Capitolo XIII. Le buone risposte affogano nel brandy

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Thranduil le raddrizzò la camicia prima che lei potesse rendersi davvero conto di cosa stesse succedendo.

«Tuo padre» le sussurrò, con un'alzata di sopracciglia.

Hannah sgranò gli occhi e spalancò la bocca. Dannazione, c'era mancato poco! Si guardò e trovò solo la camicia e la canottiera fuori dai pantaloni. Quando risollevò lo sguardo, le capitò di vedere in che stato si trovava Thranduil e le bruciarono le orecchie. Quasi fosse una ragazzina delle scuole superiori. Oh dannazione.

«Forse è meglio che tu non ti faccia vedere».

Thranduil non abbassò lo sguardo, si limitò ad annuire come se non ci fosse nulla di imbarazzante nella cosa. Prese un libro dalla libreria e indicò il divano. «Vado a sedermi».

«È meglio».

«Aspetta un attimo» disse Thranduil, le afferrò il mento e le passò il pollice da un angolo della bocca in giù. Doveva avere della saliva dove non avrebbe dovuto averne. E lei non aveva nemmeno pensato di controllare. Thranduil le sorrise: «Ora va meglio».

Thranduil sedette sul divano, il tavolo da pranzo tra lui e la porta, mentre Hannah si girò verso la libreria e spostò volumi a caso, poco concentrata sulla ricerca iniziale e troppo sul ricordo delle labbra e delle mani e del corpo di Thranduil. Ma doveva pur trovare qualcosa da fare, per quando papà fosse arrivato: si sentiva troppo in subbuglio per poterlo guardare in faccia appena avesse messo piede in casa. Temeva di tradirsi, con del rossore sospetto, con uno sguardo vacuo, con una parola sbagliata.

Thorin abbaiò e la porta della cucina si aprì. Papà entrò e si richiuse la porta alle spalle, facendo tremare il vetro, Thorin rimase fuori ad abbaiare.

Era il momento per attaccare con le domande su chi poteva essere responsabile delle morti del vecchio Ned e della pecora. Peccato che Thranduil, con ogni probabilità, non aveva ancora placato i gonfiori sospetti. E Hannah stava usando giri di parole e la cosa era ridicola.

Papà si fermò sulla soglia del salotto e scorse lo sguardo da Hannah e Thranduil e indietro. «Vedo che si è rimesso a leggere, come se non avesse passato la notte sui libri. Stai recuperando quello che non hai letto mentre eri impegnato a regnare?» Papà guardò di nuovo Hannah. «Oggi non è voluto andare da nessuna parte perché voleva parlarti. Ti ha parlato, almeno?»

Hannah incontrò lo sguardo di Thranduil e annuì. Oh, a papà non sarebbe piaciuto dove lo avrebbe trovato altrimenti. Tipo a terra, con i vestiti di sua figlia tra le mani. Hannah tirò fuori un libro dalla libreria. "Creature fatate, come trovarle" era il titolo.

«Dovevo parlargli anch'io, così come dovevamo parlare con te». Hannah avrebbe voluto sollevare lo sguardo dal libro per guardare papà, ma la dedica nella seconda di copertina la bloccò:


"Tu sei l'unica che riconosce che i miei racconti non sono favole, perché conosci il sapore delle vere favole.

Sei la migliore madre che mia nipote potesse avere.

Con amore materno,

Judith".


Hannah guardò papà, che aveva gli occhi sgranati. Credeva gli dovessero dare qualche brutta notizia?

«Cos'è questo libro?»

Lo sguardo di papà si indurì. «Perché stai cercando tra i libri di Lizzie?»

«Ci sono ancora le sue carte in soffitta?»

Thranduil si alzò dal divano e chiuse il libro. «Jonah, i segreti iniziano a essere troppi. Cosa sono queste creature che stanno attaccando gli abitanti della brughiera? Sono Berretti Rossi come ha ipotizzato Hannah?»

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