5: Assenzio

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Quella notte le stelle sopra il cielo di Londra sembrarono ad Harry sue silenziose complici.

L'aria era fredda e il vento severo gli muoveva i capelli, si era fatto lasciare dalla carrozza ben lontano dalla sua meta proprio per godere di quel freddo, lo aiutava a pensare.

In quel momento, però, non pensava più a nulla.

Louis Tomlinson se ne stava davanti al Beechwood con le braccia incrociate e un sigaro tra le labbra, ad aspettarlo silenziosamente avvolto dal buio della notte come da un cappotto.

<Vi stavo aspettando> disse, distogliendo lo sguardo dalle stelle e fissandolo su Harry, che sì sentì prezioso proprio come quegli astri.

<Come facevate a sapere che sarei venuto?> manteneva qualche metro di distanza tra lui e il musicista, sperando che questi non notasse la sua rigidità.

<Lo fanno tutti> ghignò.

<Vuol dire che già sa anche la mia prossima mossa?> chiese ancora Harry, intimorito dalla sicurezza che vedeva in quegli occhi famelici.

<Spero di no, preferirei non annoiarmi> tese la mano verso di lui, <Venga, andiamo dentro, state tremando>.

Harry sperò che Louis non capisse che non era il freddo di quella notte a sconvolgerlo, ma quello nei suoi occhi.

Lo vide accomodarsi sullo sgabellino malandato davanti allo strumento incriminato.

Quel diavolo lo stava aspettando seduto al pianoforte, pronto a farlo cadere ai suoi piedi con una melodia angelica e a mangiarlo con gli occhi di un lupo a caccia.

Harry provò una sensazione imprevista a tal proposito, un nuovo tipo di paura, somigliante all'eccitazione. Una sorta di euforia che tendeva ogni suo muscolo.

<Suonate?> chiese Harry, era una domanda così scontata che quasi arrossì.

<Volete che lo faccia?> eccome, ogni fibra del corpo di Harry non desiderava che quello. Sentirlo di nuovo, assaporarlo come non aveva fatto la sera prima e come non aveva potuto fare neanche la prima volta che aveva incontrato la musica di quell'uomo misterioso.

<Sì, lo voglio> rispose il nobile, pendendo dalle labbra di Lord Louis.

<Allora cantate per me> disse in un soffio, guardandolo con sfida.

<Cantare? Ma... io non so cantare, non l'ho mai fatto> lo sguardo che gli riservò Louis fu abbastanza per far desiderare al giovane di sparire, inghiottito dalle assi in legno marcio del pavimento.

<Che peccato> disse asciutto, alzandosi subito dopo. Harry non voleva che se ne andasse, voleva conoscerlo, voleva ascoltarlo, voleva... sfiorarlo.

Mai gli era capitato di voler toccare uno sconosciuto, mai aveva voluto assaporare il profumo impresso sulla pelle di una persona, invece in quel momento... il solo pensiero che Lord Tomlinson, che un uomo, potesse sfuggirgli portandosi via quello che bramava gli struggeva il cuore.

<Avete mai provato l'assenzio?>

Harry si risvegliò da momento di panico grazie a quella frase, <No, mai> ammise.

Era sorpreso che Louis volesse ancora bere con lui.

<Devo introdurvi a molte cose, piccolo Harry>

Mentre il maggiore si avvicinava al bancone, Harry non riusciva a sentire che il suo cuore che batteva forsennatamente, arrivando fino alle orecchie con il suo tamburellare.

Melissa si trovava al bancone e spalancò gli occhi vedendo il suo amico Harry avvicinarsi con il misterioso musicista che da ben due sere li deliziava con la sua musica.

Peccare d'amoreWhere stories live. Discover now