2. Sudore

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Al termine delle prove, i ragazzi si trasferirono in una stanzetta adiacente alla sala per riposarsi e analizzare i video della performance. Erano le tre del pomeriggio e tra quelle mura aleggiavano odori e suoni che, dovetti ammettere, la mia mente ingenua non avrebbe mai associato a quelle angeliche figure.

Jungkook aveva pensato bene di togliersi la maglietta - che da grigia era diventata nera - soprattutto sotto le ascelle - per rincorrere Hoseok che gridava come se non ci fosse un domani, mentre Jin e Taehyung applaudivano e fischiavano, fomentando la corrida. A giudicare dall'espressione di digusto di J-Hope, finalmente raggiunto, quella maglietta doveva puzzare parecchio. Nel mentre Suga digeriva sonoramente e senza troppa vergogna il pranzo di poche ore prima, con Jimin che registrava il tutto. Namjoon sembrava l'unico capace di mantenere un certo decoro, impegnato a discutere di qualcosa con Hoboek, uno dei loro manager.

Mimetizzai il mio imbarazzo misto a stupore perdendomi tra i circa quindici membri dello staff che cercavano di rimettere in sesto gli idol: salviettine, asciugamani, deodoranti; una povera malcapitata stava provando ad asciugare i capelli di J-Hope con il phon, ma lui non riusciva a stare fermo, perché Jimin gli stava mostrando il suo grandioso reportage con tanto di filtri. Quando iniziò ad applicare una serie di effetti sonori ai rutti di Suga, persino Namjoon non era più riuscito a trattenersi. A me sembrava di assistere ad una versione horror dei miei tanto amati RUN BTS.

Sejin mi affiancò, sorridendo malizioso.

«Allora, ragazza d'oro! Ecco qui i tuoi nuovi idol» annunciò, solenne. Cercai di trattenere una risata, «andiamo, scommetto che anche le GFriend ruttavano!».

Mi abbandonai ad una risata sguaiata che cercai di nascondere perché no, le GFriend decisamente non digerivano sonoramente in pubblico, e a dire la verità nemmeno i TXT. «Non ridere, e non fare quelle smorfie con il naso!» incalzò Sejin, diveritito, «sono pur sempre maschi che stanno ballando da ore! Cosa pensavi, che avessero mazzi di rose sotto le ascelle?». Stavo per rispondere che sì, era proprio quello che immaginavo, quando Jimin caricò a peso morto su Taehyung per provare a sottrargli una confezione di arachidi salate che aveva sgraffignato dal catering.

«Litigano davvero per il cibo» fu il mio commento basito.

«Oh, litigano per qualsiasi cosa, ma fanno pace velocemente, e hanno la memoria corta. Sono adorabili e fantastici in ogni cosa che fanno» rispose, con un sospiro paterno e adorante che mi sciolse il cuore. «Vorrei essere al tuo posto per sapere come ti senti» confessò, dolce.

«Sejin, sei stato al mio posto fino ad oggi.»

«Sì, ma per te è diverso. Io sono sempre stato un manager - il loro manager. Tu - per te è speciale. Insomma, non vorrai dirmi che ti senti come quando hai avuto in carico le GFriend o i TXT. Con tutto il rispetto, ovviamente.»

No, certo che no. Ed era quello a frenarmi.

Non feci in tempo a rispondere perché qualcosa mi spintonò, facendomi aggrappare a Sejin.

«Kim Taehyung, ti ho detto di non correre! Andiamo, ragazzi, piantatela! Fatevi asciugare prima di prendervi un accidente!» gridò Hoboek, massaggiandosi le tempie; poi, incontrando il mio sguardo, si addolcì. «Oh, ciao Bee! Ti hanno incastrata, alla fine.»

Stavo per rispondergli quando qualcuno mi afferrò debolmente il braccio.

«Scusa, ti ho fatto male?»

Taehyung, i capelli scuri e mossi a carezzargli gli occhi perfetti, mi guardava con tutta la delicatezza e l'educazione che immaginavo mostrasse davanti agli estranei. Io, semplicemente, sentì che il cuore esplodeva in milioni di pezzi minuscoli e insignificanti, condannato a non ricomporsi mai più. Tutto ciò che riuscì a rispondergli fu un colpo di tosse, come di uno struzzo che muore, mentre Sejin - che stava vivendo uno dei giorni più divertenti della sua vita - mi aiutava a rimettermi dritta.

V continuò a scrutarmi con quelle sue magnifiche iridi, sinceramente preoccupato. Avrei voluto accarezzarlo per dirgli che poteva stare tranquillo, che se anche avesse voluto avrebbe potuto camminarmi addosso - ma cosa diavolo dici, adesso basta, Bee! È l'occasione della tua vita, il tuo destino, e reagisci come un'idiota? Sei la loro manager, cazzo!

Immaginando di avere davanti a me una qualsiasi altra delle idol band che avevo seguito nei due anni precedenti - e non la ragione per la quale avevo intrapreso quel folle percorso autodistruttivo - misi il petto in fuori e la pancia in dentro e tornai a lavoro. Ero una cazzo di professionista.

«Sto bene, grazie Kim Taehyung» risposi con un breve inchino che lui ricambiò, e ad ogni parola pronunciata correttamente ritrovavo coraggio e fermezza. V strabuzzò gli occhi, stupito. A darmi man forte fu ancora una volta il mio collega.

«Ragazzi, lasciate che vi presenti uno degli astri emergenti della nostra realtà manageriale, la signorina Lee. Manager delle GFriend e dei TXT, è lei la figura che da domani prenderà il mio posto.»

Svariate mascelle caddero, ma finalmente J-Hope si fermò e la povera truccatrice che lo stava inseguendo con l'asciugacapelli riuscì, in ultima istanza e con suo grande sollievo, ad asciugarlo effettivamente, salvando il posto di lavoro. Dinanzi all'attonimento generale, mi feci ancora più coraggio e parlai. Puoi farcela, Bee.

«Buongiorno a tutti. Sono felice di trovarvi in salute e ancor più di essere qui, con voi, oggi. Non so dirvi cosa significhi per me. Spero lavoreremo bene insieme.»

Sejin mi diede una pacca nella schiena mentre Hoboek si aggiustava gli occhiali, raccogliendo da terra vestiti e mormorando qualcosa sul fatto che lì servisse una babysitter, non una manager. Io mi sforzai di non piangere di gioia, e ricacciai infondo allo stomaco tutta la meravigliosa follia di quel momento.

«Ciao» esclamò Taehyung, sorridendo incredulo.

«È... femmina» osservò Yoongi, spiazzato.

«Non sembra asiatica» aggiunse Jin.

«È carina» sussurò Jimin.

«Oh, mi piace il suo look» esclamò J-Hope.

«È più giovane di manager Sejin» ridacchiò Jungkook.

«Benvenuta» concluse Namjoon, porgendomi la mano, «noi siamo...» e tutti in coro, come fosse un richiamo naturale e irresistibile, «Bangtan Sonyeondan!».

«E fin qui, ci siamo. Palla a te, ragazza d'oro» sussurrò Sejin, strizzandomi l'occhio.

E iniziava.

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