Amentia - Epilogo

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Fluttuai leggiadro verso l'enorme sperone di roccia da cui proveniva il rullo di tamburi, mentre una nebbia violacea iniziò a circondarmi

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Fluttuai leggiadro verso l'enorme sperone di roccia da cui proveniva il rullo di tamburi, mentre una nebbia violacea iniziò a circondarmi. Improvvisamente percepii la sicurezza dei miei doni svanire: Tenebris non poteva più occultarmi, Abruptum non poteva più guidarmi, e di fronte a me si ergeva un imponente trono di ossa e sangue su cui aleggiava una presenza immonda.

Non aveva delle natiche con cui accomodarsi, non era energia fluttuante come me, ma si mostrava come un lungo verme a forma di scettro dalla pelle di pietra. Aveva una fila di braccia artigliate che percorrevano la sua infinita lunghezza, con un paio d'ali demoniache simili a quelle di un pipistrello, che tremendamente lente si muovevano nell'aria per fluttuare costantemente. Delle venature scure si irradiavano su tutta la pelle e il volto ricordava i tratti di un teschio, di un gigantesco teschio, che in bocca teneva un globo sanguinolento in cui pulsava quello che poteva sembrarmi un cuore. Non avevo mai visto niente di così ripugnante. La sua stazza era grande quanto quella di un pianeta, le sue mani erano forti come l'esplosione di una stella e il suo sguardo era profondo quanto lo spazio inesplorato. Quegli occhi, così neri e luminosi, fissavano la mia essenza con rispetto.

«La figlia si ricongiunge al padre!» tuonò nella mia testa

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«La figlia si ricongiunge al padre!» tuonò nella mia testa. «Avresti dovuto lasciare il tuo ricettacolo a casa, perché l'hai condotto fin qui?»

«Quale figlia?» canalizzai l'energia per rispondere. «Io sono venuto per porre fine al tuo dominio. Non esisterà altro tempo per te, la tua era di schiavitù diverrà solo un brutto ricordo.»

Una risata echeggiò nei meandri di quella dimensione: «Nessun uomo può avvicinarsi al Trono del Mondo. Tu sei arrivato in questo posto assieme a qualcuno che dimora in te da quando eri un infante e io la stavo aspettando da tanto tempo».

«Cosa stai farneticando?» la mia anima si illuminò quando ringhiai verso di lui.

«Esci da quell'involucro insignificante e mostrati per quello che sei.»

Quando la vibrazione mi raggiunse mutando in parole comprensibili, la mia energia cominciò a oscillare provocandomi un dolore lancinante. Non posso descrivere quale sofferenza mi avvolse e nemmeno potrei dirvi in quale punto dell'anima mi faceva male, ma il vermiglio colore con cui volavo nella dimensione di Imperius divenne nero. Oltre a me si impose un'altra presenza. La vidi in tutto il suo splendore, nella forma in cui si mostrava alle anime dei mortali. Quando i miei sensi incrociarono i suoi provai sollievo. Aveva un corpo sinuoso e longilineo, accattivante, che portava l'insicurezza degna di una donna umana. Fra le mani teneva un teschio, mentre dal busto fino all'inguine era coperta da uno straccio rosso, che appuntito le avvolgeva completamente il volto mascherando le sue fattezze. Di fianco a lei crebbe un albero nodoso e contorto dal quale cominciò a brillare una luce cremisi.

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