Campagna dopo la pioggia

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Scese dal bus guardando diritto davanti a sé. I capelli le scendevano giù un po' disordinati ma morbidi. Li aveva lasciati sciolti sulle spalle invece del solito ciuffo: due lunghe falde le circondavano il viso, come uno scudo di protezione. Quella mattina era ancora calda e carezzevole, con l'umidità del terreno che saliva penetrante nelle narici; dal finestrino Norah aveva inseguito i grigi delle colline all'orizzonte, le curve morbide e la riga ondulata della Farabola, dove la mattina presto gli aironi ancora acquattati si levavano in volo. Ogni volta che le capitava di vederne uno si stupiva di tanta bellezza e si sentiva più coraggiosa, come se quello slancio fosse un invito rivolto proprio a lei.

Aveva conservato negli occhi i verdi e i bruni della campagna anche dopo che il bus si era addentrato tra i palazzi un po' sporchi della periferia, diretto verso il grosso edificio grigio nel centro della cittadina. I profumi della terra bagnata la accompagnavano tra i marciapiedi di città.

Ora avanzava impettita sforzandosi di contenere il tremito delle sue gambe. Era strano camminare diritta mentre da lontano si vedevano i crocchi dei primi arrivati fuori dal portone che l'avevano scorta già da lontano, appena scesa. I suoi capelli erano come una luce accesa di notte. Non doveva calpestare le righe tra una mattonella e l'altra. Si concentrò su questo, ascoltando i colpetti dello zaino sulla schiena.

Per raggiungere la scuola doveva svoltare a destra in via Baracca, quella dove si trovava l'ingresso. Sull'angolo si appostavano la mattina presto i fumatori più accaniti che non volevano dare nell'occhio, tra loro Giulia, che anche se aveva cominciato da poco fumava come una ciminiera. Eccola là con i suoi occhiali che brillavano al sole. Norah fece un respiro profondo senza ascoltare il battito del suo cuore che aumentava. Doveva solo arrampicarsi sul suo platano, nella sua casetta al riparo delle fronde che in estate ricadevano giù come ampi tendaggi. Sentì su di sé lo sguardo di Giulia, anche senza vederlo.

Era difficile salire, ma lei era abituata a sentire sotto la pelle le schegge ruvide della corteccia. Posò gli occhi sui suoi piedi, che nelle scarpe da ginnastica bianche procedevano tra le mattonelle. Sentì il chiacchiericcio alle spalle ma non si girò, infilò uno dei viali d'accesso ai giardini davanti alla scuola, dove si ammucchiavano gruppetti che resistevano fino all'ultima campanella. Era presto, ma c'era già parecchia gente. Con la coda dell'occhio vide Oscar che le lanciò uno sguardo, ma lei osservò la regola che si era data, guardare sempre diritto davanti a sé. C'erano ancora cinque minuti buoni all'ultima chiamata dei prof ma ora la gente che arrivava era sempre di più. Continuava metodica, un piede dietro l'altro. Doveva solo sorvegliare il respiro.

Là sulla strada della sua casetta sul platano apparve il ciuffo biondo di Laura. Era al sicuro però, lei non avrebbe mai potuto oltrepassare la soglia perché era ben nascosta tra i rami. Solo Norah ne conosceva l'accesso e nessun altro. Continuò ad avanzare, sentì che il tremito delle gambe cresceva. Immaginò il riquadro blu del cielo che si apriva tra le fronde come una finestra da cui guardare giù. Abbassò gli occhi sul primo gradino e osservò le scarpe da ginnastica procedere sul secondo e poi anche sul terzo.

«Eccola, è tornata».

«Ma allora è sempre...»

«... la rossa!»

Imboccò il corridoio al piano terra pensando solo a respirare l'aria fresca dalla sua finestra sull'albero. Lesse concentrata le scritte lungo il muro delle scale che portavano al primo piano senza saltarne neanche una: IL MOLISE NON ESISTE, TI AMO STELLINA, SKUOLA OKKUPATA erano state marcate con pennarello indelebile ai tre angoli che la scala faceva per arrivare al primo piano. Qualcuno mentre usciva, con mano ferma e veloce, forse gli ultimi mentre i bidelli si fermavano su a pulire e i prof erano già passati? Stava pensando che la mano sembrava la stessa quando si accorse di essere davanti alla porta della sua aula.

«Ehi ma che fai, neanche mi saluti ora?! Ooooh!»

La voce di Lucrezia la raggiunse da sinistra come un fulmine improvviso. Non l'aveva vista passando. Sentì il cuore battere a velocità esagerata e le gambe tremare. Non doveva cadere proprio ora che era quasi arrivata. Non la guardò negli occhi. Chissà, forse c'era un po' di posto per Lucrezia lassù con lei. Ti piacerà respirare la nota aspra del tronco umido e sentire la corteccia ruvida sotto le gambe quando ci metteremo a sedere. Staremo bene, pensò spostando la sedia.

Qualcuno con il bianchetto aveva ripulito la scritta. Si sedette e si voltò verso di lei con un sorriso inespressivo.

«Sì ciao, scusa, c'è matematica alla prima ora vero?»

«Ehi dico, ma hai visto là fuori? Con che occhi ti ha guardata? Credevo diventasse verde di rabbia. Sei una roccia, te lo dico sempre io, altro che cambiare classe!»

Dalla sua finestra lassù Norah vedeva un po' sfocato, la cattedra ancora vuota, Laura e Giulia che stavano passando per andarsi a sedere. Sentiva nell'aria l'elettricità del temporale in arrivo, il cielo stava diventando scuro ma non le sarebbe potuto accadere nulla di brutto finché se ne stava seduta al suo posto. Fece un respiro profondo.

Andreas entrò subito dopo il prof con Leo al seguito, come al solito. C'era ancora il chiacchiericcio basso di quando la lezione sta per cominciare e il prof fa l'appello. Mentre il GGG passava e le sfiorava il profilo sinistro con uno sguardo, una nota di mare le entrò nelle narici e la riportò là tra le dune, in mezzo ai camucioli. Il cuore accelerò e sentì una vampata di rossore salire fino alle orecchie.

Guardò diritto davanti a sé. Finalmente poteva rilassarsi ora, il temporale era lontano. Il prof di matematica stava spiegando e lei si sistemò comoda, lassù tra i rami frondosi. Sarebbe stata tranquilla per un po'. Era molto stanca.

«Ehi, sei tornata! Com'è?»

Prima delle parole la raggiunsero le dita di Andreas. Le sentì sfiorarle una spalla, da dietro. Erano tutti in piedi, ricreazione. Il big bang e le origini del pianeta l'avevano cullata in una sorta di dormiveglia quasi tutta la seconda ora. Aveva nuotato nelle acque primordiali in compagnia di quei primi composti sferici lontani antenati delle cellule, finché una gomitata della sua amica aveva evitato che il braccio che reggeva la testa cedesse del tutto.

Sarebbe stata invisibile in mezzo all'andirivieni se fosse rimasta al suo posto, ripassando storia per l'ora dopo. In fondo erano dieci minuti, aveva risposto quando Lucrezia sottovoce l'aveva invitata a fare un giro con lei per sdrammatizzare.

«Ce ne andiamo nel corridoio come sempre, come se non fosse successo nulla» le aveva detto prima della campanella. Proprio non ce la faceva, non oggi. Domani magari. Con il libro sarebbe stata al sicuro ancora per un po'.

«Tu vai, se no sembra che mi fai la mamma».

«Un giretto nel corridoio? Vieni?»

Le parole del GGG non le lasciarono il tempo di trovare una scusa. Sentì le gambe allungarsi e si trovò in piedi. Un passo dopo l'altro si avvicinò alla porta dell'aula in mezzo a sguardi che la trapassavano come frecce da ogni lato. Si concentrò sulle scarpe grigio perla di Andreas che la precedevano, erano enormi! Ci sarebbero entrate poi nella casetta sul platano? Lo seguì nel corridoio.

Il GGG si girò, schiena al muro. Da sotto la tesa del cappello spuntava il ciuffo e sotto ancora gli occhi verdi dubbiosi puntati su di lei.

«Ehi, mi hai dato buca ieri!»

«No, è che stavo male, nulla di grave ma non sono venuta neanche a scuola».

«Beh, allora si fa? Domani, che oggi ho l'allenamento?». Un sorriso accompagnò l'invito.

Norah sentì la fragranza di mare entrarle nelle narici come se le passasse addosso un'onda. Un formicolio le percorse la schiena fino al collo e sentì che la testa le girava, come se tutta quella luce che le stava davanti la ubriacasse. La bocca si aprì in un sorriso che veniva da distanze remote dentro di lei.

Si sentiva come la campagna dopo la pioggia vista dall'alto, con i verdi e gli azzurri che sembrano macchie dipinte.

«Va bene, dai. Domani».

Solo quando si girò per rientrare vide sparire davanti a sé il ciuffo biondo di Laura, che però non gettò nessuna ombra sul gigante che la precedeva, facendole da scudo all'ingresso in classe.

FOGLIEWhere stories live. Discover now