8: Euforia nel mezzo dell'infelicità

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Dopo il primo bicchiere, si vedono le cose come si vorrebbe che fossero. Dopo il secondo, si vedono le cose come non sono. In fine, si vedono le cose come realmente sono, e questa è la cosa più orribile del mondo.
Oscar Wilde

Harry non aveva mai provato una tale agitazione vestendosi, gli sembrava che tutto gli stesse male: troppo largo o troppo semplice, troppo elegante o troppo scialbo. Si mise le mani nei capelli, arruffandoli.
<Gemma!> chiamò e la ragazza apparve nel giro di pochi secondi, <Che succede Harry?> domandò concitata, probabilmente allarmata dalla faccia del fratello.

<Devi aiutarmi a scegliere cosa mettere, su consigliami, è già tardi!> probabilmente se Harry non fosse stato preso così tanto dall'osservazione del suo enorme armadio in legno scuro sarebbe stato pietrificato dallo sguardo infuocato della sorella.

<Mi sta male tutto, maledizione a me> borbottò stendendosi sul letto.
<E ci credo! Sei diventato più magro di una zampa di anguilla con quel tuo dannato digiuno da disperato> sbottò lei, il discorso "insolazione volontaria" non era ancora stato toccato da nessuno, lui si era limitato a riapparire in salotto per qualche minuto, confortando i suoi amici e la sua famiglia sul fatto che stesse meglio e che fosse ancora vivo.

<Gemma le anguille non hanno le zampe...> le fece notare Harry, abbastanza confuso, <Appunto!> esclamò lei avvicinandosi al suo armadio, lui restò perplesso, ma preferì non indagare oltre, a volte non sapere era preferibile.

<Metti questo, te l'ho regalato io lo scorso Natale e tu non te lo sei mai messo, dannato ingrato> gli sventolò sotto gli occhi un completo carta da zucchero con il panciotto in velluto e in pantaloni più chiari.

<Non so quanto mi doni> disse Harry avvicinandosi, la qualità della stoffa era ottima, peccato fosse stato confezionato leggermente più piccolo del dovuto.
<Zitto e mettitelo, a te sta bene sempre tutto, e poi mi pare che questo colore ultimamente ti piaccia molto> ammiccò verso le tende e Harry fece finta di non cogliere l'allusione.

<Io esco, tu vestiti pure> disse avviandosi alla porta, <Ah Harry...> disse girandosi un'attimo, <quando sarai pronto io ti ascolterò, non aver paura> e poi uscì, accompagnata dal fruscio della sua ingombrante gonna.

Il castano restò per un po' ad osservare la porta, chiedendosi se la sorella avesse intuito qualcosa, ma si smentì subito, non era possibile.
Tornò a vestirsi soprappensiero e quasi saltò sul soffitto quando sentì un leggero bussare sul legno della porta.
<Gemma sto finendo di vestirmi, entra pure>

<Gemma è proprio un bel nome, ma preferisco Louis> a quella voce Harry perse un battito.
Si girò di scatto, con ancora il panciotto e la camicia aperti; davanti a sé quella visione di uomo che gli fece palpitare il cuore.

<Finalmente ci rivediamo, pensavo mi steste evitando> disse, restando a pochi passi da lui, una distanza di sicurezza che ad Harry sembrava un nemica giurata e al contempo la più grande alleata.
<Sono stato poco bene, mi spiace> sussurrò, non riuscendo a reggere il suo sguardo, <Penso di conoscere il tipo di malessere che vi ha afflitto>

<Come potreste? Voi sembrate fatto di roccia e ghiaccio> lo smentì il riccio, indurendo lo sguardo.
<Adesso è così, vi do ragione, ma non sono sempre stato l'uomo che sono oggi. Sono stato proprio come voi e vi capisco perché siamo più simili di quello che ci piaccia ammettere>

<Non aspettavo giungeste fino a casa mia, pensavo ci saremmo incontrati al nostro posto> disse Harry, cambiando ragionamento e dandogli le spalle, si occupò le mani abbottonando i bottoni, perché tremavano, come tramava la sua anima.
Tremava rispondendo alle vibrazioni di quella di Lord Louis.

Peccare d'amoreWhere stories live. Discover now