Capitolo II. C'è un idraulico in ogni Re degli Elfi

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«Non vorrai entrare in casa sporco di fango? Aspetta qui con Fili e Kili».

Qui era nella stalla e Fili e Kili erano due capre magre e spelacchiate. Thranduil si poggiò con il fianco contro la staccionata, strinse gli occhi alle due bestie e continuò a passare la paglia sulla lama della spada. Altri Nani. E quella donna non voleva essere chiamata "amica dei Nani".

E poi, Thranduil non era così sporco da non poter mettere piede in casa. Si passò una mano sulla guancia, dove sentiva qualcosa di incrostato, e quando la allontanò trovò le dita sporche di terriccio e del sangue di quegli strani goblin. D'accordo, non era così pulito, ma persino il cane l'aveva seguita, il pelo lungo sporco di terra e foglie, senza che lei avesse nulla da ridire.

Thranduil si raddrizzò e rinfoderò la spada e le capre indietreggiarono. Che il comportamento della donna fosse semplice mancanza di rispetto o un tranello per tendergli un'imboscata, lui non era dell'umore di farsi mettere i piedi in testa dalla prima arrivata. Doveva tornare nel suo regno il prima possibile e aspettare i comodi della sua ospite non lo portava più vicino alla grotta.

Uscito dalla stalla, Thranduil raggiunse la porta da cui la donna era entrata in casa. Abbassò la maniglia e oltrepassò la soglia. L'ambiente era caldo, più pulito di quanto avesse immaginato, e delle luci artificiali illuminavano le stanze di una luce dorata, meglio di quanto qualsiasi candela avesse potuto fare.

«–non ne ho idea».

La voce della donna gli indicò la direzione da prendere. Parlava da sola, o forse col cane? Non sarebbe stata una novità: durante il tragitto, l'aveva sentita bisticciare col cane.

«Hai dei vestiti per lui? Sarà sui sei piedi, pollice in più, pollice in meno».

Il cane passò dietro a Thranduil nel corridoio, ignorandolo del tutto.

«–solo finché non lo rimando a casa».

Anche lui aveva tutte le intenzioni di tornare nel suo regno. Non poteva lasciare il suo popolo da solo a combattere gli Orchi, senza una guida nel momento di maggior bisogno, il suo popolo non lo meritava, non di nuovo.

E chissà dov'era Legolas, e se la voce che aveva seguito era stata davvero la sua.

Ma non era quello il momento di lasciarsi andare a simili pensieri. Doveva accertarsi di essere al sicuro, stare all'erta e studiare la situazione.

Thranduil andò nella stanza di fronte a quella in cui si trovava la donna. Un grande camino occupava la parete di fronte al varco d'ingresso, dietro un lungo tavolo di legno, una poltrona e un piccolo divano a due posti. Sopra la canna fumaria del camino era appesa una pipa corta di terracotta. La parete destra era coperta da una libreria affollata di libri di dimensioni e colori mai visti. Sulla parete sinistra, si aprivano due finestre con tende color sabbia, aperte, e nel mezzo erano appesi due quadri che ritraevano cani. Avevano avuto anche quelli dei nomi da Nano?

«Fidati, mi son messa d'impegno a non crederci. Quando lo vedrai con i tuoi occhi, capirai».

Thranduil si sedette sulla poltrona e posò la spada di piatto sulle ginocchia. Avrebbe aspettato che la donna finisse la conversazione con se stessa – lei era stata sgarbata, ma lui non lo sarebbe stato – e le avrebbe fatto capire un paio di cose.

La donna salutò, ci fu un clack e un sospiro: «Ci mancava solo questo». Con uno sbuffo, la donna uscì dalla stanza in cui si trovava.

Thranduil girò la testa e la vide oltre il tavolo. Lei si fermò con le braccia alzate e il soprabito di lana sfilato per metà. Con gli occhi sgranati, le lentiggini che spiccavano sul viso pallido, la donna soffocò un urlo e abbassò le braccia, e il soprabito con esse.

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