Strada chiusa

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«Ti dico che per ucciderli ci vogliono le unghie, altrimenti non muoiono.»

Norah suda e gesticola, ha in mano qualcosa e lo mostra a Lucrezia e Oscar, che la guardano come se la vedessero per la prima volta.

Si sono dati appuntamento perché devono parlare, Norah se lo ricorda, ma non sa come sono arrivati così lontano, nel folto della pineta. E' la zona delle dune ma quel punto lei non se lo ricorda proprio, anche se ha qualcosa di familiare.

«Ma che dici, dai, ma come si fa ad avere paura di tutto, io non vedo nulla», commenta Lucrezia.

Con un pezzetto di gambo strappato a un ciuffo di ginepro, Norah le fa vedere come fare.

«Vedi, sotto l'unghia, devi proprio schiacciarli e sentire il rumore secco, come un click, così!», premendo con l'unghia così forte che nell'indice d'appoggio resta una fossetta.

«A volte sei proprio strana, eh», Lucrezia trattiene un sorrisetto evitando di incrociare lo sguardo di Oscar. Si mettono seduti. Sotto le gambe Norah si sente bucare dalla corteccia del tronco su cui è seduta. E' un grosso pino, troncato da una delle prime tempeste autunnali. La luce rosata illumina le scaglie sotto cui si riparano, come sotto il tetto di casa, formiche e ragni impegnati nei loro andirivieni. Una formica trasporta con fatica una briciola caduta dalla focaccia di Oscar. Percorre un tratto che parte da sotto la gamba destra di Norah e scende giù per la curva del tronco. Non sembra stabile sulle zampe, ogni tanto qualcuna cede in un'andatura un po' zoppa. Incespica su una scorza un po' sporgente, sembra che stia per cadere, ma si rimette in asse con il tronco e continua la sua discesa con le zampe che tastano prudenti il terreno e la grossa briciola addosso. La sta perdendo, sta per superare la curvatura del tronco.

«Ehiii Norah! ma che fai? Ci sei, oh?? Non hai detto una parola! Andiamocene, dai»

Una folata fredda spazza il tronco, si leva un fruscio di foglie e rami secchi. La formica è sparita. Ma che ore sono?

All'improvviso si accorgono che sta diventando buio. Nessuno che sappia che ore sono?

Vanno di corsa, il buio sta ingoiando rapido le ultime luci. Il mare è lontano, non lascia intravedere la direzione giusta. Ormai si è persa anche la scia rosata.

Il sentiero quasi non si vede, la terra umida che entra sotto i piedi dalle scarpe da ginnastica li fa rabbrividire.

Hanno pochi minuti, un quarto d'ora forse, per andarsene da lì prima che il buio sia fitto.

Oscar è più veloce, loro lo seguono poco più indietro, camminano sempre più forte, corrono, finché si trovano davanti a un muro scorticato, senza intonaco, stretto e alto. Strada chiusa. Tutto intorno il folto degli alberi e i primi suoni della notte. Oscar arriva per primo e resta come paralizzato. Hanno sbagliato strada, chiaro. Si sono persi.

«Ecco, lo avevo detto che non era di qua!» Il tono di Norah è stridulo.

Lucrezia, davanti a lei, si gira.

Un grido le resta strozzato nella gola.

«Che cazz...»

Non riesce a finire la frase. La testa di Norah sta diventando bianca, ma non tutta. Solo sopra, come se qualche essere misterioso la cospargesse di farina.

«Che hai sulla testa?? Oddiooooo!!!»

Norah la scuote con violenza.

Microscopici insetti bianchi. Più scuote più cadono. Milioni di zampette corrono via in tutte le direzioni.

FOGLIEWhere stories live. Discover now