Dentro la fossa

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Solo a ricreazione si rese conto che c'era qualcosa di strano. Notò che Lucrezia voleva a tutti i costi rimanere a sedere in classe.

Ma cavolo, a sedere! impossibile! Era sempre lei la prima a uscire a ricreazione.

Appena arrivata, Norah si era seduta col naso in su e lo sguardo verso il suo platano.

Andreas arrivava sempre tra gli ultimi, lui e Leo avevano già quasi finito i permessi dopo tre settimane di scuola.

Ti immagini arrivare la mattina insieme a lui ed entrare in classe attraversando gli sguardi delle star degli ultimi banchi? Perché avrebbe potuto cambiare banco, in effetti.

Sarebbe andata verso il fondo della classe, mica nelle prime file degli sfigati.

Calma Norah, una cosa alla volta.

Alla prima ora c'era scienze. Un prof buono. Supplente per qualche settimana. Si era immersa nei fili invisibili là fuori, verso le foglie del platano.

Un'enorme foglia bruna, quasi arricciata su se stessa, era attaccata per un esile peduncolo ad uno dei rametti contorti con cui terminava un grosso ramo seminudo, che metteva in mostra una larga chiazza grigiastra. Tra quanto sarebbe cominciata la sua caduta libera?

L'avrebbe tenuta d'occhio. Se si fosse staccata entro la campanella delle nove lui l'avrebbe baciata.

«Il primo è un areogramma, il secondo invece un istogramma».

Con un impercettibile sobbalzo, Norah aveva risposto senza esitare.

«Bene , Norah. Risposta corretta».

«Accidenti a te, sei sempre con la testa nelle nuvole! Come cavolo fai a sentire quello che dicono i prof?»

Lucrezia non se ne faceva una ragione. Erano agli inizi, le rappresentazioni grafiche dei fenomeni. Un ripasso in attesa che tornasse l'insegnante assente. A Norah questo indirizzo psicopedagogico sembrava facile, nelle lezioni di quelle prime settimane di scuola erano tante le cose che aveva già sentito. Le bastava poco, aveva un'ottima memoria che si affacciava d'improvviso dal groviglio dei fili della sua immaginazione.

La campanella, la foglia non c'era più!

Oddio, non aveva baciato mai nessuno prima. Come diavolo avrebbe fatto? Come si dovevano mettere le labbra? A cuore? Quanto aprire la bocca?

Le vennero in mente le favole di Lucrezia.

«Sì che te ne accorgi. Quando vedi che lui si gira e avvicina il viso al tuo lasciati andare e il gioco è fatto».

Sì, facile. E se magari mi vuole solo dire qualcosa? E poi meglio starci subito o no?

Quella volta che aveva spiato sua madre al telefono con Giovanna, l'aveva sentita chiaramente.

«Ha la testa nelle nuvole, identica a lui, magari si facesse correre dietro, mica come me che ci sono cascata come una pera...»

Non aveva mai affrontato l'argomento con sua madre. Per lei i ragazzi di oggi avevano solo grilli per la testa. Le ragazze, anche di più.

Aveva fluttuato tutta la notte fra mille domande.

Era passata da laghi caldi e luminosi che le esplodevano dentro in un tepore che le raggiungeva la gola a improvvisi colpi di gelo che le risalivano la schiena, lasciandola dura come il cemento.

Anche la seconda ora volgeva al termine. Le era toccato stare attenta. C'era matematica. Era brava a matematica ma non era la sua materia preferita. Dopo le proprietà delle potenze, stavano ripassando la scomposizione in fattori. Massimo comune divisore, minimo comune multiplo. Argomenti facili ma bastava un nulla per sbagliare.

Aspettava in gloria quei dieci minuti di intervallo per appartarsi in corridoio e interrogare Lucrezia, senza che gli altri sentissero.

Era lei l'esperta, già l'anno prima era uscita con uno.

«No, dai, ma che ci andiamo a fare, si parla oggi con calma no?»

Per la prima volta dall'inizio della scuola Lucrezia si comportava come chi non vede l'ora che l'intervallo finisca.

«Oh, ma che hai? Non ti ho mai visto aspettare la campanella di fine ricreazione eh. Ce l'hai con me? va a finire che ti piace il GGG...vieni con me, ma muoviti!»

Mentre si alzava dalla sedia prendendola per un braccio, di tre quarti rispetto al fondo dell'aula, incrociò lo sguardo di Laura e Giulia.

Loro due uscivano sempre a fine intervallo per perdere i primi dieci minuti dell'ora successiva con la scusa che in bagno c'era la fila. Le mandavano sempre quei gonzi dei prof.

Si accorse con la coda dell'occhio che tutte e due guardavano verso di lei, ma un po' più in basso. Verso la sedia.

Appena si accorsero di essere state viste si girarono di spalle e si misero a parlare fitto, come chi sta raccontando qualcosa.

Fu allora che la vide.

Con pennarello, ben visibile, qualcuno aveva scritto di rosso:

NORAH-LA-ROSSA

SCAVATI-LA-FOSSA

Per un attimo rimase immobile: le lacrime che le avevano riempito gli occhi le facevano vedere tutto sfuocato, come in una coltre di nebbia. La bocca voleva aprirsi in un tetro stupore, ma lei non lo permise. Sentì dentro una specie di frana. Era solo una stupida. Altro che banchi in fondo. Dal fondo tutti avevano letto. Doveva solo scomparire. Ancora due ore la separavano dalla fine della mattina.

Prima che le gambe cedessero si precipitò in bagno seguita da Lucrezia.

In fondo all'aula i soliti crocchi si stavano preparando a tornare ai loro posti.

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