Profumo di terra bagnata

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«Ti dico di no, non ce la faccio, ho un mal di stomaco tremendo! Ti tocca venirmi a prendere se mi ci mandi»

«Ma che è successo che ieri stavi benissimo? Hai mangiato qualche schifezza fuori? Già ieri sera non hai mangiato quasi nulla...»

Norah era girata su un fianco con lo sguardo verso la finestra. Il suo platano. Anche lui le suggerì che avrebbe fatto meglio a parlare quando sua madre fosse tornata da lavoro. Non ora. Nell'aria c'era fretta. Non poteva farcela con la fretta.

«Vabbè, se proprio non ti senti...ti chiamo più tardi. Rispondimi eh, che mi fai preoccupare. Ti lascio un po' di camomilla calda, ti farà stare meglio. Oggi chiamiamo il dottore, magari è un virus»

Appena sentì la porta chiudersi Norah si addormentò. Non aveva chiuso occhio tutta la notte. Non aveva risposto alle decine di messaggi di Lucrezia, OOOOH?? RISP! TI DEVO PARLARE!!!, né alle decine di punti esclamativi e interrogativi o faccine stilizzate. Erano le nove quando aprì gli occhi. Allungò le gambe sciogliendo la posizione fetale in cui si era finalmente abbandonata a un sonno senza sogni.

A quest'ora saranno tutti in classe. Tutti là, nelle ultime file, forse qualcuno avrà chiesto di Norah, forse no. Il GGG penserà che gli ho dato buca. Macché, il GGG non vorrà mai più uscire con una sfigata come me. Chissà i prof quando sapranno.

«Eh sì, si vedeva però che era una ragazza strana, sempre con la testa nelle nuvole. Non si è trovata bene in classe, è chiaro. La storia del tedesco è una scusa, è anche brava! L'ho chiesto alla Romani.»

Le pareva di sentirle le parole dei prof quando avessero saputo la notizia. Immaginò la faccia contrita della prof di italiano.

Era al sicuro ora. Lucrezia a scuola e sua madre fuori, l'avevano chiamata per un lavoro di tre giorni, di mattina. Si decise ad alzare la tapparella, aprì la finestra. Il suo platano era lì in pieno sole. Incredibile come ci fossero ancora foglie attaccate ai rametti contorti. Quelli più grandi erano già spogli, in terra c'era un tappeto bruno. Spazzare davanti al cancello era come raccogliere il mare con un cucchiaino, diceva sempre sua madre. Alla vista di quel mare sentì allentarsi la colonna di cemento che la attraversava dalla gola fino al basso ventre. Inghiottì l'aria come se bevesse ad una fonte d'acqua fresca.

In un angolo in cima a quell'albero non sarebbero mai arrivati. Al riparo dei rami nodosi e saldi anche ora che erano quasi spogli, o simili a una torre d'estate quando le fronde cangianti svettavano verso il cielo, esisteva il suo angolo sicuro. Ci avrebbe trovato Britney Spears, un cuscino e un pacchetto di patatine fritte come quello del McDonald.

Ce la portava suo padre qualche volta, al McDonald, prima di riaccompagnarla a casa la domenica pomeriggio. Il suo preferito era il Cheeseburger ma soprattutto adorava le patate fritte ancora calde. Un languorino le fece inghiottire la saliva.

«Va bene, prendiamone due ma non dire nulla a tua madre, promesso? E guarda di mangiare a tavola a cena, eh. Se no se ne accorge»

Era un segreto tra lei e suo padre.

«Un'altra patata, perfavore».

Sceglieva le più lunghe e croccanti, le tirava fuori dal pacchetto di cartone colorato, una alla volta. Le tuffava nel ketchup, strizzando la bustina in un angolo del piatto. Sentiva sulle labbra il piccante che faceva contrasto con il gusto vagamente dolciastro della patata e il sale sulle dita.

Si accorse di aver fame. Lo stomaco vuoto gorgogliò e nelle sue narici tornò prepotente il profumo di patate fritte. Non mangiava dal pranzo del giorno prima, quando aveva inghiottito a forza qualche forchettata di pasta per non dare troppo nell'occhio.

FOGLIEWhere stories live. Discover now