirmi in un angolo e scomparire, venir assorbita dalle pareti e non lasciare alcuna traccia, prendere il volo come un'aquila e confondermi nel grigio che preannunciava tempesta.
Mi resi conto solo tardi che avevo gonfiato il petto ma che avevo dimenticato di espirare e che stringevo Amaranta con una forza spropositata per il suo fragile corpicino.«Desidero vedere la ragazza. Ora. Andate a chiamarla!» il tono caldo della sua voce cozzava con il gelo e la rabbia che imperversava nelle sue vene.
Gertrude annuì e procedette come una furia verso le scale.
Indietreggiai terrorizzata all'udire quelle parole. Ero sicura che non si trattasse di un incubo anche se ne aveva tutte le sembianze.
Amaranta emise un vagito; doveva aver percepito che qualcosa non andava dalla presa rigida con la quale la sostenevo, molto diversa dalle onde morbide che erano solite cullarla.
Jocelyn percepì quel suono come un richiamo da caccia. Alzò lo sguardo e, dopo tanto tempo, lo rincrociai nuovamente.
Quando mi vide, il viso le si deformò in una maschera grottesca.
I suoi erano gli occhi di un boia, pesanti come la pietra e infuocati come la lava.
Rimanemmo a fissarci a lungo e mi sentii maledettamente a disagio.
«Venite qui sotto, mia cara!»
Quell'ordine fendette l'aria come una lama.
Il pensiero di esitare non mi balenò neanche per la testa tanto ero impaurita, quando cominciai ad avanzare lentamente.
Hilde assisteva alla scena esterrefatta, Gertrude compiaciuta.«Dunque mio cognato aveva ragione!» esordì, una volta che mi aveva di fronte.
Jocelyn aveva le sembianze di un militare, di un generale reduce dalla guerra che non teme neanche la morte. Al contrario, io mi sentivo come una cacciata di casa che chiunque aveva vergogna ad accogliere.
«Da quanto tempo?» sibilò tagliente, dopo aver squadrato a fondo il frutto di quell'adulterio. Da quando aveva poggiato gli occhi su Amaranta non aveva smesso di ispezionarla dalla punta dei capelli fino a quella delle dita, per poi passare alla rotondità delle sue guance e soffermarsi sul nasino piccolo e morbido. Sperava di sbagliarsi e di avere di fronte una bambina qualunque. L'evidenza finì per contrastare i suoi auspici e decretare che quella era sì, la figlia di suo marito.
Strinsi la bambina ancora di più al mio petto e le coprii la testa con un lembo della copertina di lana.
«Da quanto tempo?» urlò e lo fece talmente forte che Amaranta scoppiò a piangere per la paura. Jocelyn sembrò infastidita da quel fragore, che non faceva altro che ricordarle quella presenza a lei così sgradita.Mi tremarono le gambe e rimandare indietro le lacrime fu impresa alquanto ardua.
«Gertrude, prendete la bambina!» ordinò senza mezzi termini.
«Che cosa?» spalancai gli occhi e la compressi al mio seno.
Hilde si affrettò verso di me per afferrarla ma la principessa glielo impedì con un gesto della mano. Al suo posto, quella donnona burbera e maledettamente odiosa, avanzò con le mani protese per prendere ciò che fino ad allora non aveva neanche degnato di una sguardo.
Mi voltai di scatto dalla parte opposta. Non glielo avrei permesso.
«Fate come vi ho ordinato!» le sue grida rimbombarono quando si rese conto della mia reticenza.
«Fate come la principessa ha ordinato!» incalzò Gertrude come un eco.
La afferrò con le sue mani incapaci e, terrorizzata dalle conseguenze, non opposi resistenza, per evitare di farle del male.Con movimenti decisi e rabbiosi Jocelyn si avvicinò a me. I suoi passi lenti, pesanti, e sicuri fecero riecheggiare un brutto presentimento, avvalorato dal fatto che non mi aveva staccato gli occhi di dosso. Temevo di non essere in grado di reggere il confronto.
«Per tutto questo tempo avete fornicato nel mio palazzo! Con mio marito! Siete stata la sua puttana quando io ero troppo impegnata a cercare di capire cosa lo turbasse, cosa lo rendesse felice e cosa potesse essere in mio potere per apparire come la consorte perfetta. E invece no! Lui aveva altro a cui pensare perché le vostre gambe aperte erano addirittura più importanti del dolore che mi avrebbe causato! Vi siete divertita! In casa mia! Di nascosto! Mi avete ritenuta una sciocca mentre vi beffeggiavate di me alle mie spalle. E pensare che siete solo una lurida che viene dal fango!» scandì ogni parola con una lentezza dolorosa, paragonabile allo schiaffo che depositò poco dopo sul mio viso.
Barcollai incredula. Mi portai una mano alla guancia. Non potevo credere che fosse successo davvero.
Amaranta schizzò in un pianto incontrollato. Gertrude si trovò in evidente difficoltà. Cominciò a scuoterla troppo forte, credendo di poterla calmare, ma non fece altro che agitarla ulteriormente.
Non ebbi il tempo di concentrami sul suo richiamo che me ne arrivò un altro e un altro ancora fino a quando non caddi a terra malamente sotto la sua prepotenza. Allora quegli occhi celesti mi guardarono ricolmi di un'ira interminabile e scaricarono tutta la loro ferocia in una raffica di calci diretti sulle mie gambe e sul mio ventre.
«Vostra Maestà! Per favore! Le farete del male!» gridò trafelata Hilde che intervenne come poté per scongiurare il peggio.
Jocelyn le vietò di avvicinarsi per la seconda volta e affondò l'ennesimo calcio all'altezza del bacino, poi uno sul petto e infine un pugno sul volto. Rivoli di sangue mi disegnarono un percorso confuso sul mento, quando sentii un dolore lancinante attraversarmi il cranio e terminare lungo la schiena.
Hilde sobbalzò portando le mani alla bocca. Gertrude non si scompose molto, al contrario, parve provare un pizzico di compiacimento sadico.
Portai la mano all'occhio destro. Pulsava e aveva cominciato a gonfiarsi.
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Inter Nos
RomanceSommerseth, anno 1757. Anthea Gleannes è una giovane ragazza disposta a tutto pur di prendere in mano le redini del suo destino in un contesto in cui le donne sono le più sfavorite. Accettando un incarico come domestica presso il palazzo dei princ...