Lucidità

533 42 46
                                    

Alzarsi in piedi è la prima cosa che si impara nel surf, un movimento che sembra semplice, ma che richiede moltissima pratica.
Ci sono molte varianti di questa manovra e se chiedete ad un paio di amici più esperti di farvi vedere come si fa probabilmente vi daranno consigli diversi in merito. Eppure alla fine la questione del take off si riduce in una cosa sola: alzarsi sulla tavola il più velocemente possibile, al momento giusto. Già, sembra facile, ma qualunque principiante alle prese con i suoi primi tentativi sa che non è così semplice. Del resto non è raro vedere surfisti già piuttosto bravini che continuano ad avere problemi con il take off. Sono troppo lenti, o sempre in ritardo o hanno movimenti goffi e il risultato quando non è un wipe out è una manovra mancata perchè semplicemente non riescono a trovarsi nella sezione giusta dell'onda.
Io avevo affinato il mio take off a soli dodici anni, avevo "rubato" i trucchetti di mio padre e mio fratello e non ne sbagliavo mai uno.

Mentre gli altri dell'Accademia rientrano dopo l'allenamento io indosso la mia muta da surf.
In che modo avremmo spiegato questa lezione straordinaria?
Mi sentivo leggermente imbarazzata, non volevo fraintendimenti e soprattutto non volevo altri problemi con i miei compagni.
Esco dalla mia stanza e incontro Liam.
«Pensavo non andassi in acqua oggi, ci vai di nascosto?» mi chiede

«In realtà no, mi alleno con Daniel»

«Come mai vai in acqua con lui?» mi chiede

«Ha detto che avrei avuto bisogno di riposo e di un allenamento diverso, non ne ho idea»
Liam annuisce capendo perfettamente la situazione
«Amanda quando rientri, ti va di uscire a fare un giro con me?» mi spiazza con questa domanda

«Certo perché no» rispondo

«Wow! Perfetto allora ci vediamo dopo»
Ci salutiamo velocemente prima che io scenda.

«Amanda viene a surfare con me»
Sento pronunciare queste parole da Daniel mentre scendo le scale. Gli occhi di tutti sono puntati su di me, anche quelli di Liam il quale mi si allontana.

«Posso venire anche io?» chiede Mary civettando dal divano

«Non oggi» risponde Daniel in modo fermo e coinciso.

Arriviamo in spiaggia e Daniel si precipita in acqua veloce come un fulmine, io lo seguo cercando di stargli dietro.

«Come fai a trovare sempre l'onda giusta?» mi chiede

«Non lo so, lo faccio da sempre»

«Non mentire, ci sarà un trucchetto»

«Me ne accorgo dal vento, ecco ora mi sta suggerendo chiaramente di nuotare in quella direzione» con un dito indico verso destra e Daniel inizia a spostarsi in quella direzione mentre io nuoto nella direzione opposta.
Il mio istinto mi aveva suggerito di nuotare verso sinistra e non avrei lasciato l'onda a lui.

Mi alzo in un take off perfetto prima di scivolare sull'onda con un moto sinuoso.
Mi sposto un po' più in avanti sulla tavola e senza perdere tempo eseguo un aerial e subito dopo recupero una terza onda per un reentry, ogni onda lasciata andare è un'onda sprecata, irrecuperabile come un istante perduto: non ce ne sarà mai un'altra uguale. La consapevolezza di questo sperpero mi agita, avrei voluto beccare ogni onda dell'oceno.

In tutto ciò Daniel resta lì a guardare quando arriva un'altra onda e lui la afferra al volo, lo osservo affrontare il mare sulla sua tavola di poliuretano, riesco a sentire la sua energia che si propaga nell'acqua. Daniel era in un certo senso come me, aveva fatto del surf la sua più grande storia d'amore.

«Amanda hai mentito al tuo insegnante di surf» mi dice riferendosi alla finta onda che gli avevo suggerito

«Scusami, ma se arriva un'onda buona me la prendo io» Daniel mi guarda con la coda dell'occhio e si avvicina a me seduto sulla sua tavola

Live Love SurfDove le storie prendono vita. Scoprilo ora